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Emilia, Elena Ugolini: "Governerò io e sarà finalmente una regione al servizio di tutti"

Elisa Calessi
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«Perché poi, alla fine, la gente ha bisogno di questo: speranza e una visione del futuro». Nonostante l’incredibile tour de force di questi tre mesi («ho fatto migliaia di chilometri in macchina», ci racconta, ridendo), Elena Ugolini, candidata del centrodestra in Emilia Romagna, ma nella vita rettrice delle Scuole Malpighi (un complesso di licei e scuole medie a Bologna), non perde il sorriso. E la concretezza. Come quando ci racconta dei cittadini che, in Val di Zena, una delle zone più colpite dall’alluvione, hanno chiesto alla Regione di poter togliere i detriti dal fiume, la Regione ha risposto che non si può fare e lei, che gli avversari dipingono come «inesperta» nell’amministrazione, ha scoperto che, invece, si può fare giù ora. Elena Ugolini è tutta in questo aneddoto.

Tre mesi fa, quando annunciò la sua candidatura, ci eravamo sentite per una intervista. Tre mesi dopo: si è pentita o ne valeva la pena? 
«Ne valeva assolutamente la pena. Il fatto di poter girare così tanto, di vedere territori diversi, di incontrare migliaia di persone con bisogni, interessi e idee diverse, è stato affascinante. Per questo, io penso di aver già vinto, perché sono incontri che rimangono».
Tante volte in queste settimane ha parlato di un intreccio tra potere economico e politico molto forte in Emilia Romagna. Come pensa di romperlo? 
«Mettendo negli assessorati persone competenti, di visione e libere. Mettendo a capo delle direzioni generali persone capaci di lavorare insieme, partendo dalla testa e dal cuore. Così si potrà, pian piano, costruire le condizioni perché ci sia un governo che aiuti tutti a trovare una risposta ai propri bisogni e a realizzare quello che desiderano costruire. Non sarò il governatore di una parte. Io vado al governo per poter avere un altro tipo di politica, un’amministrazione che si mette al servizio di tutti». L’Emilia Romagna è pronta per questa svolta? 
«Sì. Intanto perché l’Emilia Romagna non è solo Bologna, Modena e Reggio Emilia. Ci sono territori che già hanno governi non del Pd. E i cittadini li hanno premiati: in tantissimi comuni dove cinque anni fa si è realizzata un’alternanza, i sindaci sono stati riconfermati, perché hanno governato bene. Penso a Sant’Agata, a Ferrara, a Forlì. Poi, la gente è stanca di un certo modo di governare, per cui si risolve tutto dicendo che i problemi non ci sono. Ho trovato ovunque territori o realtà che si sentono trattati dalla Regione come territori di serie B o C. Per esempio, le medie, piccole o piccolissime aziende, si sentono trascurate rispetto alle grandi aziende. O gli agricoltori: i piccoli si sentono trattati in modo diverso dalle grandi cooperative. La concentrazione è utile, mai il rischio è di non tener conto delle differenze. In montagna, per esempio, gli agricoltori avrebbero bisogno di essere trattati in modo diverso rispetto a chi possiede centinaia di ettari in pianura».
In questi mesi cosa l’ha colpita di più? 
«Mi ha impressionato il fatto che la nostra è una regione con borghi straordinari. Potrebbe essere valorizzata molto di più dal punto di vista turistico. Poi mi ha colpito la laboriosità e capacità inventiva degli emiliano-romagnoli. Ovunque ho incontrato realtà imprenditoriali o artigiane geniali. Umanamente, mi ha colpito l’incontro con una mamma a Bedonia, in provincia di Parma, a cui è morto un figlio in un incidente stradale perché il guardrail non era solido. Piangendo, mi ha detto: “Non deve accadere più, è da quattro anni che imploro che lo sistemino”. Dopo tre giorni mi ha richiamato e mi ha detto: “Non voto da dieci anni, ma questa volta andrò a votare perché penso che posso fidarmidi lei”. Mi ha colpito perché quel ragazzo ha l’età di mio figlio e perché la politica dovrebbe essere questo: ascoltare e dare speranza. I cittadini devono poter avere, da chi governa, la possibilità di essere ascoltati e capire che c’è una speranza, una visione del futuro. E' questa la cosa di cui hanno più bisogno».
I temi centrali della sua campagna elettorale sono stati famiglia, alluvione e sanità. Che proposte ha? 
«Sulla famiglia, servono politiche per il ceto medio oltre a quelle assistenziali. Abbiamo bisogno che il ceto medio non si impoverisca quando nasce un figlio perché non sa come conciliare vita e lavoro o quando c’è una persona disabile in casa o quando si deve seguire un genitore anziano. Sull’alluvione bisogna che dopo trent’anni di abbandono, riprendiamo a fare la manutenzione ordinaria dei nostri fiumi, torrenti, affluenti. E poi servono le opere per la messa in sicurezza del territorio. Riguardo alla sanità, bisogna rimettere al centro i professionisti della salute. Abbiamo, in media, ogni giorno un medico che lascia il pubblico per il privato. E non solo per lo stipendio, ma anche per il clima che si è creato. Il sistema sanitario nazionale deve diventare territoriale e prendersi cura soprattutto degli anziani soli e dei malati cronici».
Cosa ne pensa degli scontri avvenuti a Bologna sabato scorso? 
«Bologna è diventata una città insicura. Il sindaco Lepore aveva chiesto aiuto al ministro Piantedosi per aumentare le forze dell’ordine e Piantedosi ha risposto che arriveranno 180 agenti. Sabato abbiamo visto sfilare il vicesindaco di Lepore al corteo non autorizzato degli antagonisti che ha attaccato la polizia. Io penso che serva un cambiamento radicale. Noi istituiremo un assessorato alla sicurezza. Spero che la gente capisca che votare De Pascale vuol dire votare Lepore, confermare questa modalità di governo della città che la rende insicura».
Si è tornati a parlare di fascismo e di camicie nere. La preoccupa questo finale ideologico? 
«Hanno bisogno di creare una polarizzazione per non risolvere i problemi e distogliere dai temi veri».
La vittoria netta di Trump non era stata prevista. Spera di fare lo stesso? 
«Io guardo più alla Liguria. Lì il centrodestra era partito in svantaggio, poi ha vinto. Abbiamo tanti segnali di un vento che sta cambiando. Stiamo correndo per conquistare voto su voto, sapendo che ogni goccia fa il mare. A tutti quelli che incontro in queste ore dico: ognuno di noi può fare la differenza».
Se venisse eletta, qual è la prima cosa che farebbe? 
«Creerei subito una commissione sulla sicurezza idrogeologica. Non è possibile che ci siano persone che vanno a letto con la paura che cominci a piovere. Chiamerei le migliori competenze per capire cosa non ha funzionato e fare un piano che metta in sicurezza il territorio. Un esempio: gli alluvionati della Val di Zena hanno chiesto di poter togliere i detriti dal fiume Zena, perché se no le opere di rinforzo degli argini sarebbero inutili. La Regione ha risposto di no perché siamo all’interno di un parco protetto. De Pascale ha detto: “Se sarò eletto, cambierò la norma”. Io ho scoperto che le norme sui parchi già ora permettono la deroga e si potrebbe fare quello che chiedono i cittadini. Il problema è questo modo di governare. Così come non basta dire: “Servono i soldi”, se poi non li sai spendere”».
Cosa dicono i suoi figli e suo marito? 
«Sono contenti e tifano per me».

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