Emily Clancy, dai centri sociali ai cortei violenti: la stellina della sinistra cresciuta tra chi mena
Nei giorni scorsi Bologna, oltre che per l’assalto delle frange violente dei centri sociali alla polizia, impegnata a difendere il corteo dei trecento militanti di CasaPound contro il degrado pubblico, ha meritato gli onori delle cronache per un’altra notizia. Ha fatto scalpore, in città, l’affitto di una casa in centro di otto metri quadrati - ma solo sei calpestabili - a seicento euro al mese.
Di questo però, Emily Marion Clancy, la vicesindaca pizzicata nel corteo dei picchiatori rossi, non si occupa, anche se quella su case e politica abitativa è la prima tra le sue deleghe. Poco conta. Pensare che vanta anche la delega per la lotta alla violenza, malgrado certe cattive compagnie. Finita nella bufera, scivola sui suoi torti come nulla fosse, con lo stile di un vecchio democristiano, la scherzano i finti amici, malgrado sia discepola di Nichi Vendola.
Emily Marion non si scusa, rilancia. A chi la accusa di aver marciato con chi ha aggredito i poliziotti e ne chiede le dimissioni, replica: «Non accetto lezioni di civiltà. Essere in piazza era un dovere». Il sindaco, Matteo Lepore, ha tentato un goffo arrocco per difenderla, spiegando di averla mandata lui, infiltrata tra i centri sociali, per monitorare la situazione e sedare gli animi. Missione fallita. La vicesindaca l’ha superato in sfacciataggine: «Sono io che chiedo spiegazioni al governo. Sono andata a un corteo antifascista e chiedo ai ministri che hanno giurato sulla Costituzione perchè lo hanno autorizzato».
FORMULA ROSSA
Insomma, nella sua narrazione il reato è il corteo della destra, autorizzato e non violento, non quello dei suoi sodali, che volevano picchiare i fascisti per difendere la democrazia e, non riuscendovi, hanno assalito i poliziotti, mandandone tre all’ospedale. È vietato stupirsi. Quella tra Clancy, vita da radical chic emiliano-canadese, tra l’università di Bologna e il King’s College di Londra, e i centri sociali è un’unione di anime. Ne frequenta preferibilmente tre: Labàs, i ragazzi del Collettivo Universitario Autonomo e Laboratorio Crash. Il primo è quello da cui è partito l’attacco di sabato alla polizia. Il secondo è quello da cui pochi anni fa si staccò un commando di venti esagitati che aggredì fuori dalla facoltà di Lettere i giovani di Azione Universitaria e l’attuale europarlamentare di Fratelli d’Italia, Stefano Cavedagna, preso a calci e pugni e fatto bersaglio di un lancio di oggetti. Il terzo il programma nel nome. Arruola i nipotini delle tute nere del G8 di Genova, gente nata per contestare l’allora sindaco Sergio Cofferati, il “cinese” ritenuto troppo poco di sinistra.
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Gli interessi della signora però vanno ben oltre. Il suo mondo è variegato, e questa è la sua forza. Mette insieme gli antagonisti dei centri sociali, le associazioni di volontariato politico, l’universo lgbt, perfino i circoli Arci. È una sorta di sardina riuscita, perché mai entrata nella scatola del Pd, come invece ha fatto il sempre sorridente Mattia Santori, consigliere comunale con delega alla costruzione di uno stadio del frisbee. A Bologna la mancanza del secondo si avverte più della presenza del primo. Con lui, Emily ha ottimi rapporti; lo tratta più o meno come un animale domestico.
La cosa più interessante della vicesindaca è la sua parabola politica. Ragazzina, aveva 25 anni, per le Comunali del 2016 fondò la lista Coalizione Civica, a sostegno della candidatura del giuslavorista Federico Martelloni. Si presentavano contro il sindaco del Pd Virginio Merola, ritenuto un pappamolle moderato. La lista raccolse circa il 7% e lei, con Martelloni, fu la sola a essere eletta in Consiglio, dove per tutta la legislatura restò all’opposizione.
LA SCALATA AL POTERE
Quattro anni dopo però, Emily Marion era già stufa di stare all’opposizione, e così si accordò con il candidato del Pd, Lepore, che nel frattempo aveva pagato dazio, concedendo nel 2018, da assessore alla Cultura, a Labàs l’uso gratuito di un palazzo storico di 1.300 metri quadri con tanto di chiostro, già sede parziale del vecchio municipio. Clancy portò alla causa circa il 7% dei voti, un filo meno delle elezioni precedenti, perché l’accordo con il Pd ai suoi fan non piace tanto e prevede sempre un prezzo da pagare nell’urna. Ma i voti furono comunque sufficienti a garantirle il ruolo di vicesindaco.
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Con lei stavolta sbarcarono in Consiglio Comunale tre persone. Egisto “Porpora” Marcasciano, trans non ancora del tutto transitato. Detion Begaj, italo-albanese tra i fondatori di Labàs, tarchiato e trinariciuto, con tanto di barbona d’ordinanza. Simona Larghetti, ex presidente dell’Associazione Salva-ciclisti, l’ideatrice del limite di velocità a trenta all’ora in tutta la città. Costei è candidata alle Regionali di domenica prossima e si prevede che il moderato aspirante presidente, Michele De Pascale, la arruolerà come sua vice, per tenersi attaccata l’anima sinistra, un po’ come Stefano Bonaccini fece con Elly Schlein, sperando però in esiti meno infausti. Già, la segretaria del Pd. Deve molto a Clancy, e viceversa. Nel 2020 Elly copiò, su scala regionale, il progetto di Emily. Fondò la lista Emilia-Romagna Coraggiosa e racimolò quell’8-9% che le servi per spuntare la vicepresidenza della Regione. Bologna laboratorio di una sinistra sempre più rossa.