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Anna Maria Bernini: "I poster violenti non mi intimidiscono, la sinistra condanni"

Elisa Calessi
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Ministro Anna Maria Bernini, cosa ha pensato quando ha visto i manifesti, apparsi a Bologna, con il volto suo e della presidente del Consiglio insanguinato?
«Mi hanno colpita. Molto. Il giorno prima c’era stata una pseudo manifestazione, sempre a Bologna, dei centri sociali terminata in vergognosi scontri contro le forze di sicurezza. Ieri quei manifesti che richiamavano altra violenza. E, guardi, poteva esserci il volto di qualunque altro esponente del governo, il risultato sarebbe stato lo stesso. È il clima di tensione, di odio, di scontro che si sta alimentando che non mi piace. Non voglio drammatizzare. Ma può diventare pericoloso sottovalutare».

La libertà di manifestare il proprio pensiero, però, qualunque esso sia, è un diritto costituzionale. Quale è il limite che qui si è, a suo avviso, valicato?
«Il limite è la violenza, sempre. In piazza sono scesi dei provocatori, non dei cittadini che civilmente manifestavano il proprio dissenso. Da liberale mi batto ogni giorno perché le bocche non vengano cucite. Dialogo, confronto, anche scontro appassionato purché sia sulle idee. Temo invece un salto di qualità anche nell’alimentare questo clima di scontro contro le istituzioni e il governo».

 

 

Le università, in questi mesi, sono state teatro di manifestazioni e di cortei di protesta legati alla guerra in Medio Oriente, alla causa della Palestina. Cosa ne pensa?
«Guardi, non si è trattato di cortei di protesta. La protesta è il sale della democrazia. Ma nei mesi scorsi abbiamo assistito ad atti di violenza intollerabili. È stato impedito di parlare, sono state allontanate persone dai nostri atenei per evitare che venissero aggredite. Sono stati occupati rettorati e sfasciate strutture pubbliche. Qui non c’entra niente la guerra in Medio Oriente o il sostegno alla Palestina. Non possono esserci toni giustificazionisti. Ieri come oggi siamo di fronte alla stessa violenza che si auto-alimenta».

Ha provato a parlare con i leader di questi movimenti? Cosa le hanno detto?
«Non parlo con chi inneggia all’odio e all’antisemitismo. Durante il corteo di sabato a Milano si è levato un applauso “ai giovani di Amsterdam”, alle persone che hanno aggredito tifosi della squadra di calcio israeliana. Sa da chi era stato sollecitato l’applauso? Da uno degli organizzatori del corteo: Mohammad Hannoun, già sanzionato dal Dipartimento di Stato Usa perché ritenuto finanziatore di Hamas. Un discorso agghiacciante. E io dovrei sedermi a un tavolo con lui? Anche su questo, la sinistra dov’è?».

Il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, ha parlato di “rivolta sociale”. Cosa ne pensa?
«Metto in fila tutti questi elementi e non posso che essere preoccupata per la deriva lungo la quale si vuol spingere il Paese. Landini forse ha dimenticato che il suo sindacato è quello che, per difendere lo Stato democratico, con Lama fu contestato a La Sapienza dagli autonomi che lanciavano i sampietrini. Metto in fila anche le parole del segretario del Pd, Schlein, che ha parlato di olio di ricino. Non ho sentito parole nette di condanna. Ed è molto grave».

In questi manifesti c’è il suo volto. È preoccupata per la sua sicurezza?
«No, non per me, anche se le limitazioni alla libertà personale sono sempre ingiuste e ingiustificabili. Mi preoccupa di più che nessuno della sinistra abbia avuto la prontezza, il bisogno, il buon senso di condannare questi atti. Non ho mai fatto mancare la mia solidarietà a un collega, ho sempre condannato la violenza. Evidentemente dalla segreteria del Pd non la pensano allo stesso modo».

Teme che il clima che si è visto in questi mesi possa peggiorare, cosa si aspetta o cosa teme?
«Ripeto, non drammatizzo, ma non sottovaluto. Non voglio che si sdogani l’idea che tutto è lecito ammantandolo con il diritto a manifestare il proprio pensiero. Se non c’è una ferma condanna di tutti, da destra a sinistra, potrebbe passare anche la violenza in secondo piano. E invece temo l’effetto emulazione. Temo chi aizza le minoranze facinorose. E questo non ha niente a che fare con la democrazia che difendo, che voglio».

Se davanti a lei avesse Landini e Schlein, cosa chiederebbe loro?
«Di prendere le distanze dalle violenze. Di difendere nei fatti le istituzioni e non solo a parole. Di tutelare la democrazia e la libertà di tutti, anche di un governo votato dalla maggioranza degli italiani. Non è rimanendo in silenzio o aizzando gli scontri che potranno tornare ad avere la fiducia del popolo. Gli italiani vogliono la concretezza delle soluzioni. Non la vacuità dello scontro politico che nasconde il nulla delle proposte».

Se avesse davanti gli autori di quei manifesti, cosa direbbe loro?
«Il governo non si fa intimidire. Io non mi faccio intimidire. Andiamo avanti per la nostra strada, dando risposte sul diritto allo studio, mettendo soldi nelle tasche dei lavoratori intervenendo sul cuneo fiscale. Medicina, posti letto, borse di studio, fondi per le infrastrutture di ricerca sono solo alcuni temi su cui stiamo lavorando. Ed è solo l’inizio. Saremo democratici due volte. Per noi e per una sinistra che non è in grado neanche di dire che “sono compagni che sbagliano”».

Ci sono sempre state manifestazioni contro i governi in carica. Vede, in queste espressioni di dissenso, un salto di qualità? E quale?
«Ci vedo la povertà, l’assenza delle idee. E quando una democrazia è senza idee rischia di diventare altro. Credo nel valore del confronto pacifico e nel valore dell’opposizione, che giova anche alla maggioranza. C’è una cornice, che è il rispetto reciproco, dalla quale non si può prescindere».

 

 

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