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Con la scusa dei dossier, l'Anm chiede aiuto a Melillo

Brunella Bolloli
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Ufficialmente l’incontro era «fissato da tempo» e focalizzato sui problemi delle piccole procure del Sud alle prese con i processi di criminalità organizzata. In realtà, la riunione della delegazione dell’Anm con il procuratore nazionale Antimafia e Antiterrorismo, Giovanni Melillo, ha toccato anche altri argomenti al centro del dibattito politico, in primis la sicurezza informatica delle banche dati in uso ai ministeri e, in particolare, alla Giustizia alla luce delle recenti inchieste di Milano e di Perugia. Un «verminaio» di accessi abusivi, come l’hanno definito in commissione Antimafia sia lo stesso Melillo che il collega Raffaele Cantone, che sta indagando sulle violazioni contestate al finanziere Pasquale Striano e all’ex sostituto procuratore Antonio Laudati quando erano alla Dna.

Intanto, però, è deflagrato il caso degli hacker di Milano dove alla società Equalize di via Pattari operava un nutrito gruppo guidato dal manager amico dei politici, Enrico Pazzali, e dall’ex superpoliziotto Carmine Gallo. Anche qui, tra gli oltre 60 indagati citati negli atti del pm Francesco De Tommasi, ci sono alcuni appartenenti al mondo della magistratura, mentre il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega ai Servizi, Alfredo Mantovano, ha ribadito che «nell’indagine di Milano ad oggi non c’è un solo appartenente all’intelligence in carica e comunque nessun dipendente dell’agenzia sulla cyber». Una sottolineatura dopo giorni di titoloni sul presunto coinvolgimento di addetti dell’Acn, l’Agenzia nazionale per la cybersicurezza presieduta dal prefetto Bruno Frattasi, nata tre anni fa proprio allo scopo di scovare potenziali pericoli per la rete informatica del Paese. Sarebbe suonata, infatti, come una beffa, la presenza di dipendenti della super Agenzia tra gli “spioni” che si arricchivano confezionando dossier da rivendere a facoltosi committenti all’Italia e all’estero. Un caso di violazione dall’interno del sistema smentita dal governo. Mai come adesso, però, è indispensabile rafforzare la rete delle banche dati strategiche minacciate dagli hacker. Tanto più che dall’inchiesta milanese emergerebbe una «mano oscura» che guidava i “tecnici” di Equalize e il sospetto degli inquirenti è che ci fosse un “server” non solo a Londra e in Lituania, ma pure in Belgio.

Certamente di cybersicurezza hanno parlato Giuseppe Santalucia e i colleghi dell’Anm con il procuratore Melillo, il quale alla fine li ha accompagnati fin sull’uscio della Dna di via Giulia. Il capo dell’Anm ha fatto sapere che sono tutti preoccupati «perché scontiamo un ritardo sulla messa in sicurezza dei servizi informatici e di tutto l’apparato pubblico della giustizia». Ma poi, a favore di camera, è prevalsa la tentazione del “comizio” quando il discorso ha virato sull’Albania e i migranti. Ci sarà una nuova bocciatura sui trattenimenti o stavolta il decreto del governo sui Paesi sicuri farà la differenza? «Faccio un auspicio generale affinché la giurisdizione possa lavorare serenamente», ha risposto il numero uno dell’Associazione, «vedremo i colleghi che diranno, i magistrati fanno il loro mestiere e non c’è nessuna invasione di campo», ha aggiunto, «non dipende da atti di volontà della magistratura andare contro qualcuno, si tratta di prendere atto delle norme che sono interpretate in modo esattamente contrario all’abnormità». Resta il fatto che la visita dell sindacato delle toghe al procuratore Melillo, anticipata da note stampa, è suonata irrituale, come se l’Anm, in polemica con il governo, avesse voluto cercare una sponda in via Giulia. Il “pellegrinaggio” romano, infatti, non è sfuggito al presidente dei senatori di Fi, Maurizio Gasparri, che ha parlato di «scandalosa riunione dell’Anm alla Procura nazionale antimafia, già scossa dallo scandalo Striano del quale ci stiamo occupando in commissione Antimafia. Sono sconcertato», ha tuonato l’azzurro, «e non faremo, nemmeno in questo caso, sconti a nessuno».

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