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Elly Schlein "ha varcato il portone di casa Draghi": cosa tramano a sinistra

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Quando Elly Schlein varca la soglia dello studio di Mario Draghi, a Roma, le urne americane sono ancora aperte. La vittoria di Donald Trump non è certificata, ma i segnali che arrivano dagli Stati Uniti non sono incoraggianti per i dem.

La segretaria sa che il risultato che arriverà dall'altra parte dell'Oceano rappresenterà un passaggio importante del suo mandato al Nazareno. Perché, mai come in questa tornata, il voto Usa avrà  ripercussioni sull'assetto geopolitico globale, minato da guerre lunghe e sanguinose, anche in Occidente. Da qui l'incontro con Draghi per una ricognizione sugli eventuali scenari. La vittoria di Trump è il più concreto fra questi. E si realizza a poche ore dall'incontro, ancora prima di quanto ci si attendesse. Un'affermazione "netta" quella del tycoon, come ammettono tutti i leader dell'opposizone italiana, a cominciare da Giuseppe Conte.

 

 

 

Schlein, che si è schierata altrettanto nettamente a favore di Kamala Harris tiene la barra dritta. "La vittoria di Trump negli Stati Uniti è una brutta notizia per l'Europa ed è un brutta notizia per l'Italia", sono le prime parole della segretaria sul voto Usa pronunciate da Terni, prima dell'evento elettorale al fianco della candidata di centrosinistra alla presidenza della Regione. E forse non è un caso che Schlein non abbia affidato il suo pensiero ai social o ai comunicati, preferendo parlare da uno dei simboli di quella "desertificazione industriale" contro la quale "il governo Meloni non ha alcun piano", come ribadisce Schlein.

 

 

 

In Umbria si vota fra dieci giorni e nel Pd è diffuso il timore che l'onda lunga di quanto accaduto in America possa arrivare anche agli elettori chiamati a votare alle regionali italiane. D'altra parte, i trend topics dei social in Italia parlano chiaro: Trump, Elezioni Usa, Biden e Harris sono i temi che monopolizzano le piattaforme online ormai da ore.  La partita umbra è aperta, più di quella in Emilia-Romagna. Il risultato non può essere dato per scontato. Liguria docet. Per vincere, la convinzione dei dem è che occorra continuare a battere sui temi che scaldano l'elettorato di centrosinistra. Con un occhio di riguardo al ceto medio e alla working class: "Noi non ci riconosceremo mai in una idea di società in cui i miliardari che ieri festeggiavano chiusi in una stanza con Trump si ergono a paladini del ceto medio che si è impoverito, dato che loro stessi hanno sfruttato i lavoratori per arricchirsi con un modello economico sbagliato, da cambiare, e usando il loro potere mediatico ed economico per fare promesse che non saranno in grado di mantenere, come stiamo vedendo anche in Italia". La preoccupazione maggiore e più contingente, tuttavia, riguarda il futuro dell'Europa.

 

 

 

"Dal punto di vista geopolitico", dice Schlein, "l'Europa è chiamata a puntare in maniera maggiore sulla propria autonomia strategica, per contribuire a far finire i conflitti che stanno colpendo duramente i più fragili e che preoccupano tutti". Prima di Schlein, erano stati Matteo Renzi, Riccardo Magi e il presidente del Pd, Stefano Bonaccini, ad auspicare che la vittoria di Trump possa rappresentare una "sveglia per l'Europa". Per il segretario di +Europa, Magi, "è il momento della verità: o l'Europa diventa una vera Unione o precipiterà all'indietro". Stessa analisi la fa Bonaccini: "Per l'Europa si aprono scenari di grande incertezza, di fronte ad una nuova autarchia americana, con Trump che ci ha indicato come avversari occorre che ci si svegli, comprendendo che serve un'Europa con politiche economiche, fiscali, sociali e di difesa comuni". Oltre a questo, pero', la vittoria di Donald Trump riaccende gli animi di un centrosinistra finora pacificato dall'imminenza del 'secondo tempo' delle elezioni regionali, dopo la sconfitta in Liguria. Riafforano, infatti, le distanze in seno alle opposizioni sull'invio di armi all'Ucraina e, più in generale, sulla linea da tenere rispetto ai conflitti internazionali. Il M5s legge la vittoria del tycoon come una bocciatura della linea filo-bellicista tenuta da un certo mondo liberale e progressista.

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