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Goffredo Bettini, dal campo largo al tavolino a tre gambe: ecco la sua arte divinatoria

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Pur con l’aria di volerlo difendere dalla «lotta furibonda di troppi opinionisti» secondo lui «liberali e democratici» solo tra virgolette, cioè né liberali né democratici, ma forse «miserabbili» con la doppia b del compianto Ugo La Malfa quando parlava di quanti incorrevano nelle sue sfuriate, Goffredo Bettini si è deciso a fare scendere Giuseppe Conte dalla sommità dove lo aveva piazzato nella sua seconda esperienza di presidente del Consiglio, a maggioranza giallorossa e non più gialloverde. In particolare, dal «punto di riferimento più alto dei progressisti» in Italia, come lo definì Bettini nel 2020, purtroppo «indebolito» dai summenzionati opinionisti, Conte è diventato «uno dei rami fondamentali dell’albero progressista» in una intervista appena concessa dallo stesso Bettini alla Stampa.

Esperto più di cinema che altro, o filosofo autodidatta com’è scambiato da molti che ne hanno letto e persino scritto come di un maestro d’idee della sinistra, nelle sue varie edizioni di partito o di coalizione, Bettini ha un po’ esagerato come agronomo parlando di alberi. Un ramo è un ramo. Fondamentale è solo un ossimoro. Esso può seccare senza compromettere il tronco, quale il Pci prima e poi le altre edizioni seguite al crollo del comunismo si sono considerati rispetto alla sinistra. (...)

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