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Tutto bene se sono rosse le mani sulla cultura

Luca Beatrice
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Si è appena aggiunto un nuovo episodio nella complessa, pressoché infinita, vicenda seriale che intreccia politica e cultura. Un rapporto difficile, se non addirittura insoddisfacente, con il consueto rimbalzo tra le parti, dove c’è chi sostiene l’indipendenza assoluta della cultura e chi prende le parti dell’azionista, che in fondo chi paga ha sempre ragione. Quest’ultimo lo chiameremo il “caso Bergamo”, un paio di anni fa capitale della cultura, amministrazione comunale di sinistra. Dopo soli otto mesi Martina Bagnoli si è dimessa dalla direzione dell’Accademia Carrara.

Già a capo delle Gallerie Estensi a Modena, curatrice d’arte medievale per il Walters Art Museum nel Maryland, Bagnoli è arrivata a Bergamo in seguito alla vittoria in un bando assolutamente trasparente. Curriculum e competenza, però, non sono bastati: proseguendo nell’impostazione dell’ex sindaco Giorgio Gori di cui l’attuale primo cittadino Elena Carnevali è l’emanazione, il vero plenipotenziario della Carrara non è il direttore artistico ma Giampietro Bonaldi, manager della cultura entrato in rotta di collisione con Bagnoli.

 

 

Il classico “o io o lui” in quella che Bagnoli ha definito come un’invasione di campo, nonché l’imposizione di un ruolo subordinato che non era nei patti, ad esempio l’impedimento di «poter gestire la comunicazione, la rappresentanza e l’immagine del museo» ha dichiarato all’Eco di Bergamo. Meno di un mese fa la cosiddetta goccia che fece traboccare il vaso, ovvero l’articolo su Domani dove Bagnoli spiegava che nelle grandi istituzioni internazionali i direttori svolgono la duplice funzione, mentre qui da noi si tendono a privilegiare profili aziendalisti che di cultura non ne sanno poi tanto, insomma chi fa il direttore di un museo è anche un manager. Poca chiarezza e tanta confusione, da alcuni giorni la storica dell’arte ha lasciato la Carrara e nel cda nessuno ha tentato un recupero: scarsa empatia tra i due e una mostra bocciata da Bonaldi in quanto non sostenibile sarebbero tra le ragioni dell’addio.

Litigano, dunque, sulla cultura anche a sinistra e persino nel Pd si staranno interrogando su quanto la politica debba influire in un settore su cui, quando a decidere è la destra, si reclama a gran voce la non ingerenza. Se il ministro non rinnova quattro direttori di museo alla scadenza del mandato, facendo dunque un’operazione legittima poiché il voler cambiare strada è nel suo pieno diritto, viene contestato da più parte della stampa, addirittura sono uscite dichiarazioni di dubbio gusto dove gli ex direttori si dichiarano parte lesa con atteggiamenti vittimisti che non si confanno a professionisti.

Se un conflitto di potere all’interno della sinistra costringe un direttore alle dimissioni in così breve tempo nessuno prende posizione che tanto prima o poi si risolve “in famiglia”.
Solito discorso quando si parla di cultura, due pesi e due misure. E invece è piuttosto scandaloso che l’Accademia Carrara resti senza guida per le incomprensioni e i litigi tra la direttrice vincitrice di un bando e il manager voluto dal Comune. Non conosco Bonaldi ma conosco bene Bagnoli e la sua professionalità è fuori discussione. Storica dell’arte seria e preparata, ma se a Bergamo avevano una diversa idea di museo avrebbero dovuto scegliere un’altra figura, non costringerla ad andarsene per una triste guerretta interna.

 

 

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