Schlein in ginocchio: Beppe Sala "federatore", vuole carta bianca
Che tipo di arabesco il Fato - e Elly Schlein - disegneranno per il destino politico di Giuseppe Sala? Quello di un estremista di centro oltre il Terzo Polo? Quello di un Prodi ma senza le terrazza romane? O quello di un nuovo Papa straniero in un centrosinistra estenuato dai conclavi permanenti?
Mah.
Comunque vada, la strategia del sindaco di Milano che si profila all’orizzonte del centrosinistra nazionale merita attenzione. Dalle pagine del Corriere della Sera Beppe Sala fa sapere che, dalle sue parti, urge il levarsi di forze «moderate, pragmatiche, capaci di riforme, europeiste. A preoccuparmi è la composizione, la consistenza e la competitività della coalizione di centrosinistra, di cui parlo da mesi». Ed è vero, ne parla da mesi. Ma Sala non si era mai onestamente spinto così in là nell’analisi. La sconfitta delle elezioni liguri ha accelerato la possibile palingenesi.
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IL DOPO BUCCI
Infatti Sala, dopo l’ennesimo exploit del civico Marco Bucci evoca– diciamo così- un eccesso di sconfittismo del leggendario “campo largo”. Scrive, infatti, Sala, sui social, dopo il flop in Liguria dell’opposizione: «È un fatto politico rilevante e richiede una riflessione e una soluzione. Il M5S, sotto il 5%, conferma che soprattutto al Nord non ci si può certo appiattire su un movimento che sta cercando un’identità e un principio di sopravvivenza». Botta a Giuseppe Conte. Alchè ecco Sala, immaginando una pausa densa di suspence, continuare: «Ciò che palesemente è deficitario nel centrosinistra è la forza centrale, quella moderata, pragmatica, capace di riforme, europeista — una nuova componente liberal, che al momento ha una rappresentanza non definita».
Al momento i liberal, in Italia, non hanno rappresentanza. Sala lo dice da mo’. Anche dopo gli inesausti colloqui con i leader di un centro rarefatto che si è limitato, per voti, per ora, al massimo al centro storico (vedi Calenda con l’operazione Moratti pre-Forza Italia a Milano, vedi Renzi esiliato dal M5S). Laddove il sindaco di Milano ha realizzato che la strategia fosse quella di saltare direttamente, sull’onda della sua gestione amministrativa, su quell’elettorato liberal-riformista in perenne attesa di un suo Godot. Sala rispolvera anche la “questione settentrionale”. Perché, verga sempre sui social, che «è un dato oggettivo e bisogna avere il coraggio di sottolinearlo, al di là delle critiche che si possono sollevare anche all'interno del centrosinistra. Se nella parte più industrializzata del Paese non si propongono prospettive e politiche di produzione, la si perde. E poi diventa più difficile lavorare tutti assieme per un grande piano di produttività per le zone meno industrializzate d’Italia».
Sicché, facendosi latore dell’operosità del nord e di quel «partito virtuale che si chiama Milano», il primo cittadino ha perfettamente intuito che potrebbe attestarsi il presidio territoriale del «centro del centrosinistra». Ne ha parlato con Elly. E Elly è perfettamente consapevole del fatto che cavalcare con efficacia i temi identitari paghi, per lei, nella radicalizzazione sempre più a sinistra, ma meno nella federabilità dell’aria centrista (manca «l’Ubi consistam dell’alleabilità» avrebbe detto Pinuccio Tatarella). E be’, pare che, su quest’idea di Sala, Elly, in fondo, ci stia facendo un pensierino. Pare. La strategia resta appesa ad una selva di periodi ipotetici.
Sala quindi, non senza una botta di marketing, pone alla base di tutto il suo progetto, tre condizioni: non agire prima che finiscano le Olimpiadi invernali a Milano; stipulare un patto nazionale, in modo da evitare di impigliarsi nella rete di “cacicchi” locali; dotarsi di persone e mezzi che escano allo scoperto (sempre che ce ne siano, ovvio). Non raccolglie diciamo - l’unanimità. Già, per dire, è sintomatico il fatto che Pierfrancesco Majorino, Pd milanese ferocissimo, l’abbia cazziato, bocciando l’idea del centro e di «una sinistra né carne né pesce. Che non dice niente per non scontentare. A maggior ragione dopo il risultato ligure». E tutta la sinistra radicale al di qua dei Navigli, in questo senso, scalpita dietro Majorino. Ma transeat.
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IL RILANCIO DALL’ANCI
Soltanto poco tempo fa, rivendicando la propria indipendenza amministrativa dal Pd, Sala aveva dichiarato: «È troppo difficile federare il centrosinistra e il campo largo a oggi fa fatica a esistere nel centrosinistra. Alla fine, la differenza col centrodestra è che hanno Forza Italia che, anche se non pesa tantissimo, ne garantisce una tenuta sul centro e sulla parte moderata, cosa che in questo momento manca a noi». Per l’accorto Beppe ogni espressione non è mai più tombale del necessario. Mala Liguria – nonostante l’ottimo risultato del Pd, ribadisce lo stesso Sala- è stata l’occasione per rilanciarsi da prossimo Presidente dell’Anci, l’associazione dei sindaci italiani. Si tratta di capire cosa vorrà fare la segretaria del Pd che ha dimostrato di avere una certa intuizione nel distinguere, nella sua coalizione, i fieri alleati dai concorrenti sospetti...