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Luca Ricolfi, stoccata alla sinistra: "Hanno zavorre da cui devono liberarsi"

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Roberto Tortora
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Luca Ricolfi, sociologo dell’università di Torino e presidente della Fondazione Hume ha presentato il suo nuovo libro ad Alessandra Ricciardi di Italia Oggi, dal titolo: “Il follemente corretto. L'inclusione che esclude e l'ascesa della nuova nuova élite”. Un’occasione per fare anche un quadro politico sull’attualità, con non pochi attacchi alla sinistra: “Le élite, proprio perché vivono molto più agiatamente delle masse popolari, hanno continuamente bisogno di mostrare la loro virtù e la loro sollecitudine nei confronti dei deboli, ma, dato che occuparsi dei veri deboli e dei loro bisogni, a partire dal welfare, costerebbe uno sproposito, hanno trovato una soluzione geniale, occuparsi dei diritti LGTBT+, che costano pochissimo, e dei migranti, che costano relativamente poco in termini di accoglienza e salvataggi, e in compenso forniscono manodopera a basso costo a datori di lavoro più o meno spregiudicati”. 

Quando la Ricciardi gli chiede se il suo libro definisca lui come anti-progressista, Ricolfi nega: “Non direi, semmai ho invitato i progressisti ad esserlo davvero, occupandosi di diritti sociali e abbandonando la zavorra del follemente corretto. I diritti civili vanno benissimo, ma solo se non sostituiscono quelli sociali e accettano dei limiti, innanzitutto in materia di utero in affitto e di cambio di sesso dei minori”.

 

 

È, insomma, uno smascheratore dei luoghi comuni della sinistra, ma Ricolfi precisa: “È la sinistra, non solo italiana, che me li offre su un piatto d’argento”. Politically correct è di sinistra, “politically incorrect” è di destra? Così Ricolfi: “Il politicamente scorretto di una parte della destra non mi piace per niente, perché è semplicemente l’altra faccia del follemente corretto: una reazione eguale e contraria. Quel che io e tanti altri rivendichiamo è semplicemente la piena libertà di espressione, il diritto di parlare come ci pare senza subire processi sommari per le parole che usiamo”. Sugli hotspot in Albania voluti dal governo, invece, Ricolfi spiega come stanno le cose: “C’è stato un enorme deficit di comunicazione da parte del centro-destra. Non sono state spiegate molte cose, ma innanzitutto i costi. La gente si è fatta l’idea che i costi fossero esorbitanti, e che con quei soldi si sarebbero potuti ridurre i tempi di attesa nella sanità pubblica. La realtà è che il costo pro capite, cioè per ogni italiano, è di 2 euro all’anno, una goccia nel mare della spesa sanitaria, che è di 2300 euro pro capite. Chiunque capisce che 2 euro su un budget di 2300 sono un’inezia, che non sposta minimamente le cose”. 

 

 

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