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Liguria, l'asse giudici-sinistra fallisce l'assalto alla Regione

Daniele Capezzone
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Due notizie in una. La prima – che naturalmente ci fa molto piacere – è la grande vittoria di Marco Bucci e del centrodestra. Ma la seconda – se possibile ancora più rotonda e sonante – è che i liguri hanno detto forte e chiaro che non vogliono vedere la sinistra nemmeno dipinta, nemmeno in cartolina, nemmeno in lontananza. E soprattutto non vogliono vedere manette e manettari: anzi, ecco il punto, la strategia della trappola giudiziaria è ufficialmente fallita.

A ben vedere, in realtà, tutto, in queste elezioni, congiurava per un successo addirittura scontato dei giallorossi. Per un verso, una fase di appannamento anche nazionale della coalizione di centrodestra, tra polemiche spesso evitabili, qualche autogol, alcuni passaggi a vuoto, e la sensazione di una maggioranza non sempre al meglio delle sue possibilità.

E per altro verso, almeno cinque fattori territoriali – che ripercorreremo tra poco – che avrebbero potuto stroncare qualsiasi possibilità di conferma alla guida della regione dello schieramento alternativo alla sinistra. E invece, con ammirevole coraggio e testardaggine, gli elettori hanno rimandato a casa la peggiore sinistra d’Europa, la più manettara e la più cinica, la più scorretta e in qualche caso anche la più violenta.

 

COSA È SUCCESSO
Ripercorriamo questi cinque fattori. Primo: l’azione oggettivamente assai discutibile della magistratura che, con un impianto accusatorio fondato più sulle palafitte che sulla pietra, ha mandato a casa l’amministrazione regionale di Giovanni Toti. E la pur umanamente comprensibilissima scelta del patteggiamento da parte dell’ex governatore non ha certo reso più facile la campagna elettorale, offrendo alla sinistra una narrazione forcaiola ma tutta in discesa, orientata alla colpevolizzazione generalizzata della giunta uscente. Così come – diciamolo chiaramente – non è parso un grande spettacolo l’eccessiva fretta con cui il centrodestra, con la meritoria eccezione di Matteo Salvini, ha scelto di prendere le distanze da Toti, la cui amministrazione è invece rimasta popolare tra i liguri.

Secondo: dopo l’assist giudiziario, i giallorossi hanno offerto il peggio di sé, Resta memorabile la squallida manifestazione estiva (con Toti ai domiciliari) che sembrava un revival dei tempi della ghigliottina, con Pd e Cinquestelle, con contorno di Bonelli e Fratoianni, nei panni di vere e proprie tricoteuses, le donne che sferruzzavano tra un’esecuzione e l’altra.

Terzo: il fatto che un avversario di Bucci (che resterà innominato e innominabile) abbia usato contro il candidato del centrodestra l’argomento delle sue condizioni di salute, con ciò umiliando e offendendo i milioni di persone che – in ogni parte d’Italia e in ciascuna delle nostre famiglie – si confrontano con coraggio e dignità con una malattia per fortuna oggi meno incurabile di ieri. Quell’uscita indegna resterà nella nostra memoria come un primato di bassezza e di miseria umana e politica. E Bucci è stato più forte anche di questa infamia. Quarto: il fatto che a urne aperte, domenica sera, una trasmissione del “servizio pubblico” Rai, Report, abbia sparato a palle incatenate contro il centrodestra ligure (oltre che contro il governo, come sappiamo). Una lapidazione, anzi un plotone di esecuzione: con un’oggettiva e pesantissima interferenza in una votazione che era in pieno corso.

E infine, quinto: il maltempo, con un’affluenza bassa che – ora possiamo dirlo – secondo tutte le rilevazioni poteva rivelarsi la carta vincente di Andrea Orlando, dato per favorito con una bassa partecipazione al voto, e invece per sconfitto nell’ipotesi di un’affluenza più alta. I numeri bassi di partecipazione potevano far pensare a un de profundis per Bucci. E invece le cose sono andate come sappiamo.

È una gran notizia il fatto che – contro tutto questo – gli elettori abbiano detto no al comportamento tossico, radioattivo, velenoso, della sinistra. E di certo il centrodestra deve davvero ringraziare i propri elettori che, una volta di più, si sono dimostrati saggi, coraggiosi, più forti di una propaganda mediatica martellante che – tra scandali, manette e dossieraggi – era finalizzata a nauseare le persone comuni, ad allontanarle dalla urne, a tutto vantaggio della coalizione forcaiola.

 

ITALIANI CON IL GOVERNO
È andata bene, dunque. E anche per il governo è stato tutt’altro che un esito scontato. Gli elettori meriterebbero un ringraziamento speciale: da qui a fine legislatura, c’è un grande dimenticato – il ceto medio italiano – che avrebbe diritto a una carezza, in primo luogo sul piano del trattamento economico e fiscale. La torva ammucchiata della sinistra vorrebbe fare ancora peggio: altre patrimoniali, altri inasprimenti, altre tosature. Ma finora, sia pure per ragioni di prudenza e di coperta oggettivamente corta, anche il centrodestra non è stato generoso con questa meravigliosa Italia né troppo ricca né troppo povera, che magari ha qualche risparmio e una casetta di proprietà, e che da decenni è letteralmente tartassata. Anche stavolta, nonostante tutto, questa Italia del ceto medio ha respinto i compagni. Ma sarebbe un vero peccato - oltre che un grave errore politico - continuare a ignorarne le ragioni, i sentimenti, le esigenze.

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