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Liguria, dalle 7.15 alle 21.30: le indiscrezioni su Marco Bucci che spiegano tutto

Pietro Senaldi
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Più che un testa a testa, fino all’ora di cena è sembrato un testa o croce, tanto esiguo pareva il pugno di voti destinato a fare la differenza tra vittoria e sconfitta. Poi, verso le 20.30, si è iniziato ad avvertire profumo di vittoria. La chiesa è tornata al centro del villaggio, tutto è andato come doveva, il centrodestra continua a governare, alla sinistra tocca rosicare ancora, la magistratura resta a bocca asciutta. «Sono contento perché i cittadini hanno dimostrato votandomi che vogliono fare e hanno bocciato i signori del no», sono state le prime parole del nuovo presidente, «di tutti i liguri e di chi investirà e vorrà venire a vivere qui», come ha tenuto a precisare subito.

Marco Bucci è rimasto per tutta la giornata, iniziata alle 7.15 della mattina, chiuso nel suo ufficio da sindaco, in corso Garibaldi fino alle 21.30, quando il successo era ormai sicuro da un po’. Chiuso a lavorare, dicono lui e il suo staff; a compulsare dati, forse è la versione più credibile. Poi la passeggiata liberatoria, dopo la conferenza stampa, dal comitato elettorale, dove è stato accolto dal grido “vittoria”, fino a piazza De Ferrari, sede della sua nuova sede di lavoro. «Andiamo avanti» è il nuovo slogan.

Alla fine il sindaco candidato l’ha spuntata in maniera ben più marcata di quanto non si pensasse fino all’ultimo: 48,8% contro 47,3%, più di settemila voti di distacco e Andrea Orlando, già pronto a chiedere il riconteggio in caso di un margine più sottile, che subito riconosce la sconfitta. In fondo è un bene per tutti, anche per chi è restato a casa o ha votato il candidato del centrosinistra. La Liguria adesso può andare avanti nella via dello sviluppo imboccata nove anni fa con la prima giunta di Giovanni Toti. Ci sono 18 miliardi di opere pubbliche da mettere aterra e il nuovo presidente sa già come fare. Gronda, Diga Foranea, Tunnel, il Water Front. Se in Comune lo sostituirà il suo attuale vice, Pietro Piciocchi (che il sindaco indica ufficialmente come suo sostituto), il super amministratore, l’avvocato 47enne dalle venti deleghe e dai sei figli, sarà come quasi se il 7 maggio scorso, data dell’arresto di Toti, non fosse successo nulla. Capoluogo e Regione continueranno a lavorare in accordo. Cancellate dal voto popolare le accuse infamanti.

 

 

 

IL MESSAGGIO
I liguri hanno mandato un importante messaggio: non così, fuori le inchieste dalla politica, si vota guardando al futuro, in base ai programmi, e non dimenticando quello che è stato fatto; non compulsando il casellario giudiziario, che è provvisorio fino al terzo grado di giudizio per poi diventare verità processuale, non sempre specchio fedele della realtà, esattamente come il patteggiamento per corruzione impropria del presidente uscente. Questa consapevolezza ormai diffusa nell’elettorato ha consentito al centrodestra di riaprire una partita che sembrava persa in partenza, soprattutto nel giorno della ghigliottina, il 18 luglio 2024, quando in piazza De Ferrari, il cuore di Genova, Schlein, Conte, Bonelli, Fratoianni, Orlando, tutti si sono trovati per una volta d’accordo, ma solo per chiedere la testa di Toti.

Non così, non con le manette, la gogna, la cieca aggressività di chi non sa e non sa fare, una proposta estremista, un inossidabile mugugno, si riconquista una Regione. Questa è una lezione per la sinistra. Così invece, come ha fatto il centrodestra, la si difende: prima governando bene, poi rivendicando con orgoglio quello che è stato fatto, quindi promettendo di continuare anche meglio, senza ripetere i pochi errori che sono stati fatti, e risvegliando l’orgoglio di una Regione che gli altri avevano condannato da anni a un tramonto inevitabile, accettandolo passivamente come una fatalità. I liguri hanno creduto in Bucci, nella sua discontinuità nella continuità, nella sua serietà e laboriosità, nel suo spirito di sacrificio che lo ha portato a caricarsi di un gravoso impegno malgrado la malattia, che in maniera bestiale qualche suo rivale gli ha pure rinfacciato. I liguri hanno creduto al modello Liguria, che la maggioranza uscente si è inventato e tanto fa orrore alla sinistra.

Già, la vittoria del sindaco-presidente è un bene per tutti, anche per Orlando, perché, se il quattro volte ministro del Pd avesse conquistato la Regione, non avrebbe potuto governarla con efficacia. Non tanto, o comunque non solo, per colpa sua, perché quando uno diventa presidente è naturale che provi a fare il bene dei propri amministrati, ma perché gli alleati non lo avrebbero sostenuto. Un’affermazione di Orlando avrebbe significato la fine del sogno Liguria. Addio Diga, Tunnel, Alta Velocità Gronda. Addio perfino all’ospedale, malgrado la sinistra si sia giocata mezza campagna elettorale sul tema della sanità. Già, perché l’allargamento del Galliera, per ora ancora appeso a una proroga, avrebbe subito il veto dei Cinquestelle, tracollati sotto al 5% e di Alleanza Verdi e Sinistra, che ha affidato a Ferruccio Sansa, il nemico numero uno della Liguria progettata dal centrodestra, il ruolo di capolista.

 

 

 

IL FUTURO
La Liguria può tirare un sospiro di sollievo: è destinata a restare uno dei polmoni del Paese e mai più arto periferico. Può tirarlo anche il centro destra, che ha dimostrato di saper vincere sul territorio anche partendo in svantaggio e in condizioni oggettive sfavorevoli e in Regioni tradizionalmente di sinistra; anche se la terza sconfitta consecutiva dei dem dovrebbe indurli a riflettere se ormai la loro egemonia qui non è che un ricordo, malgrado l’imponente risultato del Pd e quello buono delle liste di Orlando. E può tirarlo l’Italia, che sullo sviluppo di questa Regione, sull’ambizione di fare del Porto di Genova uno scalo in grado di competere con Rotterdam e di connettere il capoluogo a Milano, ha investito la maggior parte dei fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, in proporzione alla popolazione.

Chi può sorridere, ma non può permettersi sospiri di sollievo perché domani presto sarà al suo tavolo di lavoro è il presidente Bucci, al quale Giorgia Meloni ha fatto la seconda telefonata: per ringraziarlo a nome di tutti. Un sassolino dalla scarpa il nuovo presidente ha voluto toglierselo, bacchettando i leader nazionali dell’opposizione per «le menzogne su di me». E Genova che ha votato più Orlando del suo sindaco? «Troppi cantieri, ma il disagio va visto in prospettiva futura», è la chiosa. E Toti, avrà un ruolo nella sua maggioranza, chiese la sala stampa? «No, non si è candidato...».

 

 

 

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