La destra spiata, da vittima a colpevole
Anche se al Quirinale nessuno parla della questione, ci sono occhi che si aprono e risolini che cessano di colpo solo quando l’affronto colpisce lassù, dalle parti del capo dello Stato. Se i ladri di dati non avessero usato una mail intestata a Sergio Mattarella staremmo ancora lì, all’indifferenza e al dileggio che mesi fa hanno accolto Giorgia Meloni quando ha detto che «ci sono gruppi di potere che hanno utilizzato le informazioni riservate per fare gli interessi propri» e ha spronato la magistratura a «tirare fuori i mandanti». O Guido Crosetto, quando ha chiesto al parlamento di «interrogarsi sulle regole in atto, sulle persone che di queste cose possono abusare, su come queste cose possano influenzare la vita democratica e politica, indipendentemente dalle parti».
Concetti che ora ripetono anche i pm di Milano e ieri, a distanza di mesi, sono apparsi sulle prime pagine di tutti i quotidiani: «Rischio per la democrazia», «Dossier, pericolo democratico» e così via.
Benedetto sia lo scandalo, dunque, se porta alla luce del sole un po’ del marcio nascosto da anni. Purché non si confondano tra loro vicende diverse. La Stampa, sotto la firma di Flavia Perina, ha fatto un’ammissione onesta: «Dobbiamo per forza presumere che a questi traffici silenti fossero legati i ripetuti allarmi di Giorgia Meloni e Guido Crosetto su attività di intelligence illegali. Dobbiamo per forza rivedere la versione che attribuiva questi allarmi a un’ossessione complottista» (...)
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