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Gennaro Sangiuliano, l'assurdo accanimento sull'ex ministro

Corrado Ocone
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Per tutta la giornata di ieri ha girato sui siti di informazione (e non solo) la foto della testa calva dell’ex ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, il cui volto si intravedeva solo in parte, squarciata da una lunga e profonda ferita che l’attraversava da poco sopra la nuca fin quasi al sopracciglio sinistro. Era l’ultima operazione di marketing della trasmissione Report che sarebbe poi andata in onda in serata e che avrebbe reso pubblico quel selfie scattato dallo stesso Sangiuliano nel bagno dell’Hotel Nazionale di Sanremo ove soggiornava il 16 luglio scorso. Essa fa parte della documentazione acclusa alla denuncia presentata dall’ex ministro contro Maria Rosaria Boccia, che aveva causato la ferita colpendo l’allora ministro in modo contundente a seguito di un’accesa discussione sulla loro relazione. Lo sfregio, notato da tutti nei giorni successivi, sarebbe però apparso meno visibile nella sua reale consistenza perché opportunamente coperto con un cerotto dello stesso colore della pelle.

Non c’è dubbio che, se si voleva catturare l’attenzione, il risultato è stato pienamente raggiunto: l’immagine, che è diventata virale in men che non si dica anche sui social, colpiva con la forza che assume il simbolico quando sollecita le parti più irrazionali e ataviche della natura umana, gli archetipi violenti e belluini che fanno parte del nostro subconscio e da cui è poi sorta la stessa umanità. È un processo insieme di attrazione e repulsione che, senza scomodare troppo un sociologo come Jean Baudrillard che l’ha studiato a fondo, è lecito definire “pornografico”, “osceno”, cioè letteralmente fuori scena, da non rappresentare.

Oggi il confine che separava il rappresentabile dall’osceno è stato infranto e il pornografico, come dimostra questo caso, si è posto addirittura al centro della politica. Che il simbolico, l’immaginario, abbia sempre avuto una certa produttività politica, che politica e comunicazione siano intrinsecamente legati sin dalle origini, è risaputo. Ma aver rotto le ultime barriere è veramente pericoloso. Non per motivi vagamente moralistici, bensì perché in gioco può esserci, il bene più prezioso: la dignità umana. In questo caso ciò è particolarmente evidente e rilevante. Quello della dignità umana è un concetto e un valore alla base della nostra civiltà, di evidente origine cristiana. Oggi la sinistra, politica e mediatica, ama riempirsene la bocca in ogni circostanza, ma è poi è la prima ad infrangerlo quando si tratta di colpire un avversario politico. Pura ipocrisia. È un processo di mostrificazione e di degrado, cioè letteralmente di riduzione dal grado di uomo, quello messo in atto ed è assolutamente inconciliabile con i valori della democrazia e della civiltà. C’è un perverso piacere nel mostrare nella sua più cruda vulnerabilità umana il “corpo del re”, cioè di chi ricoprì un ruolo alto e istituzionale. E non c’è quel rispetto per l’uomo che dovrebbe essere anteposto ad ogni altra considerazione in una sana civiltà politica.

L’impressione è che la sinistra non potendo colpire la destra sul terreno politico, sia per la performance positiva del governo in carica sia per propria immaturità e incapacità, riponga oggi nel gossip pornografico le sue ultime chance di rapida riconquista del potere. Il caso Sangiuliano-Boccia ha assunto sin dall’inizio questa caratteristica, senza nessuna pietas umana per chi aveva sbagliato politicamente, e si era perciò prontamente e giustamente dimesso, ma era umanamente una vittima. Vittima per due volte: prima della donna fatale, nel senso negativo del termine, che aveva incrociato nel suo cammino e poi della gogna mediatica messa in moto e ancora non conclusasi. La cosa più curiosa è che coloro che più hanno patrocinato e facilitato, o che più sfruttano, questa trasformazione della politica in gossip cattivo e crudele sono gli stessi che non esitano a dare patenti di credibilità e “decenza” agli altri. Sono coloro, ancora, che definiscono e usano come una clave un termine divenuto spregiativo come “populismo”. Ma cosa è se non populismo, e del più becero, questo uso distorto di vicende ormai per molti aspetti solo personali?

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