Liguria, perché la guerra tra Grillo e Conte fa tremare Orlando e il Pd
Beppe Grillo ha detto che «Cinque Stelle è compostabile». Attenzione, non è biodegradabile. Significa che l’Elevato non ne paventa la dissoluzione in un ruolo sempre più ancillare rispetto al Pd, ma auspica il riciclo, o la rinascita, degli antichi valori in una nuova creatura. Giuseppe Conte ci ha capito poco e ha replicato che «un padre dà la vita ai propri figli ma non ha diritto di ucciderli». Il punto è che, secondo il comico fondatore il M5S è già stato ucciso, dall’avvocato, e lui si limita a certificarne la morte, auspicandone la risurrezione altrove.
Questa diatriba fa da sfondo alle elezioni in Liguria, ieri e oggi. Alle scorse Regionali, nel 2020, con Conte premier al massimo della popolarità, il Movimento prese il 7,8%. Quattro mesi fa, alle Europee, con il caso Toti già scoppiato, il 10,2%: poco ma comunque il dato più alto di tutto il Nord e sopra la media nazionale, ferma al 9,9%.
La paura dei grillini liguri è che la fatwa lanciata da Grillo faccia crollare il partito al 5%. Sarebbe la certificazione che Conte, al campo largo delle sinistre, porta più guai che voti; e viceversa. Questo terrore in realtà ha condizionato tutta la campagna elettorale dei grillini. I candidati, convinti che al Consiglio Regionale per loro siano disponibili un paio di seggi al massimo, hanno passato il tempo a farsi la guerra tra loro, anziché a illustrare le loro battaglie, tantomeno a sostenere il candidato presidente Andrea Orlando. (...)
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