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La Russa spiato: "Pazzali era un mio vecchio amico, chi c'è dietro"

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"Stupito più che allarmato" e "disgustato dal fatto che ancora una volta i miei figli, Geronimo e Leonardo, debbano pagare la 'colpa' di chiamarsi La Russa se risulterà confermato che anche loro sono stati spiati". Così il presidente del Senato, Ignazio La Russa, in un colloquio con il Corriere della Sera, commenta le nuove, sconcertanti notizie sul fronte dossieraggio. Il presidente del Senato e fondatore di Fratelli d'Italia era tra i personaggi pubblici finiti nella rete degli hacker della Equalize, l’agenzia di investigazioni di Enrico Pazzali che avrebbe redatto migliaia di dossier abusivi.

"Conosco da anni Enrico Pazzali che ho sempre ritenuto una persona perbene e vorrei poter considerare, fino a prova contraria, un amico di vecchia data - spiega La Russa -. Non è di area Fratelli d’Italia, ed è noto che i suoi attuali ruoli in Fiera non dipendano dal mio partito e tantomeno da me. Ma mai avrei immaginato che potesse fare una cosa del genere. Non sapevo nemmeno che avesse una società che si occupa di queste cose". In questo momento, sottolinea, "l'unica cosa che mi premerebbe sapere è chi possa aver commissionato il dossieraggio contro la mia famiglia. Non so perché sembra esplosa la mania di sapere tutto di tutti". E' ora di capire, aggiunge, "chi spia e perché".

 

 

 

Il presidente del Senato tenta di darsi risposte: "Mi vengono in mente in generale due spiegazioni. La prima è quella delle relazioni - osserva - In questo Paese, da tempo, ma oggi ancora di più, c’è una ricerca spasmodica di avere appunto 'relazioni' con persone che contano. Non sempre per un immediato vantaggio, ma per prepararsi eventualmente il campo, o farsi aprire porte". Ma per La Russa a contribuire a creare un clima di sospetti e indagini "personali" è anche "un certo tipo di inchieste, di trasmissioni televisive" che "costruiscono tesi e teorie, storie che a volte si basano sul nulla, ma contro le quali non c’è diritto di difesa". La Russa non dice se questa attività di dossieraggio sia collegata a un tipo di giornalismo di inchiesta ma afferma che "il clima generale preoccupa, molto più del caso personale. E dovrebbe preoccupare tutti, non solo chi finisce sotto la lente di gente che non si capisce da chi sia manovrata".

 

 

 

Anche per questo Claudio Borghi, senatore della Lega e membro dl Copasir, chiede una commissione parlamentare d'inchiesta sul dossieraggio, un sistema "più pervasivo di quello che molti pensassero". "La cosa - sottolinea a La Stampa - diventa sempre più grande e non è più nell'ambito dell'Antimafia. In gioco c'è la democrazia. Io dico che ora bisogna intervenire, servono leggi più stringenti per la tutela dei dati". Secondo l'esponente della Lega c'è "una forza destabilizzante in questi dossieraggi". E fa l'esempio del caso Striano: "Nella primavera del 2019 il governo gialloverde viveva settimane complicate e vedere ogni giorno su giornali importanti accuse di riciclaggio nei confronti di Matteo Salvini, che erano false e frutto di accessi illegali, ha avuto effetti deleteri - aggiunge -. Quelle vicende hanno contribuito a deteriorare i rapporti con i Cinque stelle e casualmente poi al governo è andato il Pd...". "È di solare evidenza che nel caso Striano l'obiettivo fosse il centrodestra e soprattutto la Lega - conclude -. Sarà, ma non ho visto dossieraggio a danni di Gentiloni, di Schlein o gente di sinistra. C'è un certo strabismo in queste inchieste". 
 

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