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M5s, Davide Casaleggio: "Giuseppe Conte subalterno al Pd"

Pietro Senaldi
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«Credo che il Movimento Cinque Stelle non muoia oggi, ma abbia iniziato a morire quando è scomparso mio padre Gianroberto. La spinta creativa, l’ambizione sociale prima che politica, le antiche battaglie di principio da allora non hanno più trovato un interprete adeguato».

Ma lei oggi è più grillino o contiano?
«Io sono sempre stato casaleggiano».

 

 

D’accordo, ma tra i due litiganti, Beppe e Giuseppi, quale preferisce?
«Sono legato, soprattutto affettivamente, a Beppe; anche se ha fatto parecchi errori».

E quali sarebbero?
«Ha sbagliato a pensare che la leadership di per se stessa potesse risolvere i problemi di crescita e tenuta del Movimento. Cinque Stelle nasce come comunità; ricorda i meet-up? Una singola persona non può rappresentare il Movimento. La via giusta sarebbe stata potenziare la partecipazione dal basso».

Beppe sbaglia anche adesso, continuando ad attaccare Conte?
«No, adesso finalmente si è messo a fare il garante, dopo tanto tempo. Beppe ha chiesto a Conte il numero degli iscritti, i criteri con cui sono state scelte le persone chiamate a riscrivere le regole del Movimento. Mi sembrano domande legittime, che avrebbero meritato risposta adeguata. Invece mi pare che la risposta sia stata annunciare che non sarà rinnovato il contratto al suo blog».

Lei darebbe trecentomila euro l’anno a chi la insulta?
«Il punto non mi pare questo. Conte è indispettito dalle domande di Grillo».

Frequenta ancora l’Elevato?
«Ci sentiamo, di tanto in tanto».

Lui si sfoga con lei per come è diventato M5S?
«No. Io ho due gemellini di tre anni, lui le prime nipotine. Parliamo di cose private».

Nel giorno in cui si consuma l’ennesimo strappo definitivo tra Giuseppe Conte e Beppe Grillo – perché poi va anche detto, il travaglio di una comunità che nel 2018 è stata votata dal 33% degli elettori, circa undici milioni di persone, si sta riducendo alla resa dei conti tra due personalismi - Davide Casaleggio, il figlio del genio visionario informatico che ebbe l’idea iniziale, si trova in piazza Montecitorio. Nulla di più plastico, concreto e tangibile di questo contrasto: il super esperto del virtuale e della democrazia digitale davanti alla scatoletta di tonno simbolo della casta che i seguaci di suo padre hanno aperto non per cambiarla ma per mettercisi comodi. È lì a presentare il suo libro, Gli algoritmi del potere. Come l’intelligenza artificiale riscriverà politica e società (editrice Chiarelettere).

Già, come?
«Io la chiamo “platform society”, è uno strumento che permette ai cittadini di partecipare alla vita politica sui singoli temi, liberandosi dai vincoli dei partiti, ai cui programmi nessuno può aderire totalmente, e quindi tutti finiscono per votare quello che considerano il meno peggio».

La politica su misura esercitata collettivamente, questa la sintesi di quel che ha in mente Casaleggio junior. Già, ma lui non vuol raccogliere il testimone di nessuno, non è tipo da gettarsi nell’agone. «Io sono un costruttore di palchi, politici e non. Questo è il mio obiettivo: permettere alle persone di partecipare alla vita del Paese, anche per via digitale», spiega.

Davide costruttore di palchi quindi, ma per anche per qualcuno di preciso?
«Ci sono tante persone rimaste fedeli a se stesse e agli ideali del Movimento e che provano a portarli ancora avanti».

Di Battista, Giarrusso, Raggi, Lezzi, Toninelli; di chi parla?
«Niente nomi, tanto le conoscono tutti».

E lei si metterebbe a disposizione di qualcuna di queste persone?
«Mettersi a disposizione è un’espressione strana, non mi piace. Io, per esempio, ora sto lavorando a Camelot.vote, una piattaforma che gestisce assemblee e voti digitali legalmente riconosciute».

Quindi ha un futuro M5S?
«Futuro? Rispetto a quello che conoscevo io, gli è rimasto solo il nome, che andrebbe subito cambiato, perché quello di oggi è troppo diverso dall’originale».

Conte sta provando a rifondarlo, c’è un’assemblea costituente...
«Sì, ma nessuno si interroga su come sono stati scelti i costituenti. A me sembrano periti di parte che forniscono domande e risposte a persone scelte da Conte tra gli iscritti che devono rispondere in maniera precostituita a domande per le quali non c’è stato alcun dibattito pubblico».

Non ha proprio fiducia nel rinnovamento di Conte...
«Non mi è chiara la procedura. E quando Grillo ha sollevato domande, è stato allontanato».

Chi vincerà tra Conte e Grillo?
«Ne resterà solo uno, sì... ma di elettore, non di leader».

Esagerato...
«Cinque Stelle ha perso 6 milioni di voti alle Politiche, poi altri due milioni alle Europee. Quanto a consiglieri comunali, in tre anni di mandato Conte ne ha persi 880 su mille».

Cosa pensa del licenziamento di Grillo da parte del leader di M5S?
«Innanzitutto mi pare strano che Conte lo comunichi a Vespa anziché all’interessato e agli iscritti. La partecipazione diretta era altro».

Tra i due finirà a carte bollate...
«Il simbolo di M5S attuale è proprietà dell’Associazione che abbiamo fondato Luigi Di Maio ed io. Ci sono tuttavia anche altri simboli registrati simili».

Quindi in teoria anche lei potrebbe far causa. Ma Conte proprio non la convince?
«Mi sembra che abbia privato il Movimento di indipendenza politica e di pensiero proattivo. Mi pare subalterno al Pd. E poi è totalmente centralizzato su Roma e sul Parlamento, tutto il resto addio».

Giudizio pesante: non condivide nessuna battaglia politica?
«Sinceramente, non so neppure bene cosa stia dicendo M5S oggi. Vedo che cambia continuamente posizioni e temi di lotta. Anche in politica estera: tra due settimane si vota negli Stati Uniti, ma il Movimento sta con Donald Trump o Kamala Harris? Con Israele e l’Ucraina poi ci sta a giorni alterni».

Però su una cosa Conte ha ragione: come fai a creare una classe dirigente con il limite dei due mandati?
«Quello è un principio cardine irrinunciabile. Le regole sono l’interpretazione dei principi che formano l’identità di un partito. Bisogna creare una rotazione degli incarichi, altrimenti tutta la vita dei parlamentari ruota intorno alla ricerca della riconferma anziché alle cose da fare».

Cosa penserebbe oggi suo padre di come è ridotto il Movimento?
«Penserebbe che siamo alle battute finali di un processo che si sarebbe dovuto interrompere molto prima».

E su cosa indirizzerebbe la sua passione politica?
«Sarebbe affascinato dall’impatto che l’intelligenza artificiale è destinata ad avere sulla società. Un tema di cui dobbiamo occuparci subito. Aumenta la produttività del 20% in molti ambiti: questo significa che o un’azienda aumenta il venduto del 20% o riduce il personale di un quinto».

 

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