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Francesco Spano, non solo le accuse di Report: cosa c'è dietro alle dimissioni

Elisa Calessi
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La maledizione del Collegio Romano. Sarò che si avvicina Halloween, ma la sequenza di vicende che sta funestando l’ordinaria amministrazione del ministero della Cultura, che lì ha sede, è degna di una serie tv.

Dopo il caso Boccia, che ha portato alle dimissioni del ministro Gennaro Sangiuliano (per una nomina mai fatta), questa volta, infatti, è il suo successore, Alessandro Giuli, a essere finito nella bufera per la nomina (fatta dieci giorni fa) di Francesco Spano a capo di gabinetto. Un nome che, soprattutto negli ambienti di centrodestra, è ben noto. Si tratta dell’ex numero uno dell’Unar, Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, che nel 2017 finì al centro di una polemica perché, come scoprì Le Iene, avrebbe finanziato un’associazione della Capitale di cui risultava socio e nei cui locali si praticavano incontri parecchio spinti. Si dimise. Anche a causa degli strali lanciati da FdI.

Ieri, dopo che Report aveva annunciato un servizio per domenica prossima su di lui e sul suo compagno, Marco Carnabuci (a cui è unito civilmente), ipotizzando un conflitto di interessi, in quanto risulta essere consulente legale del Maxxi per i dati personali, incarico che risale a quando Spano era segretario generale del Museo (prima con Giovanni Melandri, poi con Giuli), si è dimesso. Fonti del Mic, in ogni caso, sottolineano che «al momento dell’insediamento di Alessandro Giuli al vertice del Maxxi, Francesco Spano ricopriva già l'incarico di Segretario generale della Fondazione, come da nomina del precedente presidente Giovanna Melandri». E che «la Fondazione non è più presieduta da Giuli, come erroneamente riportato». Nella lettera di dimissioni inviata al ministro, Spano spiega che dopo «sofferta riflessione» si è «determinato a rassegnare le dimissioni» perché «il contesto venutosi a creare, non privo di sgradevoli attacchi personali, non mi consente più di mantenere quella serenità di pensiero che è necessaria per svolgere questo ruolo così importante».

 

Parole a cui è seguita una nota del ministro Giuli, in cui dice di riceverle «con grande rammarico» e «dopo averle più volte respinte». Prosegue, poi, precisando che «a lui va la mia convinta solidarietà per il barbarico clima di mostrificazione cui è sottoposto in queste ore». Ribadisce, quindi, a Spano la sua «completa stima e la mia gratitudine perla specchiata professionalità tecnica e per la qualità umana dimostrate in diversi contesti, ivi compreso il Ministero della Cultura». 

Alle 15 Giuli è andato alla Camera dei deputati per il question time, programmato ben prima del caso Spano. Dai banchi del governo, ha fatto sapere che il suo compenso al Maxxi era minore a quello di chi lo ha preceduto: “Giovanna Melandri nel 2002, 208.301 euro; presidente Giuli nel 2023, 147.178, ovvero 61.123 euro di differenza». Attorniato dai giornalisti, il ministro si è limitato a una battuta: «Vi do una notizia: l’apparenza inganna». Quindi, è andato a fumare nel corridoio dei fumatori con la sorella. Finito il question time, si è spostato a Palazzo Chigi dove ha incontrato il sottosegretario Alfredo Mantovano per parlare, secondo fonti di governo, della manovra e delle misure che riguardano il settore cultura. Colloquio durato una mezz’ora. Intanto, come ovvio, le opposizioni hanno attaccato.

 

Per il Pd, il ministro «è già commissariato», il M5S ha parlato di un «caos insostenibile». Ma sono le critiche da destra a fare più male. Uno squarcio del clima è la vicenda di Fabrizio Busnengo, coordinatore di FdI nel Municipio IX di Roma che si è lasciato ad andare, in una chat romana di FdI, a commenti pesanti nei confronti di Spano («è un pederasta... ha posizioni ignobili sui temi Lgbtq»). Dopo che i messaggi sono finiti sul Fatto quotidiano, è stato cacciato dalla chat e si è dovuto dimettere dal ruolo politico.

«Non volevo attaccare Spano sul piano personale, mi sono limitato a riportare gli umori della nostra base..», ha spiegato ieri all’Adnkronos. Anche Pro Vita & Famiglia ha fortemente criticato questa nomina. E ieri, dopo le dimissioni di Spano, ha commentato che «sono la degna conclusione di una vicenda politica indecente gestita in modo fallimentare fin dal principio: il ministro Giuli non avrebbe mai dovuto promuovere un funzionario legato al Pd di cui lo stesso centrodestra pretese le dimissioni nel 2017 per lo scandalo Lgbtq all'Unar e Palazzo Chigi non avrebbe mai dovuto dare il suo benestare».

E ancora: «In queste settimane Pro Vita & Famiglia ha dato voce alle migliaia di elettori che si sono sentiti traditi da una scelta assurda, scelta che il ministro Giuli si è ostinato a difendere nonostante le evidenze. Speriamo» conclude la nota, «che la vicenda sia da monito per il governo: gli elettori non tollereranno altri cedimenti, su questioni che coinvolgono misure legate al movimento Lgbtq».

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