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Coviello e i conti correnti spiati di Meloni e ministri: nel suo pc la chiave dello scandalo

Giovanni M. Jacobazzi
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Questa settimana si dovrebbe conoscere la linea difensiva di Vincenzo Coviello, l’ex dipendente di Intesa Sanpaolo accusato dalla procura del capoluogo pugliese diretta da Roberto Rossi di aver spiato le posizioni di circa 3.500 correntisti distribuiti nelle 679 filiali italiane della banca. Fra i conti visionati da Coviello ci sono quelli della premier Giorgia Meloni, della sorella Arianna, del presidente del Senato Ignazio La Russa, dei ministri Guido Crosetto, Matteo Salvini, Raffaele Fitto e Daniela Santanchè. E poi tantissimi personaggi famosi, come Francesco Totti, Paola Egonu, Al Bano, Zucchero, Paolo Bonolis, Aldo Serena, Marco Tardelli. Non mancano, inoltre, magistrati, ufficiali dell’Arma e della guardia di finanza, funzionari dello Stato, prelati. Ad essere spiati, infine, anche alcune persone decedute, come Eugenio Scalfari, Diego Armando Maradona e Ciriaco De Mita.

L’attività di Coviello, attualmente indagato per accesso abusivo a sistemi informatici e tentato procacciamento di notizie concernenti la sicurezza dello Stato, reati puniti con pene fino a nove anni di prigione, si è concretizzata con ben 6.600 accessi tra febbraio 2022 e aprile 2024. Assistito dagli avvocati Antonio Arzano, Domenica Lenato, Luigi Milani e Federico Straziota dello studio Polis di Bari (lo stesso di Michele La Forgia, il legale di Emiliano, tra gli altri), Coviello quasi sicuramente punterà tutto sull’assenza di dolo.

 

 

 

Gli accessi effettuati dal 52enne bancario, in altre parole, non avrebbero avuto altro scopo che quello di soddisfare la sua patologica curiosità. Una giustificazione che aveva già speso quando gli venne aperto il procedimento disciplinare, una volta scoperto, che si era concluso ad agosto con il licenziamento in tronco.

 

LETTERA AI SUPERIORI

«Per quanto riguarda gli inquiry relativi a personaggi pubblici» e «relativi ai colleghi», «posso affermare con certezza di avere agito solo per motivi di curiosità e non aver trasferito a nessuno le informazioni da me visionate, delle quali peraltro, considerato anche il notevole lasso di tempo trascorso posso affermare con assoluta certezza di non avere alcun ricordo» e «di non aver trasferito in qualsiasi modalità nessun dato», aveva scritto lo scorso luglio Coviello ai suoi superiori, chiedendo anche una aspettativa non retribuita.

Lo scopo di tale istanza era legato al percorso di supporto psicologico che aveva in essere per guarire dalla sua «curiosità/compulsività». Assumendosi la «responsabilità per eventuali danni patrimoniali e reputazionali che la Banca fosse chiamata a risarcire a causa dei fatti posti alla base del procedimento disciplinare», il bancario si era dichiarato «pentito» di quello che era successo, chiedendo così scusa alla «Banca, ai colleghi tutti, ai clienti, consapevole di aver sbagliato ma allo stesso tempo certo che quei dati da me visionati, non solo non sono stati trasferiti a terzi ma che ovviamente non sono nella maniera più assoluta tra i miei ricordi».

I superiori di Coviello, il cui fratello Graziano è il comandante della Stazione carabinieri di Modugno, inizialmente pare gli avessero suggerito di richiedere tale aspettativa di almeno 60 giorni, con la promessa che una volta tornato al lavoro tutto si sarebbe risolto con un suo cambio di mansione. Poi evidentemente qualcosa è cambiato. In attesa quindi di conoscere anche le mosse della procura, irritata per la fuga di notizie, a tenere banco ieri è stata la polemica politica.

«È allarmante la piega che sta prendendo l’inchiesta di Bari, dalla quale emerge come dal presidente del Consiglio a quello del Senato, da numerosi ministri e parlamentari, a personaggi dai più vasti interessi, abbiano subito l’accesso ai propri conti correnti bancari con impressionante periodicità», ha commentato Tommaso Foti, capogruppo di Fd’I alla Camera. «Sorprende», ha aggiunto, «il mutismo selettivo adottato dal Pd e dalle opposizioni su questa vicenda, all’evidenza dimentichi di come in questi ultimi due anni abbiano visto dietro ad ogni angolo il ritorno di una presunta deriva autoritaria. È invece questo il momento in cui la politica senza distinzioni reagisca con forza e determinazione a difesa dei diritti fondamentali di tutti gli Italiani».

 

 

 

SETTE PREMIER CONTROLLATI

Immediata è stata la replica del presidente dei senatori del Pd Francesco Boccia: «Le attività di dossieraggio che stanno emergendo ai danni delle istituzioni e della politica sono certo gravi ma stanno riguardando tutti, come purtroppo è già accaduto in passato: personaggi noti, uomini e donne della maggioranza come dell’opposizione». «Se ne sta occupando la magistratura, nella quale confidiamo per fare chiarezza e punire responsabili e mandanti. La destra dovrebbe smetterla con le accuse gratuite, generiche e totalmente infondate all’opposizione”, ha concluso Boccia.

Molto duro, invece, Matteo Renzi: «Meloni è l'emblema della banalità, una donna che vive di vittimismo. Ha occupato il Tg5 e ha spiegato che è la donna più dossierata d’Italia quando invece hanno messo cani e porci in quell’elenco. Ci sono io, c'è Enrico Letta, hanno messo tutti». In serata è poi arrivato un comunicato di Intesa Sanpaolo riguardo la condotta tenuta da Coviello. «Siamo molto dispiaciuti di quanto accaduto e chiediamo scusa. Quanto avvenuto non dovrà più accadere», si legge nella nota. «Il sistema interno di controlli lo ha individuato, abbiamo inviato notifica al Garante della Privacy, abbiamo licenziato il dipendente infedele e abbiamo sporto denuncia come parte lesa», prosegue il comunicato nel quale si afferma poi che «non c’è stato alcun problema di sicurezza informatica».

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