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Sorelle Meloni, conti in banca spiati: da dove arriva la notizia, solo un caso?

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Ci mancava anche il dipendente di banca che spiava i conti correnti dei potenti. Dalle sorelle Meloni ai governatori delle Regioni, dagli ufficiali dell’Arma dei carabinieri agli uomini della Guardia di Finanza, la nuova inchiesta che agita la politica arriva da Bari e ha tutti i contorni della spy story con ancora molti punti interrogativi. In apparenza potrebbe non c’entrare granché con l’indagine sui dossieraggi condotta dalla procura di Perugia di cui Libero ha scritto fin da marzo, cioè dall’inizio, sviscerando dettagli di quel «verminaio», per dirla con il procuratore Raffaele Cantone, di accessi abusivi nelle banche dati della direzione nazionale Antimafia e non solo. In quel caso c’erano un finanziere infedele, Pasquale Striano, e un ex sostituto procuratore, Antonio Laudati, coordinatore del gruppo Sos (Segnalazioni operazioni sospette) con il quale il tenente si confrontava per ogni attività.

Qui, invece, c’è un dipendente della filiale di Banca Intesa di Bitonto, il quale oltre al normale lavoro di contabile, si dedicava a dare una sbirciatina alla vita degli altri: la premier Giorgia Meloni e la sorella Arianna, l’ex compagno della prima, Andrea Giambruno, i ministri del Turismo Daniela Santanché e il commissario europeo Raffaele Fitto, i governatori di Veneto e Puglia, Luca Zaia e Michele Emiliano e, manco a dirlo, il titolare della Difesa Guido Crosetto, già al centro dell’inchiesta di Perugia in quanto vittima del dossieraggio di Striano e compagnia.

Dall’esposto del cofondatore di Fdi, nel 2022, è infatti partita l’indagine con tutti gli interrogatori dei soggetti coinvolti, poi passata per competenza a Perugia. Ma il bancario di Bitonto è andato oltre avventurandosi nella visione della situazione economica anche del presidente del Senato, Ignazio La Russa, e nella spiata dei magistrati più noti sul territorio: dal procuratore di Trani Renato Nitti al procuratore nazionale Antimafia e Antiterrorismo Giovanni Melillo, proprio il successore di Federico Cafiero De Raho alla Pnaa di via Giulia. A Melillo, infatti, si deve la riorganizzazione interna della superprocura “bucata” da Striano e dai suoi sodali. Nel mirino del contabile guardone pure i conti correnti di ufficiali dell’Arma dei carabinieri, della polizia e della Finanza. Basterebbe questo per gettare una luce sinistra su tutto ciò che è accaduto per tre anni in una filiale di provincia di Banca Intesa Sanpaolo dove il funzionario, licenziato l’8 agosto dopo essere stato smascherato da un correntista, ha effettuato almeno 6mila accessi non autorizzati.

Ma c’è dell’altro in questa vicenda ancora tutta da chiarire. La notizia del bancario super curioso è stata data, ieri, dal quotidiano Domani, proprio lo stesso foglio coinvolto con tre cronisti dall’inchiesta di Perugia a seguito degli stretti legami del finanziere Striano con uno dei giornalisti di punta, Giovanni Tizian, che però ieri non ha firmato lo scoop in prima pagina. Tutto casuale? Gli inquirenti per ora assicurano che non vi è alcun collegamento tra le due inchieste: quella di Perugia si occupa di dossier e di intrusioni nelle banche dati del sistema analisti che contengono dati sensibili non solo dal punto di vista economico-finanziario, ma anche sul fronte della criminalità e del terrorismo; quella di Bari dovrà valutare i movimenti bancari violati dallo spione licenziato, accertare il movente di tali intrusioni e valutare i profili di violazione della privacy e se l’impiegato faceva tutto da solo o aveva dei complici a cui “vendeva” i dati spiati.

Di sicuro Giorgia Meloni non l’ha presa bene. «Dacci oggi il nostro dossieraggio quotidiano», ha postato la premier allegando una foto che la ritrae con sua sorella Arianna, il cui conto è stato ugualmente controllato. Indignate le reazioni da parte di tutto il centrodestra, con il capogruppo di Fdi alla Camera, Tommaso Foti, che ha parlato di «un fatto gravissimo e non isolato» ed è tornato a ringraziare il ministro Crosetto per l’esposto che ha dato il via all’indagine di Perugia. Lo stesso titolare della Difesa ha dichiarato: «Quanti dossier hanno costruito in questi anni? Quanti sono quelli che non conosciamo ancora? E poi: perché, su richiesta di chi, con che finalità?». Ecco, il mandante, se c’è, deve ancora essere scoperto.

Intanto Banca Intesa Sanpaolo chiarisce che «il comportamento del dipendente non in linea con le procedure interne e la normativa di settore è emerso nel corso delle ordinarie attività di controllo, incluso un articolato sistema volto a individuare eventuali comportamenti anomali o a rischio relativi alle consultazioni effettuate dai dipendenti della Banca autorizzati al trattamento dei dati della clientela». Intesa Sanpaolo sottolinea che «l’evento è stato individuato dagli attuali sistemi di controllo» e che la Banca è «costantemente impegnata a evolvere i sistemi nell’ottica di garantire la massima protezione dei dati della clientela».

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