Elly Schlein vuole l'euro-patrimoniale: perché questa volta il rischio è concreto
«La riforma fiscale significa togliere le tasse dalle cose che sono state tassate in passato e mettere le tasse a cose che non sono state tassate prima». Quando il Pulitzer Art Buchwald mise la pietra tombale sulle riforme tributarie invocate dai democratici Usa come panacea d’ogni male, be’ Elly Schlein non era ancora nata. E Antonio Misiani, responsabile economia del Nazareno, aveva i calzoni corti. Fossero stati coevi di Buchwald, avrebbero compreso l’avversione dell’autentico liberal per la patrimoniale sventolata a casaccio. In questo caso della super-patrimoniale.
Cioè l’ultra-tassa spacciata per addizionale che per la segretaria del Pd «non è un tabù»; e anzi, assieme alla sua famiglia socialista europea, l’ha inserita tra i cardini delle scorse elezioni (dichiarazione di Elly a La7). Mentre, per Misiani (intervistato dal quotidiano Repubblica), non solo non è un tabù, ma è quasi un esorcismo, un rito salvifico, un’evocazione esoterica.
NEL NOME DI LULA
«Noi abbiamo condiviso l’iniziativa del presidente Lula che, a fine luglio, nella dichiarazione del G20 a Rio de Janeiro ha ottenuto l’inserimento di questo passaggio: nel pieno rispetto della sovranità fiscale» dice Misiani «cercheremo di impegnarci in modo cooperativo per garantire che gli individui con un patrimonio netto molto elevato siano effettivamente tassati». Il riferimento, per inciso, è all’economista Gabriel Zucman, colui il quale, su incarico del presidente brasiliano Lula da Silva, presentò, nel giugno scorso, la proposta discussa al G20 Finanze di luglio a Rio de Janeiro. Ossia un prelievo forzoso del 2% dei grandi patrimoni del valore superiore a un miliardo di dollari, che ha anche l’obiettivo di «rafforzare la coesione sociale e la fiducia nei governi». Non male, in teoria. Curioso come, a parlare di tasse, la sinistra si trasfiguri.
Ma, comunque, si parte sempre con l’idea di tassare i miliardari e si finisce con l’Imu feroce sul bilocale al mare. La sinistra e la patrimoniale, si diceva. Una liaison antica. A partire da quando, negli anni 90, il socialista Rino Formica discettava di tassazione delle «grandi ricchezze», mettendo nel calderone non solo le ville e gli yacht ma pure gli appartamenti, i bot e i cct. E, a proposito di yacht, fu la sinistra arcobaleno a diffondere, nel 2006 il manifesto di un piroscafo con la scritta da telenovela “Anche i ricchi piangano”, patrimoniale sottintesa.
E un po’ d’anni dopo, sempre Monti premier, fu l’ex Ministro per il sud Fabrizio Barca, ingannato da un finto Nichi Vendola, a confessare l’inconfessabile passione per la patrimoniale. E quando tutto sembrava perduto, nel 2011, dopo la famosa lettera della Bce; be’, a non disdegnare il “tributo definitivo” – purché una tantum si distinsero non soltanto Amato, Veltroni e Casini, ma pure Fini, Calderoli, Confalonieri e finanche Briatore.
Filippo Ceccarelli su Repubblica – parlandone come «totem, toccasana, dispositivo tecnico e polemico milleusi»- ricorda il lampo della “Covid tax”, anch’essa abortita; e pure della sua ennesima resurrezione in forma di “Next generation tax” evocata alla Camera nel 2020 da Nicola Fratoianni di Avs «per i redditi sopra i 500mila euro e per contrastare la dispersione scolastica» (l’ordine del giorno venne approvato per errore dal governo ma finì lì). Lo stesso Fratoianni, instancabile, oggi la invoca come soluzione al «disastro sanitario» dopo la pubblicazione del nuovo Rapporto Gimbe: «Avanzeremo proposte di tutela del Servizio Sanitario Nazionale, trovando coperture in una patrimoniale che tassi le grandi ricchezze: Meloni dovrà scegliere».
La patrimoniale. Si è sempre vagheggiata. Emergeva nei programmi pre-elettorali e, come ogni fenomeno carsico-politico, s’inabissava alla prima riunione di Commissione parlamentare. La si brandiva come deterrenza atomica fiscale; contrapponendola, magari, alla reaganiana Curva di Laffer che prevede tasse più basse per tutti e crescita più alta.
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IN CHIAVE EUROPEA
Epperò, quest’idea della patrimoniale «da declinare in chiave europea» dove il Pd è in maggioranza, è la vera novità. Dopo la frase di Schlein si sono svegliati gli europarlamentari. Uno per tutti, Pasquale Tridico, ex presidente Inps, capodelegazione del M5S al Parlamento europeo, riferimento per le questioni fiscali: «L’Ue ha il dovere morale e politico di sostenere la proposta della Presidenza del G20 di tassare i super-ricchi».
La risposta di Matteo Salvini non si fa attendere: «Quando la Schlein parla di patrimoniale mi si alzano le orecchie perché ovviamente penso che possa proporre la tassazione o sui risparmi che gli italiani hanno sul conto corrente, e sono già stati tassati, o sulle case degli italiani che sono tra le più tassate in Europa». Poi, però aggiunge: «Non c’è bisogno di patrimoniali ma chi ha di più dia di più: 40 miliardi di utili del sistema bancario italiano sono un’enormità, tre manovre finanziarie. Quindi se una piccola parte di questi utili spontaneamente i banchieri li mettessero a disposizione della crescita del Paese, penso che farebbero una bella figura». Le tasse non sono affatto bellissime, direbbe il vecchio Buchwald...