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Cgil, lo sciopero preventivo di Landini: contro una Manovra che ancora non c'è

Michele Zaccardi
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La manovra non c’è ancora, ma la Cgil si prepara già alla mobilitazione. E non disdegna nemmeno di ricorrere allo sciopero generale. Anzi lo invoca apertamente. Sciopero che, in questo caso, sarà preventivo. Perché la legge di bilancio il governo deve ancora scriverla e, a parte qualche indiscrezione, non si sa di preciso cosa ci finirà dentro. Ma al sindacato rosso non importa. Quello che conta è protestare contro il governo Meloni. «La prossima legge di bilancio» si legge nell’ordine del giorno approvato ieri dall’assemblea generale della Cgil «inaugurerà una lunga stagione di rigore e tagli alla sanità, a istruzione e ricerca, alla previdenza, ai contratti collettivi nazionali di lavoro pubblici, agli enti locali, agli investimenti». Per questo, l’assemblea del sindacato guidato da Maurizio Landini ritiene necessario che «la mobilitazione arrivi fino allo sciopero generale». Non solo. Perché la Cgil ha deciso di fare quadrato, conferendo alla segreteria nazionale il mandato «di verificare e definire con le altre organizzazioni sindacali confederali le modalità e i tempi, utili a contrastare le scelte del governo in vista della manovra di bilancio».

Insomma, per la Cgil vale il solito mantra: attaccare l’esecutivo a prescindere. «Tutto ciò» prosegue l’odg approvato, «non è una prospettiva inevitabile, ma il risultato di una precisa scelta politica: quella di non toccare extraprofitti, profitti, rendite finanziare e immobiliari, grandi patrimoni, evasione fiscale e contributiva». La ricetta del sindacato rosso, dunque, è sempre la stessa: tassare il più possibile. Per la Cgil, una mobilitazione che porti verso lo sciopero generale è necessaria «in vista della manovra di bilancio, a sostegno delle proposte sindacali in materia di politiche economiche, sociali e fiscali, per un diverso modello sociale e di impresa, per difendere e rafforzare il sistema pubblico, dalle pensioni alla sanità, dall’istruzione a un piano straordinario di assunzioni». Vasto programma, si direbbe, se non fosse che le idee partorite da Landini e soci non finiscono qui. E sono ancora più grandiose. Perché si protesta anche «per nuove politiche industriali e di investimento ambientalmente e socialmente sostenibili, per un diverso sviluppo dei settori del turismo e del terziario, per la difesa dell’occupazione e il superamento della precarietà, per l’aumento del potere d’acquisto a partire dal rinnovo dei contratti, per la centralità, la dignità e la libertà del lavoro». L’assemblea ha poi ribadito il sostegno a tutte le mobilitazioni già programmate. Si parte il 18 ottobre, per quando i sindacati dei metalmeccanici, unitariamente, hanno proclamato uno sciopero con manifestazione a Roma «per difendere l’occupazione, il lavoro e per rilanciare il futuro dell’industria dell’auto in Italia, ora a rischio di sparire a causa delle scelte di Stellantis e dell’immobilismo del governo».

Il 19 ottobre sarà invece la volta della Funzione pubblica che sarà in piazza sempre a Roma, insieme alla Uil, «per il rilancio del Servizio sanitario nazionale, la non autosufficienza e il contrasto ai processi di precarizzazione e svalorizzazione del lavoro». Dal 28 al 31 ottobre toccherà ai pensionati dello Spi. Una manifestazione «per tutelare e rafforzare il potere d’acquisto dei pensionati, con iniziative in tutto il Paese a difesa del sistema pensionistico, della sanità pubblica e per la non autosufficienza. L’8 novembre infine è stato proclamato lo sciopero nazionale dei trasporti per il rinnovo del contratto del trasporto pubblico locale, senza il rispetto delle fasce di garanzia e con manifestazione nazionale. Un bel regalo ai pendolari, insomma. Intanto, oggi la Cgil, insieme alla Uil, farà un presidio al Pantheon, a Roma, per protestare contro il “Collegato Lavoro”, il provvedimento allegato alla precedente manvora, che sarà esaminato dalla Camera. Secondo il sindacato di Landini, il decreto «riduce i diritti, peggiora le condizioni e aumenta ulteriormente il lavoro precario e povero, contribuendo in questo modo a manipolare i dati sullo stato reale dell’occupazione nel nostro Paese».

 

 

Infine, siccome alla Cgil importa di tutto tranne che di difendere concretamente, al di là degli slogan, i diritti dei lavoratori, l’assemblea generale ieri ha approvato anche l’ordine del giorno “Fermiamo le guerre. Il tempo della pace è ora” in cui si rilanciala mobilitazione nazionale di sabato 26 ottobre. Il sindacato «esprime contrarietà e profonda preoccupazione per l’allargamento del conflitto in Cisgiordania, Libano, Iran e in altre aree del Medio Oriente e condanna l’astensione del governo italiano sulla risoluzione Onu del 18 settembre 2024 e la decisione del Parlamento europeo di consentire l’uso di armi occidentali in territorio russo». «Chiediamo invece» conclude l’odg «che l’Italia e l’Ue riconoscano lo Stato di Palestina, si impegnino nella promozione di una soluzione a due Stati e di un percorso di de-escalation». E prima di tutto questo, «un cessate il fuoco permanente».

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