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Pd, l'ultima assurdità: punire il capoufficio se ti chiama fuori orario

Giovanni Sallusti
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Voi ridevate, quando la segretaria lanciava «l’autunno militante» per riallacciare il legame (sempre meno) sentimentale tra il Pd e la società reale. La parola d’ordine è il «lavoro», i luoghi d’elezione sono le fabbriche e le cellule aziendali, assicurava Elly, siamo pur sempre la sinistra figlia di Gramsci e nipotina di Marx, per quanto scortata da armocromista. Infatti, con la ferrea logica tipica della (ex) Ditta, la prima proposta politica forte di quest’autunno della rinascita democratica consiste nella fondamentale e non più rinviabile tutela del... diritto al cazzeggio.

La proposta di legge è stata presentata ieri alla Camera dal deputato Arturo Scotto (primo firmatario), dalla capogruppo Chiara Braga e dalla vicepresidente di Montecitorio Anna Ascani, e ha un titolo che è un’aspirazione in cui è impossibile non riconoscersi: «Lavoro poi stacco». Normare gli auspici, presumere che la loro realizzazione sia manovrabile dalla politica, volgere il desiderio in diritto e perfino in comma, potrebbe però costituire un caso da manuale di quella «presunzione fatale» che secondo Friedrich Von Hayek caratterizzava il legislatore compulsivo e tendenzialmente socialistoide. E la cronaca pare dare retrospettivamente ragione al vecchio leone del liberismo.

Il cuore del provvedimento consiste in un ennesimo caso di moltiplicazione parossistica dei “diritti” (termine della cui pregnanza storico-filosofica sarebbe viceversa saggio coltivare un rispetto laicamente sacrale). In questo caso, ci imbattiamo nel diritto alla “disconnessione”, nel diritto alla non reperibilità, nel diritto a non essere turbati da quel dettaglio irritante e reazionario che sono le telefonate, le call, le chiamate a vario titolo di lavoro.

 

 

 

POTERE ALL’APERITIVO
Qui, in effetti, si ha un lieve discostamento dalla lezione gramsciana: si passa da “tutto il potere dell’officina ai comitati di fabbrica!” teorizzato dal padre della tradizione comunista nostrana a qualcosa come “tutto il potere dell’aperitivo ai gruppi Whatsapp!”.

Il ragionamento (iperbole ottimista) del Pd è il seguente. La pandemia ha ufficialmente sdoganato la prassi dello smart working. Un’opportunità aggiuntiva garantita dallo sviluppo tecnologico che l’individuo/lavoratore può liberamente giocarsi nel rapporto dialettico con l’azienda, a patto vada a vantaggio di entrambi? No, saremmo nella realtà, non in quella sua succursale allucinata che sta in Largo del Nazareno, dove vale anzitutto l’ossessione regolatoria.

Con le parole dell’onorevole Braga: «La proposta che presentiamo ha l’obiettivo di introdurre limiti di reperibilità e restituire la libertà di non rispondere alle chiamate di lavoro, soprattutto con la diffusione del lavoro a distanza». È la descrizione di una nemesi, per cui la sinistra contemporanea nasce sulla questione del lavoro, che per il vecchio Marx era addirittura l’apice creativo dell’umano in quanto «attività di trasformazione della natura», e si capovolge nella rivendicazione dell’ozio, preferibilmente green. Questa nuova fattispecie creata dalla bulimia dirittista dei (post) compagni è definita nel documento come diritto di non ricevere comunicazioni dal datore di lavoro al di fuori dell’orario ordinario e, in ogni caso, per un periodo minimo di 12 ore dalla fine del turno.

Postilla smaccatamente comica: è prevista l’eccezione motivata da necessità o urgenza, per cui il dipendente è tenuto a visionare la comunicazione e ad adempiere alla consegna, ma solo alla ripresa dell’orario di lavoro ordinario. È il primo caso di urgenza differibile, di necessità rinviabile, di presa in carico dell’emergenza ma con calma.

 

 

 

CONTATTI
Come in tutti provvedimenti progressisti che si rispettino, è prevista ovviamente una gragnola di divieti e di sanzioni. Premesso che nel mirino c’è «qualsiasi forma di contatto tra datori di lavoro e lavoratori effettuata tramite telefono, mail, servizi di messaggistica istantanea o piattaforme di collaborazione», le aziende o i dirigenti che violassero il diritto umano alla disconnessione si vedrebbero recapitare una multa da 500 a 3000 euro per ogni dipendente importunato.

Del resto, come ha ricordato Braga, «l’Unione Europea nel 2021 ha riconosciuto il diritto alla disconnessione come fondamentale e ha invitato la Commissione ad attuare una direttiva» (te pareva). Vuoi che il Pd non si allinei prontamente al dirigismo eurocratico, con aggiunta di italianissime sanzioni? Ma le parole più solenni sono state quelle di Anna Ascani: «È una battaglia che allargheremo a tutto il Parlamento, perché “Lavoro, poi stacco” è un provvedimento di civiltà che deve diventare legge il prima possibile». Ecco, se il Pd ogni tanto staccasse un attimo dalle proprie “battaglie di civiltà”, azzardiamo che il Paese reale non avanzerebbe obiezioni.

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