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Ilaria Salis irreperibile. Risultato? Non salda il debito da 90mila euro

Pietro Senaldi
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La premessa è d’obbligo: noi non siamo ossessionati da Ilaria Salis, tutt’al più ne siamo esasperati. Il fatto è che siamo attenti al rispetto della legalità almeno quanto l’europarlamentare ne è indifferente. Per la signora le regole si possono anche violare, se in nome di un principio giusto; a patto, ovviamente, che quel che è giusto o sbagliato lo decida lei, non i suoi colleghi parlamentari, i magistrati o lo Stato. Non passa giorno senza che Salis confermi la tesi. Ieri ha dato scandalo l’ultima dichiarazione che l’onorevole ha affidato ai suoi social: «Il meccanismo delle assegnazioni è inceppato, le occupazioni sono la sola vera politica per il diritto di abitare» pontifica la (cattiva) maestra.

Segue una descrizione delle case occupate come di una realtà bucolica dove «sorgono comunità solidali che reagiscono all’abbandono e all’ingiustizia con iniziative concrete: una mensa, un doposcuola, momenti di sport». Un idillio insomma. Peccato, prosegue la narratrice di favole che «a volte polizia e magistratura decidano che questo sia un crimine da punire» e gli occupanti «non siano una comunità solidale ma un’associazone a delinquere».

Questi pensierini a metà tra una bambina delle elementari e una agit-prop, svelano in chi li scrive un senso dello Stato totalmente inesistente. Sono l’arringa politica difensiva che l’avvocata Salis ha diffuso in vista dell’udienza d’appello che si terrà domani contro la condanna per associazione a delinquere di nove persone che avevano occupato una serie di alloggi popolari nel quartiere milanese del Giambellino sgomberati nel 2018. «Se la condanna venisse confermata» sentenzia Salis «sarebbe un ulteriore grave atto di repressione delle lotte e di criminalizzazione della povertà, un altro tassello nella direzione autoritaria e classista».

 

 

 

INNO ALL’ILLEGALITÀ

In sintesi, per l’europarlamentare di estrema sinistra far rispettare le leggi significa essere fascisti, occupare abusivamente le case è un gesto di altruismo e civiltà e i magistrati sarebbero il manganello del potere. Naturalmente, parole così gravi sono state seguite dal silenzio, sfrontato più che imbarazzato, di tutta la sinistra italiana, dal Pd ad Avs, da Azione ai 5 Stelle. Solo la maggioranza di governo le ha condannate come «istigazione a delinquere».

Vale la pena precisare che, pur di difendere i suoi colleghi occupanti- in Italia l’europarlamentare è considerata dalle forze dell’ordine un’attivista di spicco dell’area anarchica e vanta 29 denunce e quattro condanne, tra resistenza a pubblico ufficiale, invasione di edifici ed esplosioni pericolose -, Salis altera la realtà senza problemi. L’attivista sostiene che gli spazi del Giambellino sgomberati siano ancora vuoti e parla di mancate assegnazioni degli alloggi. In realtà la situazione è meno drammatica di quanto viene descritta. Su settantamila case popolari a Milano e Provincia, sono 3.800 quelle attualmente vuote mentre al Giambellino sono 448 su 3.507. Tutti gli immobili non affittati però (Milano, oltre la normale rotazione, assegna 1.200 nuove case all’anno) sono interessati da opere di manutenzione, spesso anche straordinarie e rese necessarie dal passaggio di quelle «comunità solidali» incriminate per associazione a delinquere di cui Salis si vanta. Non poteva mancare il padre, Roberto, che non si rassegna a lasciare il palco tutto alla figlia. «Le occupazioni non bastano, non risolvono il problema» tuona l’ingegnere. «Bisogna commissariare l’Aler» intima ripubblicando il tweet di lei. Suggerisce forse di assegnarne direttamente la gestione ai condannati in primo grado per associazione a delinquere che la figlia difende con tanta passione?

 

 

 

DONNA ALLA MACCHIA

Per ritornare alla signora, adesso che ha uno status e che un piccolo e sciagurato esercito di italiani l’ha eletta perché non debba rendere conto alla giustizia del proprio operato, potrebbe anche decidere di cambiare stile di vita. L’istituto milanese per le case popolari la insegue da tempo chiedendole di pagare l’affitto della casa che occupò in via Borsi a Milano nel 2008. Conti alla mano, sono oltre 90mila euro di pigione mai saldati. L’Aler però non riesce a escuterli perché, di fatto, la signora, pur presente sui social, facendosi immortalare al mare, in montagna e nella casa paterna in Brianza e frequentando l’Europarlamento di Bruxelles, continua a rendersi irreperibile ai suoi creditori.

Ilaria infatti, come da certificato in Comune, risulta risiedere in via Tre Castelli, quartiere dell’estrema periferia sud milanese. E lì l’istituto delle case popolari continua a inviarle la messa in mora, necessaria a procedere al pignoramento. Tuttavia ogni tentativo di recapito dà esito negativo per irreperibilità della signora, che nessuno ha mai visto da quelle parti e il cui nome non figura sul citofono. Un po’ di chiarezza, onorevole Salis. Chi vuol dare lezioni al prossimo ha l’obbligo di uscire dalla clandestinità anagrafica.

 

 

 

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