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Elly Schlein processata a sinistra: "Ha sbagliato tutto"

Pietro Senaldi
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Andrea Orlando lo aveva confidato agli amici: spero che la campagna elettorale sia il più corta possibile, altrimenti si sfascia tutto. Facile profeta, ma anche troppo ottimista.

Neanche un mese vero di confronto e il giocattolo si è rotto. «Quando ti aggreghi non per fare un programma ma solo per arrivare al potere, è naturale che vada a finire così», commenta dal Castello Brown di Portofino il sindaco di Genova Marco Bucci, candidato del centrodestra unito. È la sera di un confronto a distanza minima tra i due aspiranti presidenti, che parlano a mezz’ora di distanza l’uno dall’altro dal medesimo posto, alla rassegna di incontri Portofino d’Autore, curata dal giornalista di Mediaset Gianluigi Nuzzi, quasi un faccia a faccia.

 

 

 

Il sogno del campo largo delle sinistre si è interrotto ieri prima di mezzogiorno, scadenza ultima della presentazione delle liste. Dopo che, nella giornata di venerdì, il Pd aveva deciso di cedere al ricatto di M5S e chiedere a Italia Viva di rinunciare ai propri candidati nella lista Riformisti Uniti per la Liguria, provocando la reazione di rottura dei renziani, il Pd ha lavorato tutta la notte per ricucire la frattura e trovare una soluzione. In mattinata, la telefonata da Roma dei coordinatori di Elly Schlein, la ditta Taruffi (Igor) e Baruffi (Davide),a Orlando: non se ne fa nulla.

Il candidato della sinistra va di filosofia: «Se ci sono bombe nell’alleanza, meglio che esplodano prima piuttosto che una volta arrivati al governo». Poi però non manca di affondare: «Io avevo messo d’accordo tutti» dice, «poi tensioni romane tra i partiti del campo largo, non gestite a livello nazionale, hanno fatto il danno». È l’attacco alla segretaria Schlein, duro quanto atteso.

 

L’ACCUSA

L’incidente ligure in effetti ha messo Elly nell’occhio del ciclone, attaccata da tutti i lati. Dalla sinistra del partito, le rimproverano di essersi fatta sedurre da Matteo Renzi con un semplice abbraccio nel campo di calcio: non si fa così, dicono, il ritorno del rottamatore prodigo andava preparato, studiato, ben spiegato agli elettori, non impacchettato da un’istantanea e imposto senza il dibattito, interno e pubblico, il sale dei dem più che della democrazia.

 

 

 

Dalla parte moderata, scuotono la testa e ripetono: te l’avevamo detto, e ridetto, di Giuseppe Conte non ti puoi fidare, non sarà mai l’alleato subalterno che sogni, non lavora per l’unità ma per se stesso, neppure per i grillini, e usa Renzi per delegittimarti.

 

PUNTI DI VISTA

Probabilmente c’è del vero in entrambe le posizioni. Anche se già ne spuntano una terza e una quarta, complementari e non alternative alle precedenti. La terza vuole che il Pd abbia deciso scientemente di sacrificare la Ligura alla prima difficoltà, perché gli emiliani Baruffi e Taruffi, e la bolognese Elly, non volevano problemi alle elezioni in casa loro, a novembre: meglio non sfidare Conte a Genova per evitare ritorsioni sotto le due Torri. La quarta, cervellotica e velenosa, ma nella quale molti credono, dice che in fondo Orlando ha ottenuto quel che voleva fin dal primo di agosto, quando aveva detto al Pd nazionale che voleva chiudere le liste senza Renzi. Costretto ad accettare quelli di Italia Viva, avrebbe giocato di sponda con Conte, favorendone l’impuntatura. A quel punto, se vince, lo fa come vuole lui, e senza tenersi in coalizione bombe pronte a esplodere. Se perde, colpa di Roma e della Schlein. «Perché» spiega il candidato della sinistra, «quando si rompe, non si può puntare il dito contro uno solo»; quindi il Pd nazionale ha su per giù le stesse responsabilità dei grillini, «perché la cosa si poteva gestire meglio».

E il rischio che a questo punto il voto moderato se ne vada tutto su Bucci? «Ma io sono moderato», sorride il sinistrissimo Orlando, «lo sono nei metodi». Un’altra accusa al Nazareno? E poi, «i moderati nel mio campo ci sono, li rappresenta Carlo Calenda». Sempre che, da qui alla fine della brevissima campagna elettorale, qualcuno non si riposizioni con Bucci, proprio come buona parte dei renziani avevano iniziato a fare anche prima della rottura di venerdì. Il sindaco candidato ci conta. In Azione c’è molto movimento ultimamente.

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