Alluvione in Emilia Romagna, la sinistra usa il cambiamento climatico per non affondare nella melma delle sue colpe
Chi non ricorda l’immagine di Angelo Bonelli che, meno di due anni fa, in Parlamento estrae dalle tasche due pietre prelevate sul greto del fiume Adige in secca, a Verona, e accusa Giorgia Meloni, premier da cinque minuti, della siccità che colpiva l’Italia? Di questi tempi invece piove, ma non cambiano i protagonisti né il copione: c’è sempre Bonelli che accusa la Meloni, stavolta della troppa acqua in Emilia Romagna: «Ha promesso agli industriali che si opporrà alle regole sulla transizione ecologica approvate dall’Unione Europea», si lamenta il campo dei Verdi. «Lo fa per aiutare la Cina e salvarla dalla carbon tax», che sanziona chi produce inquinando troppo.
Bonelli si atteggia a professore e meteorologo, ma è solo un geometra che si è dato alla politica e si perpetua profetizzando disgrazie dal cui vaticinio riesce a trarre ottimo sostentamento e senso politico. La realtà dice che Meloni è il miglior alleato in Europa del Partito Popolare e della presidente von der Leyen per fermare le leggi più talebane lasciate in eredità da Frank Timmermans, l’ecomaniaco olandese che ha dovuto ritirarsi dall’Europarlamento dopo aver lasciato in eredità il cosiddetto Green Deal. È questo un insieme di norme deliranti che hanno già portato il colosso tedesco sull’orlo del baratro, devastandone l’industria automobilistica, e che la teutonica Ursula deve smantellare per salvare Berlino, sua missione principale, e anche il resto d’Europa. A sostenerlo ormai non è più solo il centrodestra, se è vero che Enrico Letta, proprio ad Avvenire, ha confidato che «la transizione ecologica, se non gestita con grande avvedutezza, può avvere conseguenze drammatiche».
SCONTRO TRA TITANI
Il problema però non è tanto Bonelli, quanto chi gli dà credito o gli fa scuola. L’economista Leonardo Becchetti, sempre su Avvenire, fa l’elogio della Cina, il Paese più inquinato e inquinante del mondo, perché il 50% delle auto che immatricola sono “verdi”. Poi va in Inghilterra, che si è data l’obiettivo emissioni zero (i vantaggi della Brexit), dove l’ex astro laburista Ed Milliband si aggira tra fattorie ecologiche spiegando che con l’energia pulita si vive meglio. Gli fa eco sul Fatto Quotidiano Luca Mercalli, lui almeno è meteorologo, il quale se la prende con il governo perché «vuole ridurre il Green Deal malgrado la Romagna sia sott’acqua».
Causa surriscaldamento? No, per il freddo, colpa dell’uragano Boris, visto che «questo settembre al Nord è stato più freddo di cinque gradi, complessivamente». Gelo da surriscaldamento? La patologia di Bonelli sta contagiando gli esperti. Immancabile e millenaristico il geologo Mario Tozzi, su La Stampa, che ricorda come «l’incremento delle alluvioni è associato al riscaldamento globale» (ma non c’era l’uragano Boris?), e chi ne dubita «non ha spazio nella letteratura scientifica» (non è proprio così). Siccome è riconosciuto come autorevole, sarebbe bene che Tozzi tenesse conto di chi lo legge avidamente.
«Bene le vasche di laminazione - scrive, - ma considerato che non si può disseminare il territorio di opere, se il paesaggio ha ancora un valore, i fiumi devono essere lasciati liberi di esondare dove non ci sono case: più natura uguale più sicurezza». A parte che la tesi è molto ardita filosoficamente, perché la natura agisce incurante dell’uomo, lo è ancora di più politicamente, perché sta alla base del disastro idro e ideologico dell’Emilia-Romagna, dove le amministrazioni dem, anche per via dell’influenza dell’assessora all’Ambiente, Elly Schlein, hanno lasciato che la natura ostruisse il corso dei fiumi, provocandone la tracimazione. È di ieri la notizia che la Procura di Ravenna sta indagando sull’esondazione del Lamone, a Faenza, il cui corso risulta ostruito da una diga di alberi.
Alluvione, dal governo 20 milioni? Il Pd protesta e Meloni liquida i compagni
FORESTA DI IGNORANZA
Per orientarsi nella foresta vegetale dei fiumi e di tesi definitive degli esperti, corre in soccorso uno scritto del 1973, anno in cui ancora faceva freddo, del pioniere dell’ambientalismo Antonio Cederna. «I disastri - scriveva - arrivano ormai a ritmo accelerato (secondo Tozzi a quei tempi invece ce n’era uno ogni cinquant’anni, ndr) e tutti dovremmo aver capito che ben poco hanno di naturale: la loro causa sta nell’incuria, nell’ignavia e nel disprezzo dei governi» (allora le Regioni avevano appena tre annidi vita). Sono parole che si potrebbero usare oggi a corredo dell’elenco che Libero ha fatto nei giorni scorsi dei soldi stanziati dal governo e non spesi dagli amministratori rossi dell’Emilia Romagna per mettere in sicurezza il loro territorio.
Le piogge nella Regione non sono una novità climatica. L’Emilia è definita geologicamente una Pianura alluvionale, nel senso che si è formata così a causa delle piogge, da sempre frequenti lì più che altrove in Italia, visto che il mare vicino alle montagne aumenta le precipitazioni, e delle esondazioni del Po e dei tanti fiumi che si scaricano a valle dai suoi Appennini. E questo accade che faccia caldo o che faccia freddo, a seconda che si voglia ascoltare più Mercalli o Tozzi. Ma soprattutto, accade da prima che l’uomo potesse incidere sul clima; addirittura da prima che l’uomo comparisse sulla Terra.
Suicidarsi, come alcune norme del Green Deal comportano, non servirebbe dunque neppure a salvare il Pianeta.