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Vincenzo De Luca dalla Meloni, retroscena: voci sul piano segreto del governatore

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Il pezzo di Fabrizio Roncone del Corriere della Sera sull'ultima plateale giravolta di Vincenzo De Luca è sarcastico, come sempre, ma fotografa i fatti. Il governatore Pd della Campania, dopo mesi passati a insultare la premier Giorgia Meloni e il ministro degli Affari Ue Raffaele Fitto per la gestione dei fondi Pnrr, ha cambiato a tal punto registro nella sua visita a Palazzo Chigi da far domandare al giornalista e a molti elettori dem: "Ma è De Luca o Maurizio Crozza?", vale a dire il suo più celebre (e spietato imitatore.

Il presidente della regione ha posato sorridente durante la stretta di mano con la presidente del Consiglio e si è lasciato andare addirittura a una battuta: "E poi aggiungo il mio forza Fitto!". Merito, probabilmente, dei 3 miliardi di euro e mezzo incassati in investimenti sul territorio concessi dal governo.

"Perché questi lampi di pace? - si chiede Roncone - S’intrecciano ipotesi e sospetti, è un noto maestro di intrighi sulfurei e accordi bizantini. Ha in testa un piano preciso, questo è sicuro". Uno scenario suffragato anche da un'altra frase sfuggita a De Luca, che suona quasi ironica visti i precedenti: "Con la premier grande rispetto...". 

 

 

 

Proprio lui, che in un fuorionda a Palazzo Chigi, qualche mese fa, guidando la rivolta dei sindaci contro Meloni tuonava "lavora tu, str***a". Uno sfregio che portò al memorabile, raggelante faccia a faccia a Caivano, quando la premier gli si parò davanti e stringendogli la mano sibilò: "Presidente De Luca, quella str***a della Meloni".

Seguivano le consuete velenosissime dirette Facebook, sfogatoi ricchi di spunti polemici e attacchi talmente duri da risultare strumentali e quasi gratuiti. Chi difende De Luca motiva il cambio repentino di atteggiamento con il principio della realpolitik: "Doveva portare in Campania soldi, fondi, risultati". Questo perché "vuole candidarsi per la terza volta e ha già cominciato la sua personale campagna elettorale".

 

 

 

Proprio per questo, l'ex sindaco-sceriffo di Salerno e capobastone del Pd in tutto il Mezzogiorno ha invertito la marcia anche con Elly Schlein, la segreteria del suo partito umiliata per mesi con frasi e battute da caserma. Ed è così forse che si spiega e si chiude la parabola politica dell'ultimo erede dei Borbone, spregiudicato ed ego-riferito, che talvolta ha bisogno dei nemici per blindarsi. 

 

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