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John Elkann licenzia? Per Elly Schlein è colpa del governo

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Francesco Specchia
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Elly Schlein, per fermarla bisognerebbe abbatterla. Non che non ci provino, specie dalle sue parti. Eppure, dalle ultime elezioni europee, la maratona perpetua della segreteria del Pd l’ha resa un gps vivente. Prima l’ha portata a Roma, a Presa diretta dove il soliloquio con Riccardo Iacona pare non sia piaciuto a Maurizio Gasparri che l’ha denunciato in Commissione Vigilanza Rai in chiave anti-teleMeloni. Poi l’ha spinta alla Festa dell’Unità di Reggio Emilia dove informa che «Ci prepariamo a governare».

Infine Elly sbarca a Torino, alla Festa della Fiom, e lì ci comunica la notizia della giornata. La granitica solidarietà con l’incasinatissima Stellantis. «Siamo estremamente preoccupati per la mancanza totale di politiche industriali da parte di questo governo. Chiaramente c’è preoccupazione anche perla situazione di Stellantis», dice Elly «crediamo che debba rispettare tutti gli impegni presi, crediamo che bisogna dare un futuro occupazionale a questo settore strategico per l’Italia, crediamo che il governo debba passare dalle parole ai fatti, perché delle prime ne abbiamo viste tante, dei secondi purtroppo no...». Bene.

 

 

 

Chiamatelo effetto-Landini: Stellantis per anni illude e accartoccia i suoi lavoratori e la sua produzione industriale; e il sindacato - nello specifico, la Cgil - per anni si gira dall’altra parte (pur sollecitata da politici come l’allora ministro Carlo Calenda). Finché non arriva la destra al governo. Alché Landini si sveglia all’improvviso dalla trance e addossa la colpa al primo inquilino di Palazzo Chigi che passa. Ecco. Elly è in pieno effetto-Landini. Anche lei, sguardo verso un orizzonte immaginario quando si tratta di cazziare gli amici Elkann; anche lei ferma condanna, quando spunta la Meloni. E, tra l’altro, l’uscita è propagandisticamente efficace perché arriva subito dopo la denuncia tonante del capo della Fiom Michele De Palma, persona seria: «La perdita di quote di mercato di Stellantis in Europa dice di un fallimento della strategia industriale dell’ad Tavares in Italia e Europa».

SOSTIENE DE PALMA

De Palma, ha aggiunto che «anche in Usa - la situazione è molto complessa, perché Tavares non sta rispettando gli impegni. Sono colpito quando Tavares dice nelle interviste che in Italia c’è buona relazione con i sindacati perché il numero di scioperi dei singoli stabilimenti nell’ultimo periodo non è paragonabile neanche allo scontro che ci fu con l’ad Sergio Marchionne». Per lui «c’è un problema oggettivo: i lavoratori sono in cassa integrazione, non ci sono investimenti e a oggi non c’è un piano industriale». Per il leader della Fiom «c’è una responsabilità dell’azienda ma anche dei governi. Urso è l’ultimo ministro ma è evidente che negli anni con c’è stata una politica industriale sull’automotive come invece c’è stata in altri paesi europei». Giustissimo. Ma Schlein tira dritto a titillare il complesso di colpa governativo.

Contestualmente, data l’abilità multitasking, Elly trova pure il tempo di annunciare sui social -ma non di presentare- il suo libro L’imprevista. Un'altra visione del furo (Feltrinelli) scritto con la giornalista Susanna Turco. Nella sinossi si legge: «Un lungo viaggio attraverso l'Italia tra le fabbriche, le carceri, le spiagge dove muoiono i migranti, i piccoli centri che si spopolano, i luoghi delle solitudini individuali e collettive». Nel pamphlet sono contenute preziose informazioni: «Chi è la leader che sta cambiando la sinistra. Dove vuole portare l’Italia. In un dialogo che è anche un viaggio di ricucitura dentro un Paese strappato».

Ecco. Il paese sarebbe strappato. Strappato, lacerato, martoriato soprattutto nelle bollette dell’energia, aggiunge, nella foga, Schlein, sventolando una tabella che dimostra che l’Italia ha i prezzi dell’energia più altri d’Europa, «un problema su cui questo governo, in due anni, non ha fatto nulla. Noi abbiamo un meccanismo di fissazione del prezzo unico dell’energia che e assurdo, che premia i grandi a dispetto delle piccole e medie imprese e delle famiglie. È un prezzo il nostro che va slegato dal gas, e va immesso il beneficio della produzione delle rinnovabili, che sta crescendo, come hanno fatto in Spagna». Ha ragione, in teoria. Nella pratica, il problema non riguarda soltanto questo governo, ma anche i precedenti. Epperò, sono dettagli. “Impegno”, “battaglie”, “visione del futuro”, “ricucitura” sono le parole d’ordine del furioso Cammino di Santiago della segretaria.

I CINQUE PUNTI

Il discorso di Schlein in fondo è sempre lo stesso. Cita la «piattaforma in cinque punti per trovare la quadra dentro le opposizioni e gettare le fondamenta del cantiere del centrosinistra: sanità pubblica, istruzione e ricerca, lavoro e salari, politica industriale e conversione ecologica, diritti sociali e civili». Schlein è ubiqua. Ma c’è un strageia dietro tutto questo. «È quella di appoggiarsi al più prezioso alleato che un leader politico possa avere: il «fattore tempo», Schlein accantona i dossier internazionali, “divisivi”, e prepara la battaglia su una manovra complicata per il governo». Chi ha tempo...

 

 

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