Maria Rosaria Boccia "salta", la sinistra deve trovarsi un nuovo leader
La chiave di questa storia non è quella d’oro massiccio di Pompei (valore 15mila euro) di cui tanto si è parlato in questi giorni. Ma è una chiave politica, ben più pesante, con cui l’opposizione ha cercato dimettere in crisi il governo di Giorgia Meloni costruendo castelli in aria attorno al racconto di Maria Rosaria Boccia, l’influencer campana esperta di grandi eventi e registrazioni non richieste nei palazzi del potere. A lei e alle scottanti rivelazioni che avrebbe potuto rilasciare sulla vita privata e pubblica del ministro Gennaro Sangiuliano, il centrosinistra si è aggrappato come fosse una boa nel mare aperto che caratterizza il vuoto del fu campo largo.
Il tentativo di rianimare quella coalizione di naufraghi incerti è stato però respinto dalla mossa di ieri della premier: via Sangiuliano, dentro Alessandro Giuli, senza dare il tempo agli avversari di capire cosa stesse accadendo, depistando curiosi, retroscenisti e perfino i cronisti con le troupe già pronte per l’ennesima intervista alla nuova eroina della sinistra. Certo, per l’opposizione l’addio di Sangiuliano è arrivato troppo tardi rispetto al deflagrare dell’affaire Boccia che ha costretto Genny a un’umiliazione in diretta tv su Raiuno. Forse gli si poteva risparmiare la figura davanti a milioni di telespettatori: lui che esibisce i fogli con i pagamenti in regola, l’ammissione della relazione con la pseudo-consulente, le scuse alla moglie e alla Meloni, le lacrime. In fondo la confessione pubblica è servita a nulla.
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Però, a bocce ferme (è il caso di dirlo), da ieri al centrosinistra si è rotto il giocattolino; la vicenda è finita, non c’è più niente da spiare nella vita di Sangiuliano né nei corridoi del ministero della Cultura. Sangiuliano ora merita solo di essere lasciato in pace, affinché ritrovi la propria serenità. E il governo, senza rimpasti, va avanti. Non ci sarà quindi alcuna mozione di sfiducia, che tanto non sarebbe mai passata con i numeri della maggioranza. Stoppata sul nascere anche la petizione per chiedere la cacciata del ministro lanciata ieri dal leader di Italia Viva, Matteo Renzi, in cerca di riposizionamento nel Pd di Elly Schlein.
È a lui che in Fdi guardano con sospetto sull’origine del Boccia-gate per via di alcuni contatti renziani dell’imprenditrice del wedding. Poco importa: da ieri sono tutti spiazzati e rimasti a bocca asciutta. La segretaria dem si è limitata a dire che «le dimissioni di Sangiuliano arrivano tardive ma sono comunque l’atto più opportuno da quando è ministro».
Scontato che nel fortino rosso della Festa dell’Unità di Reggio Emilia, non appena dal palco sono state citatele dimissioni dell’ex titolare della Cultura, il pubblico abbia esultato. Speravain unacrisi dell’esecutivo,forse sognava la riscossa, nuove elezioni, chissà. È accaduto all’inizio del panel condotto da Agnese Pini, con Giuseppe Conte e Michele de Pascale, candidato per il centrosinistra alla presidenza della Regione Emilia-Romagna. Ma proprio l’ex premier, unico leader dell’opposizione, ha invece avuto parole di umanavicinanza per Sangiuliano. Conte ha ammesso di avere subito chiamato l’amico Gennaro.
«Ho avuto un moto istintivo, soprattutto sono rimasto sconcertato: c’è un ministro che avverte l’esigenza di dimettersi quando una premier gli dice di restare lì, ti difendo io. Di fronte a casi Delmastro, Santanchè, Lollobrigida: tutti inamovibili». Conte solidale con Sangiuliano per attaccare il governo «che reagisce con l’assoluta solidarietà tribale di partito». Ora è questo il refrain anti-meloniano: l’accusa di familismo, le critiche a Palazzo Chigi non potendo più criticare l’inquilino del Collegio Romano. È il ritornello del duo di Avs, mentre il leader di Azione,Carlo Calenda, chiede che sulla vicenda «scenda presto un velo pietoso». Sul caso Boccia, del resto, l’opposizione si era divisa: il Pd con Iv voleva il ministro in Aula subito, i 5stelle e Azione erano più attendisti, Bonelli presentava l’esposto in procura. Il solito copione della sinistra.
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