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Paolo Gentiloni fischiato alle festa del Pd di Reggio Emilia

Fabio Rubini
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Nervi tesi alla Festa dell’Unità di Reggio Emilia. A farne le spese è stato il commissario Ue uscente, Paolo Gentiloni. Mentre stava parlando alla platea, l’ex premier ha toccato due tasti dolenti rimediando in risposta una bordata di fischi e una piccola contestazione. Il primo riguarda l’arcinemico Matteo Renzi.

Parlando di alleanze e di campo largo, Gentiloni ha spiegato che «fa molto bene il Pd e Schlein a lanciare un appello all’unità a tutte le forze del centrosinistra. Bisogna lavorare per una coalizione larga, con tutte le forze che è possibile coinvolgere. Penso a Italia Viva». Appena pronunciata la formazione di Renzi dalla platea si è levata una bordata di fischi, che fa ben intendere di quale sia l’umore della base dem nei confronti del loro ex segretario.

 

 

 

Il secondo momento critico riguarda la guerra tra Russia e Ucraina. «Noi dobbiamo sostenere la difesa dell’Ucraina del proprio territorio. Dobbiamo essere lungimiranti - ha spiegato -: se questa storia va a finire male, se non consentiamo all’Ucraina di difendersi, non si avvicina la pace». È a questo punto che dal pubblico è partita una mini contestazione. Evidentemente al popolo di sinistra l’idea che l’Ucraina possa attaccare la Russia non piace.

Nel battibecco è stato coinvolto anche il giornalista Gianni Riotta che stava moderando l’incontro. Stizzito dalla contestazione, Riotta si è rivolto ad un uomo particolarmente agitato spiegandogli che «un tempo alla Festa dell’Unità l’avrebbero cacciata fuori... Lei è un maleducato, via, via, via!». In verità c’è anche un’altra possibile spiegazione ad entrambe le contestaziuoni. IOn platea oltre ai sostenitori del Pd- sicuramente la maggioranza - vi erano anche militanti grillini giunti a Reggio Emilia per ascoltare l’intervento di Giuseppe Conte, ospite della kermesse piddina. Possibile dunque che, soprattutto sulla Russia le contestazioni siano arrivate da quel settore.

Conte, salito sul palco subito dopo Gentiloni, non ha deluso le aspettative. Soprattutto quando ha ufficializzato quello che ormai tutti sapevano: tra lui e il fondatore Beppe Grillo è arrivato il tempo della resa dei conti finale. «Posso aver fatto tanti errori, ma nessuno mi può imputare quello di aver avviato un processo costituente che inizia dal basso, che si sviluppa dal basso e si concluderà dal basso coi voti degli istritti». Grillo? «Non voglio far polemica, ma sono dispiaciuto, sorpreso sconcertato. che in un processo costituente così radicale, così integrale e che non è mai istato fatto, mi sorprende che il nostro fondatore in questo momento entri a compromettere questo processo costituente».

Conte non lo dice, ma la scissione tra “fondatori” e “nuovi eretici” è ormai più che probabile. Anche perché nel pomeriggio l’ex ministro Toninelli è intervenuto a gamba tesa nella polemica: «Conte si crei un partito suo e lasci al Movimento Cinquestelle i suoi valori». Una scissione che potrebbe indebolire il campo largo prima ancora che lo stesso sia stato annunciato. Il primo banco di prova sarà la Liguria. Ieri il candidato in pectore della sinistra Andrea Orlando ha incassato il sì di Azione. I dubbi sulla possibile tenuta della coalizione però restano. Carlo Calenda ha accettato di appoggiare Orlando, ma ad alcune condizioni. In particolare l’esponente Pd ha dovuto garantire ad Azione che le grandi opere (quelle già iniziate e quelle in previsione) siano garantite, così come la leale collaborazione con la giunta Bucci, di centrodestra.

Orlando ha risposto affermativamente su tutto, ma come la penseranno i Cinquestelle, che al solo sentir nominare le parole “grandi opere” salgono sulle barricate? Lo scopriremo nei prossimi giorni. Certo è che ancora una volta il collante della sinistra che punta a campo largo alle regionali non sarà né il programma né le cose da fare, ma più prosaicamente la smania di battere il centrodestra e riprendersi le poltrone. Per fare cosà, non si sa.

 

 

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