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Italia Viva, Scalpelli lascia Matteo Renzi: "Non credo a quest'ammucchiata"

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"Chi mi ama mi segua", o forse no. Sergio Scalpelli, tra i fondatori del Foglio e coordinatore milanese di Italia Viva ha deciso di separarsi dal percorso del leader, Matteo Renzi. "Caro Matteo, non ti seguo", ha confidato l'ex assessore di Forza Italia meneghina.

Il motivo? "Credo in Matteo ma non in quest’ammucchiata di centrosinistra", ha argomentato in un'intervista al Giornale, dove poi ha spiegato per filo e per segno le sue convinzioni. "Mi sono fatto questa idea. Il Terzo polo ebbe nel 2022 un successo insperato, in tre settimane l'8% con punte del 12-15% in città come Milano, sembrava che un'area con identità lib-dem dovesse arrivare a un soggetto nuovo".

 

 

 

L'entusiasmo dura poco e "tutto si è sfasciato nella primavera '23, io penso per la inconsistenza politica di Calenda. Il risultato alle Europee è stato disastroso ma comunque il 7% in due partiti. Non si sommano? È vero in genere, lo so, ma l'elettorato quello è, sono perfettamente sovrapponibili. A giugno, poi, alcuni più progressisti hanno dato voto utile al Pd, altri più liberali popolari sono andati verso Forza Italia. Ma la nostra analisi era giusta, quello che viene chiamato il bipopulismo: da una parte i 5 stelle e Avs con Ilaria Salis candidata, e non dico altro, evito commenti, dall'altra la destra di Meloni purtroppo attratta dalla sua estrema, Salvini e Vannacci", ha affermato Scalpelli per cui oggi è tempo di profonde riflessioni.

"Matteo io lo capisco. Un minuto dopo la sconfitta lanciava la proposta Terzo polo con un terzo nome, né lui né Calenda. Se anche l'altro avesse fatto un passo indietro oggi parleremmo di altre prospettive. Poi ha detto: o Terzo polo-terzo nome o Margherita 2.0, un'area di centro che si allea con il Campo largo. Io ho detto subito: Terzo polo! È più faticoso ma certo va fatto, per i nostri contenuti".

Per l'ex coordinatore di Italia Viva ci sono questioni non negoziabili, come ad esempio "la politica internazionale: difesa totale dell'Ucraina, difesa totale di Israele e del suo diritto di esistere in sicurezza", e poi "Europa, con cessione progressiva di sovranità fra cui politica estera e difesa, e atlantismo. Su certe cose, per esempio il Medio oriente, il centrosinistra è più ambiguo del centrodestra, mi permetto di dirlo. E poi il garantismo e lo stato di diritto. Su Toti si è visto un atteggiamento inaccettabile, a fronte di un sequestro di persona del governatore, ai domiciliari finché non si dimetteva, loro hanno fatto una manifestazione. Nemmeno nel '93 con le monetine, è un rinserramento giustizialista. E poi tutta la questione della spesa pubblica e della produttività, e del mercato e della concorrenza che servono...".

Insomma, sono molteplici le ragioni che hanno spinto Sergio Scalpelli a lasciare il suo amico Matteo Renzi per cui in ogni caso resta quello "di Palla al centro, e resta un uomo di grandi sorprese e di valore, ma io non voglio stare in quella cosa lì, anche perché il Pd non è più quello del 40% del 2014. E c'è un pezzo di Paese che non vuole starci. Le evoluzioni di Tajani e le interviste di Marina Berlusconi dimostrano che Fi cerca autonomia e che quest'area pesa politicamente. In un Paese sempre governato dal centro, anche dal Cavaliere. Spero in Matteo, ma voglio lavorare a un rassemblement, più culturale che politico, per aiutare a liberare l'Italia da disgrazie politiche come i grillini e Vannacci. Vediamo che succede".

 

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