Gianrico Carofiglio, è stufo della sinistra musona: "La militanza non deve essere triste"
E alla fine è arrivato il più clamoro- so dei “contrordine, compagni”. Quello che nessuno si sarebbe aspettato. Quello che demolisce praticamente tutta la storia della sinistra italiana. Esageriamo? Mica tanto, in realtà. Ma giudicate voi...
Il protagonista di questa storia è Gianrico Carofiglio, uno che nella vita ha fatto molte cose e tutte con un certo successo: il magistrato, il senatore del Pd e lo scrittore. È pure un esperto di Karate, cintura nera sesto dan, roba da stare attenti a non litigarci, mica il classico intellettuale di sinistra sedentario e un po’ ingobbito...
Bene, ieri Carofiglio ha rilasciato una lunga intervista alla Stampa in cui ha voluto dare alcuni consigli ai suoi amici progressisti su come provare a vincere le elezioni (una volta tanto). In estrema sintesi, la sua idea è che serva una sinistra allegra, capace di far sognare e senza paura di parlare di ricerca della felicità. «La militanza non deve essere triste», spiega Carofiglio, e per battere la destra non è sufficiente «essere contro qualcosa, e nemmeno elencare il proprio programma, per quanto giusto e importante: le elezioni si vincono proponendo un sogno di futuro».
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Non solo. Carofiglio arriva a dire anche l’indicibile. E cioè che, in un certo senso, i compagni dovrebbero imparare addirittura da Silvio Berlusconi: «La più potente metafora politica degli ultimi 50 anni è sua: la discesa in campo. Nel ’94 era un termine usato dai telecronisti sportivi soprattutto per la Nazionale, evocava uno stadio festante, l’inno, i cori. Un fattore identitario per molti che erano delusi e lontani dalla politica. Dopodiché però era un sogno vuoto di contenuti: i progressisti devono sapere costruire metafore potenti per raccontare un mondo futuro possibile».
Dopo aver letto l’intervista, la prima considerazione che viene da fare è: Carofiglio ha ragione. Subito dopo, però, arriva la seconda: è impossibile. Una sinistra allegra? Che parla di sogni? Che non si limita a «essere contro qualcosa» e nemmeno a «elencare il proprio programma»? E quando mai l’abbiamo vista, qui in Italia, una sinistra del genere? Diciamo la verità: mai. I progressisti hanno scelto da decenni di recitare il ruolo del “compagno Folagra” dei film di Fantozzi, all’allegria hanno sempre preferito la tristezza (che forse fa più chic), ai sogni il disfattismo, alla ricerca della felicità la richiesta di un aiuto dallo Stato. Per il resto, la sinistra ha puntato tutto proprio sull’essere contro qualcosa, o meglio contro qualcuno: prima Berlusconi, poi Salvini, adesso la Meloni. Il messaggio è sempre il solito: fermiamoli, fermiamoli, che altrimenti torna il fascismo...
Già, il fascismo. È questo l’altro punto debole del discorso di Carofiglio. Se si sostiene che in Italia sono tornate le camicie nere, che c’è un regime che punta a togliere diritti, a limitare la libertà, a zittire i giornalisti, ad abbassare il salario a chi lavora e a tagliare le pensioni degli anziani... poi, scusate, come si fa a essere allegri? Eh no, bisogna andare in tv col volto serioso e il tono grave a parlare di “democrazia a rischio” e di “Costituzione sotto attacco”... altro che proporre «un sogno di futuro»...
Il problema non riguarda solo i politici dem, ma anche gli intellettuali di riferimento. Come lo stesso Carofiglio, che nell’intervista, dopo i consigli alla sinistra, passa agli attacchi a Giorgia: «Meloni e la destra raccontano un mondo di fantasia, una sorta di utopia di un passato inesistente». «La comunicazione imperniata sull’underdog ha funzionato, per quanto per certi aspetti fittizia e manipolatoria. Questa narrazione si innesta poi sul messaggio complottista». «Se esiste un sistema di potere che prova a sconfiggere chi ha vinto le elezioni? Non scherziamo. Esiste un vittimismo continuo». Ok, ok... ora basta, però...non aveva appena detto che la sinistra non deve solo essere “contro”?
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