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Leonardo Bertulazzi, il delirio degli anarchici: "Un patto tra governi fascisti"

Francesco Storace
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Sono anarchici, quindi autorizzati a delirare. Le reazioni della galassia ultrarossa all’arresto del brigatista rosso Leonardo Bertulazzi dopo oltre 40 annidi latitanza, sono patetiche e preoccupanti. Vero, ha oltre 70 anni, ma doveva scontarne poco meno di 30 per il sequestro dell’imprenditore navale Piero Costa. E invece scappò in Argentina e la sua latitanza dall’Italia è finita lo scorso 30 agosto. Le autorità argentine gli hanno revocato lo status di rifugiato – “maturato” nel 2004 dopo reiterate richieste italiane. Parliamo di un esponente di livello delle vecchie Br, e si distinse anche lui tra gli anni settanta e ottanta. Dettaglio di non poco conto è proprio il sequestro Costa. Esso fu organizzato per recuperare sostanze economiche da utilizzare per l’attività terroristica, tanto che con parte dei soldi ottenuti dal riscatto venne acquistato l’appartamento romano di via Montalcini in cui venne tenuto prigioniero Aldo Moro durante il sequestro. Una responsabilità enorme, dunque, per una delle azioni più clamorose nella storia delle Br.

Ebbene, solo ora Bertulazzi finisce in carcere ed è detenuto in regime speciale a Buenos Aires in attesa di presentare ricorso per l’arresto. Riferivamo delle reazioni in Italia, dove si fanno sentire i suoi fan che lo vorrebbe libero e impunito nonostante i reati commessi nel nome del terrorismo. i$ bastato il ringraziamento pubblico di Giorgia Meloni all’Argentina per far straparlare gli anarchici, che arrivano a sostenere la tesi dell’esistenza di «un accordo tra governi fascisti dietro l’arresto» di Bertulazzi e che il presidente Javier Milei abbia voluto offrire «la testa di Bertulazzi su un piatto d’argento alla sua amica e gemella politica Meloni». L’obiettivo – secondo costoro - sarebbe quello di condurre «una guerra ideologica contro i simboli della sinistra». Il che apre uno spazio al dibattito sul brigatismo che diventa simbolo della sinistra, il che farà impazzire quella ufficiale che scova terroristi sempre a destra e mai nei suoi archivi.

 

 


La lettura dei documenti anarchici è istruttiva, perché si arriva al punto di affermare che l’Argentina usa «toni da crociata» e che le accuse in capo a Bertulazzi sono «generiche e ideologiche», anche perché è stato «condannato per complicità nel sequestro Costa sulla base delle dichiarazioni di un pentito quando era già fuori dall’Italia». In pratica mezzo innocente, secondo la famosa giustizia del popolo. E chissà se lo stesso sequestro Moro sia solo un alibi... Infatti, la difesa di Bertulazzi arriva a mettere nero su bianco le responsabilità della direzione centrale della polizia di prevenzione italiana, accusandola di voler ottenere «il favore del governo argentino giocando la carta di un suo coinvolgimento nella vicenda Moro, ormai impiegata come un passe-partout, res nullius che chiunque può evocare a sproposito». Come se il sequestro e l’uccisione del presidente della Dc possano essere definiti solo un espediente per arrestare i suoi protagonisti e non una delle pagine più buie della democrazia italiana. Siamo alla vergogna diffusa per ideologia, la menzogna che diventa pratica politica. 

 

 

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