Pd, Enrico Morando stronca i dem: "Perché sbagliano sul referendum. E sulle alleanze...
Enrico Morando, partiamo da quello che lei e Giorgio Tonini avete scritto oggi. Cito: «La legge Calderoli (quella sull’autonomia differenziata, ndr) può e deve essere criticata», ma «è poca cosa per giustificare un referendum abrogativo». Lei è stato un parlamentare del Pd. Perché e dove sbaglia il Pd?
«Noi siamo partiti dalle tesi sostenute dal presidente del Comitato promotore del referendum, Giovanni Maria Flick, il quale ha detto che il vero obiettivo del referendum è il Titolo V della Costituzione e in particolare l’articolo 116, introdotto ormai da 25 anni nella nostra Costituzione e non ancora pienamente attuato. Flick ha detto: “Certo che il referendum si rivolge alla legge Calderoli che è ordinaria, ma il vero errore è stata la riforma del Titolo V e in particolare l’articolo 116”. Secondo noi questa posizione è sbagliata perché così il referendum ha un altro obiettivo, cioè la Costituzione modificata 25 anni fa, sulla base di un lavoro che si era sviluppato nella Bicamerale, con una intesa tra centrodestra e centrosinistra, che poi si è rotta».
Però il Titolo V prevede che poi venga attuato con una legge ordinaria. Perché il referendum sarebbe eccessivo?
«Che ci sia bisogno di una legge di attuazione non è scontato. Anche su questo punto c’è stata una discussione, tant’è che il tentativo di realizzare intese tra governo e regioni, per poi arrivare a sottoporre l’intesa a un voto parlamentare, si è sviluppato in assenza di una legge. A sollevare il problema della necessità di una legge, così da attuare meglio quel principio, fu il ministro Boccia con il governo giallorosso».
Boccia che però, oggi, è tra i più contrari alla legge sull’autonomia.
«Ripeto: è controverso che sia necessario fare questa legge perché l’articolo 116 non parla di norme attuative. Un conto è criticare la norma Calderoli, il quale a sua volta, per ragioni di partito, ha accelerato l’attuazione, vendendo cose discutibili, come quando sostiene che le risorse per attuare i Lep si possono ricavare dalla revisione della spesa sanitaria. Calderoli sa benissimo che i risparmi devono essere destinati a migliorare la sanità non a finanziare i Lep. La critica a Calderoli è giusta, ma reagiamo a chi dice che l’iniziativa referendaria è un giudizio negativo su una norma della Costituzione. Se il modello che volete proporre è il centralismo, non siamo d’accordo».
A meno che l’obiettivo non sia politico: promuovere una battaglia che unisca tutto il centrosinistra e sia popolare nel Paese.
«Tutte le iniziative politiche hanno obiettivi politici. Per esempio non è vero che avessimo l’obiettivo di inseguire la Lega quando facemmo il Titolo V. Tanto è vero che la Lega avversò quel referendum. Noi pensavamo che la domanda di autonomia che veniva dal Paese, non solo dal Nord, fosse giusta. Allo stesso modo io penso che se l’obiettivo è la legge Calderoli il referendum è troppo, a meno che l’obiettivo non sia la norma costituzionale. Ma allora sarebbe più onesto dirlo. Poi se ci sono altri obiettivi, lascio il giudizio ad altri».
Fatto sta che il Pd ha cambiato idea, sia rispetto a 25 anni fa, sia rispetto alle intese che solo pochi hanno molti suoi governatori hanno promosso. Perché?
«È una storia di cambiamenti. Quando la Lega è venuta sulle nostre posizioni, abbandonando la devolution e sposando l’idea dell’attuazione dell’articolo 116, noi (Pd) abbiamo cambiato idea. Io penso che mantenere fermo il carattere autonomista della nostra proposta sia positivo e necessario. Cosa ci voleva a inserire nella riforma della Costituzione la Camere delle Regioni? Se l’avessero fatto, il problema non ci sarebbe».
Anche sulla riforma del premierato il Pd ha cambiato idea, rispetto alla prima tesi dell’Ulivo che lo prevedeva...
«Il governo ha dato vita a un premierato che non sta in piedi. Contemporaneamente credo che il Pd sbaglia a non contrapporre il modello del primo ministro, tesi numero dell’Ulivo, alla soluzione pasticciata della Meloni».
Altro tema che ha diviso il Pd è la scelta di Kiev di colpire l'esercito russo anche oltre il confine ucraino. Alcuni parlamentari dem hanno sostenuto la scelta, ma il vertice del Pd ha preso le distanze.
«Io sono molto preoccupato della posizione del governo italiano, unico in Europa ad avere posto la questione dell’utilizzo delle armi date a Kiev, compresa l’iniziativa in corso. Sono preoccupato delle dichiarazioni confuse dei ministri della Difesa e degli Esteri. Chi governa ha più responsabilità, ma chi è all’opposizione dovrebbe mettere in rilievo le contraddizioni della maggioranza, mentre non lo sta facendo proprio per le divisioni che ci sono e che rendono la posizione dell’Italia in Europa più debole».
Cosa ne pensa dell’atteggiamento del Pd rispetto alla vicenda Toti?
«Non ho conoscenze sufficienti per dare un giudizio. Dico, però, che dopo aver introdotto, con un nostro voto favorevole, il principio del giusto processo, ci vuole la separazione delle carriere affinché la Costituzione sia effettiva. Così come sono d’accordo, insieme a tanti sindaci del Pd, con l’eliminazione dell’abuso di ufficio».
Un voto a Elly Schlein?
«Il Pd alle Europee non è andato male, grazie alla valorizzazione di tutte le risorse interne, comprese quelle dei riformisti. Dopo di che non è un mistero che Schlein ha posizioni lontane dalle mie».
Il Pd deve allearsi con Renzi?
«Per me sì. Quello che vedo è che abbiamo un deficit grave in termini di proposta di governo. Alle Europee gli elettori hanno rilanciato il bipolarismo e all’interno dei due poli hanno scelto di dare la maggioranza ai due partiti maggiori, Pd e FdI. Ora il Pd deve mettersi in grado di essere il perno del centrosinistra alternativo alla Meloni. Ci siamo messi in cammino, ma siamo molto lontani dalla meta. E in questo il contributo dei riformisti deve essere più intenso».
Schlein deve fare il candidato premier?
«Sì. Difendo questo principio a prescindere da chi è il segretario. Noi scegliamo il segretario con le primarie perché è automaticamente il candidato presidente del Consiglio e per questo lo facciamo eleggere anche dagli elettori. Detto questo, lo Statuto prevede anche l’ipotesi che prima delle elezioni, come accadde con Bersani e Renzi, ci sia la possibilità che nasca una proposta di diversa. In quel caso si tengono elezioni primarie. Ma è una eccezione rispetto alla regola».