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Strage di Bologna, Da Ustica alla P2: quando è la sinistra a criticare le sentenze

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Fabrizio Cicchitto
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Caro direttore, certamente in Italia le sentenze passate in giudicato (cioè quelle che dal primo grado di giudizio passano in appello e poi spesso vengono sottoposte al vaglio formale in termini di diritto in Cassazione) sono considerate del tutto valide sul terreno dei loro effetti giuridici e processuali. Ben diverso però è il discorso sul piano delle valutazioni giuridiche fatte in termini politico-culturali, ancor di più sul terreno storico e su quello strettamente politico. Su questi terreni in Italia, ma anche in tutti gli Stati democratici, la discussione sulle sentenze è sempre aperta.

Gli esempi sono innumerevoli. Il caso più clamoroso in materia riguarda la famosa questione della trattativa Stato-mafia: sono state emesse sentenze che hanno assolto gli ufficiali del Ros Mori, De Donno, Subranni eppure la questione è stata riproposta più volte in sede processuale, giornalistica e televisiva. Adesso che il nodo è stato definitivamente sciolto sul terreno processuale per ben due sentenze della Cassazione tuttavia la questione è stata riproposta sul piano del dibattito e addirittura la procura di Firenze sta cercando di trovare il modo per riproporla sul piano processuale.

 

 

A sua volta qualche tempo fa il presidente emerito della Corte Costituzionale Giuliano Amato ha fatto letteralmente polpette di non so quante sentenze su Ustica arrivando quasi a proporre sia pure il piano metaforico una sorta di dichiarazione di guerra alla Francia se Macron non si fosse affrettato a chiedere scusa alla Italia. Non parliamo delle sentenze sul caso Moro ma anche sulla P2 dove ben due sentenze passate in giudicato al Tribunale di Roma sono totalmente in contraddizione con la relazione Anselmi.

Potremmo continuare nell’elenco ma lei, caro direttore, ci bloccherebbe per un uso indebito delle pagine del suo giornale. Invece c’è un filone di sentenze che non può essere messo in discussione ed è quello riguardante la strage di Bologna del 1980 sia per la sua definizione di “fascista”, sia per la indicazione degli autori nelle persone di Mambro, Fioravanti come esecutori e di quella dei mandanti nelle persone di Gelli, Ortolani, Dambrosio e Mario Tedeschi, tutti defunti.

Oggi chi osa esprimere dubbi su tutti i termini di queste sentenze vie P2 ne trattato come fascista, come piduista, addirittura come probabile complice di mandanti ed esecutori. Eppure su questo dramma esiste una biblioteca di libri con tesi contrastanti e a suo tempo personaggi della sinistra certamente al di sopra di ogni sospetto come Rossana Rossanda, Furio Colombo, hanno avanzato forti dubbi sulla colpevolezza di terroristi fascisti che hanno confermato la loro responsabilità per decine e decine di esecuzioni terroristiche ma che hanno negato ogni partecipazione alla strage di Bologna.

A suo tempo Cossiga da presidente del Consiglio dichiarò fascista la matrice della strage ma successivamente, essendo presidente della Repubblica, rovesciò la tesi affermando di essere stato tratto in errore dai servizi segreti. È evidente che è in atto una incredibile forzatura quando solo e soltanto su questa sentenza si nega la possibilità di una discussione che invece si è sviluppata su tutte le altre. Il presidente Bolognesi ha affermato che le radici dell’attentato sono a pieno titolo nella destra che è al governo. La forzatura politica è evidente ma c’è anche qualcosa di più che riguarda il lontano passato.

Perché, come ha raccontato in un suo libro Antonio Padellaro, si incontrarono segretamente Berlinguer e Almirante che, anche in seguito a questi incontri, stabilirono fra di loro un rapporto così significativo che Almirante andò ai funerali di Berlinguer e a sua volta Pajetta si recò a quello del segretario missino; e si incontrarono per fare i conti con il pericolo del terrorismo rosso e nero che entrambi si erano ritrovati molto in vicinanza dei rispettivi partiti: Almirante perché Rauti e Ordine Nuovo pescavano nei pressi e dentro l’Msi, e Berlinguer perché “larete secchiana” (vedi “i ragazzi dell’appartamento di Reggio Emilia”), in alcuni dei suoi esponenti, era finita con il costituire il retroterra di un pezzo delle Br.

Ciò vuol dire che il nodo del terrorismo nel Msi fu affrontato non con Fini e con Fiuggi, che affrontarono la questione delle leggi razziali del fascismo, della democrazia e così via, ma molto prima con Almirante che ruppe con Rauti e con Ordine Nuovo facendo i conti con vicende e personaggi che avevano costituito il retroterra del terrorismo nero. Una ultima questione: con quale onestà intellettuale Paolo Bolognesi afferma che Nordio si è ispirato a Gelli per avanzare la proposta della divisione delle carriere fra magistrati? *Presidente di ReL Riformismo e Libertà.

 

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