Giovanni Toti, chi dopo di lui: nel centrodestra spunta il vice di Bucci
Si è dimesso, ha «dato tutto quello che poteva» e non si ricandiderà, benché la legge glielo consenta. Certo però non uscirà di scena e, oltre al processo, si occuperà ancora del futuro politico della Liguria, «alla quale tengo più che a me stesso» dichiara Giovanni Toti nella sua prima uscita pubblica dalla revoca degli arresti. Nella sua prima giornata genovese, dopo aver incontrato il suo avvocato, Stefano Savi, nello studio di questo in via XX Settembre, l’ormai ex presidente della Regione ha subito radunato al Novo Hotel tutti gli eletti della sua lista, dagli assessori ai consiglieri dei Comuni più piccoli. L’ostensione del capo. Tutti i protagonisti degli ultimi nove anni, il rinascimento ligure totiano, avevano bisogno di essere rinfrancati sul futuro, loro e del territorio.
E Toti non si è sottratto: «La gamba civica dovrà rimanere», ha ribadito quanto anticipato a Libero nell’intervista di ieri, la prima da uomo nuovamente libero. «Pronto a metterci il mio nome se sarà utile». È anche un messaggio agli esponenti più votati, che potrebbero essere tentati di migrare in altre formazioni dell’attuale maggioranza di centrodestra. Se lo faranno, sarà una loro libera scelta individuale perché su di sé, attraverso la candidatura della sua lista e dei suoi uomini alle imminenti regionali, l’ex governatore chiede il giudizio dei cittadini, che per lui conta anche più di quello dei magistrati: sono un corrotto o un buon amministratore?
"Più che con i pm ce l'ho con la politica": la pesantissima accusa di Giovanni Toti
L’ex governatore torna ad attaccare la politica, che ritiene più responsabile della magistratura nella sua incresciosa vicenda: «C’è bisogno di un intervento sulle leggi, perché oggi le norme consentono ai magistrati interpretazioni diverse da quelle che io e la politica riteniamo congrue». È il discorso dei pm che, con un’indagine, possono ribaltare il responso delle urne ma anche dei “limiti di potere di indirizzo politico di un amministratore rispetto ai suoi finanziatori”.
L’ex presidente vola alto, grandi temi, ma c’è un convitato di pietra, e lui lo sa benissimo: chi è destinato a prendere il suo posto in Regione Probabilmente anche di questo Toti ha parlato ieri, quando ha incontrato il sindaco di Genova, Marco Bucci, con il quale ha sempre avuto un forte sodalizio umano, politico, ma anche pratico, fattivo, una visione comune sul futuro da dare alla città e alla Liguria. Il nome forte è il leghista Edoardo Rixi, viceministro di Salvini alle Infrastrutture e terza punta del triangolo operativo che ha fatto volare la regione negli ultimi anni. Toti, e tutti, hanno pensato a lui, che però si è più volte sottratto, proprio perché forse troppo vicino all’ex governatore, contro il quale si aprirà in piena campagna elettorale un processo per corruzione.
C’è però una carta rimasta finora coperta, un nome che spariglierebbe i giochi ma sarebbe allo stesso tempo garanzia di continuità. È quello di Pietro Piciocchi durante il primo mandato di Bucci assessore al bilancio e promosso nel secondo vicesindaco, con ben venti deleghe, dal bilancio alle case popolari, dall’innovazione ai lavori pubblici, dal controllo delle partecipate all’attuazione delle riforme. Una persona «molto impegnata» come si definisce lui stesso, raggiunto al telefono, aggiungendo anche di essere sempre «al servizio delle persone», a conferma del suo profilo molto austero.
Piciocchi è un cattolico piuttosto tradizionalista, con sei figli, vicino all’Opus Dei ma capace di farsi spazio nella città italiana dove c’è forse la chiesa più rossa, quella che fu di Don Gallo, la più militante a sinistra. Un profilo forte, in totale contrapposizione ad Andrea Orlando, il candidato in pectore del campo largo della sinistra. Molto lontani ideologicamente ma anche sotto l’aspetto dell’esperienza sul territorio. Quando infatti non si occupa delle sue venti deleghe, il vicesindaco fa l’avvocato. Cause importanti, il suo studio è entrato in quasi tutte le maggiori vicende della città.
C’è un problema però, nessuno glielo ha chiesto... Così risponde Piciocchi, ma le bugie a fin di bene, eventualmente, non sarebbero un peccato capitale. La sinistra è agitata e da lì scommettono che qualcuno nel centrodestra lo avrebbe sondato. Sembra che a Rixi andrebbe benissimo e che Toti potrebbe convergere su di lui, nel segno della continuità. Se al punto di spostare sulla sua candidatura i voti della sua lista personale o, più probabilmente, semplicemente di sostenerlo come presidente, è decisione delle prossime tre settimane. Questo il tempo che il centrodestra si è dato: si partirà davvero dopo Ferragosto, come il campionato di calcio. La soluzione potrebbe andare bene anche a Fratelli d’Italia, che non ha un nome forte su cui vuol puntare in Liguria, e a Forza Italia. Toti ha dichiarato di essersi dimesso «per evitare uno scontro sulla pelle della Liguria» tra politica e magistrati.
Nessuno nel centrodestra ha voglia di scontri interni per scegliere il candidato. Significherebbe dilapidare l’eredità del presidente uscente, che si è dimesso quando il suo consenso in Regione era ancora maggioritario. I tre mesi agli arresti non hanno offuscato quando di buono fatto in nove anni, ma se la detenzione, con tutte le difficoltà pratiche che comporta in termini di amministrazione, si fossero prorogate, come paventato dai magistrati, fino a fine mandato, inverno 2025, le cose sarebbero probabilmente cambiate, il logorio si sarebbe fatto sentire. Sul tavolo resta sempre anche il nome di Ilaria Cavo, ex assessore di Toti e parlamentare di Noi Moderati, uscita pulitissima dall’inchiesta, ma al momento in salita sono le quotazioni di Piciocchi.
Il sequestro di Toti dimostra che in Italia il sistema democratico è a rischio