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Imane Khelif, l'allarme di FdI nel 2021: "Le ha rotto il cranio"

Andrea Muzzolon
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Pian piano, una concessione alla volta. Il tutto, in nome di un astruso diritto all’inclusione che con lo sport c’entra ben poco. Il pericolo, per cui atlete e femministe protestano da anni, è l’equiparazione di donne e trans nelle discipline. Il match di pugilato, valevole per la categorica dei pesi welter, che vedrà la nostra azzurra Angela Carini opporsi all’algerina Imane Khelif, è un perfetto esempio della deriva che si rischia di intraprendere.

Una situazione al limite, dato che l’atleta africana parrebbe non essersi mai sottoposta a transizione di genere. Avrebbe avuto invece delle differenze nello sviluppo sessuale: l’aumento del livello di testosterone nell’organismo, come nel suo caso, comporta una crescita della muscolatura più simile a quella di un uomo che di una donna.

 

 

 

Eppure dal Comitato Olimpico, le cui nuove linee guida sembrano mirare a una sempre maggiore inclusione, è arrivato il via libera. Una decisione pericolosa che potrebbe aprire le porte a nuovi casi sempre più estremi. In alcuni Paesi lo sconfinamento degli uomini nelle gare femminili è già realtà, con atleti trans arrivati a dominare le competizioni.

 

 

 

In Italia il dibattito sull’opportunità o meno di far gareggiare i transessuali con le donne era diventato un caso durante la discussione in Parlamento del ddl Zan. All’epoca, nel 2021, l’altolà era arrivato da Fratelli d’Italia che aveva portato casi concreti in cui erano evidenti le disparità. Il senatore Giovanbattista Fazzolari, sempre per restare nella cerchia degli sport di contatto come il pugilato, aveva raccontato le gesta di Fallon Fox. Il lottatore, diventato lottatrice di arti marziali miste, fra le altre cose aveva rotto il cranio a un’avversaria e causato sette fratture facciali- con annessa commozione celebrale- a un’altra. E meno male che in aula la dem Monica Cirinnà aveva assicurato che non c’era «nessun pericolo per nessuna donna».

 

 

 

Con le elezioni del 2022 e l’avvento della nuova legislatura, Fdi è voluta tornare sulla questione, presentando una mozione che porta come prima firma quella del deputato Francesco Filini. Il testo, ricordando le disparità comportate dalle differenze biologiche, impegna il governo Meloni a «non intraprendere iniziative legislative suscettibili di avallare la partecipazione di donne transgender nelle gare femminili». Non solo. Fratelli d’Italia vuole fare un passo ulteriore, chiedendo all’esecutivo di valutare «l'opportunità di revisionare la normativa in vigore al fine di assicurare che non si determinino svantaggi». Perché la meritocrazia e l’emancipazione femminile, anche nello sport, non vengano mai messe in secondo piano.

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