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Anticorruzione e nomine opache, FdI: "Il presidente si dimetta"

Tommaso Montesano
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La nota di Fabio Rampelli arriva nel primo pomeriggio di ieri. Il tempo di pesare l’effetto di quanto messo nero su bianco da Palazzo Chigi. L’esito è un documento che contiene la richiesta di “sfratto” per l’avvocato Giuseppe Busia, dal settembre 2020 al vertice dell’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) per volontà del governo dell’epoca, quello giallorosso presieduto da Giuseppe Conte. Troppo grave quanto confermato da Alfredo Mantovano, sottosegretario di Palazzo Chigi, in risposta a un’interrogazione indirizzata dallo stesso Rampelli - deputato di Fratelli d’Italia, vicepresidente della Camera - alla presidenza del Consiglio. La gestione di Busia, denuncia Rampelli, è «incompatibile con la tradizione e la vocazione dell’Anac». E richiede «le sue dimissioni dal mandato». Che, norme alla mano, dovrebbe invece durare sei anni.

LE CONFERME DELL’ESECUTIVO
Un passo indietro è necessario. Lo scorso 19 luglio il vicepresidente della Camera prende carta e penna per chiedere all’esecutivo «quali immeditate iniziative di competenza intenda assumere per ovviare alla mancata trasparenza delle decisioni» adottate dall’Anac. Nell’atto di sindacato ispettivo, Rampelli ricorda il conferimento degli incarichi di segretario generale a Renato Catalano e Filippo Romano senza «una procedura di selezione pubblica»; le «numerose ulteriori irregolarità» sulle assunzioni di personale «senza mai procedere alla pubblicazione del bando di concorso»; la mancata pubblicazione dei verbali «delle decisioni assunte nelle adunanze del Consiglio», con gli atti che risulterebbero secretati. Un quadro incompatibile, secondo l’accusa di Fratelli d’Italia, con la “mission” dell’Autorità, che richiede trasparenza. Replicando a Rampelli,

Mantovano ha confermato le «documentate violazioni di legge» da parte dell’Anac negli episodi denunciati dall’esponente di Fratelli d’Italia. Non mancando di calcare sulla mano su un comportamento «singolare» tenuto conto dei doveri di «pubblicità e trasparenza» cui deve attenersi l’Autorità. Da qui la possibile attivazione del «sindacato giurisdizionale», ovvero il potere concesso al giudice di pronunciarsi su atti, provvedimenti e comportamenti della Pubblica amministrazione. «Il governo non ha potuto fare a meno di certificare le documentate violazioni di legge da parte dell’Anac, anni luce distante da quei principi di trasparenza su cui l’Autorità stessa dovrebbe vigilare», sostiene Rampelli. Che aggiunge: «Quis custodiet ipsos custodes? Chi vigilerà i vigilanti?». È in questa citazione della locuzione latina tratta da Giovenale che si cela il motivo per il quale Fratelli d’Italia chiede a Busia un passo indietro: «Forse è venuta meno l’attenta vigilanza del presidente?». Di certo, sostiene il vicepresidente della Camera, «ora è il momento che qualcuno spieghi come tutto ciò sia stato possibile». Vale a dire che, nel corso del tempo, l’Anac sia venuta meno ai suoi principi, «conferendo incarichi, nomine, assumendo senza avvisi pubblici violando norme contrattuali nei confronti del personale e sentenze».

 

 

 

IL CURRICULUM
Busia è stato nominato, come detto, ai tempi del governo Conte due - una maggioranza Pd-M5S-LeU - in sostituzione di Raffaele Cantone, che si era dimesso nel luglio del 2019 per tornare in magistratura (oggi è capo della procura di Perugia). In precedenza l’avvocato sardo, 55 anni, era stato direttore generale del Garante per la protezione dei dati personali. Senza disdegnare la politica: già vicecapo di gabinetto di Francesco Rutelli presso il ministero dei Beni culturali, aveva ricoperto il ruolo di garante delle primarie del Partito democratico nel 2007. E fatto parte della “Scuola di politiche”, il “pensatoio” di area centrosinistra del quale ancora oggi fanno parte le parlamentari del Pd Anna Ascani e Lia Quartapelle, l’europarlamentare Irene Tinagli e l’ex ministro dell’Università e della ricerca (governo di Enrico Letta) Maria Chiara Carrozza.

 

 

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