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Emma Bonino premiata per il disastro alle urne: è presidente di +Europa

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Claudia Osmetti
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Il nome, tutto sommato, è sempre stato il suo. Nella primissima campagna di Più Europa era anche sul simbolo elettorale: “Con Emma Bonino”. Per quanto l’ultima corsa a Bruxelles sia stata disastrosa (non è servita a nulla neanche l’alleanza strategica con Italia Viva, la “strana coppia” Bonino Renzi è arrivata al 3,8% delle preferenze, praticamente una beffa considerando che la soglia di sbarramento era fissata al 4%), e per quanto anche la competizione precedente, quella delle politiche del 2022, sia andata nella medesima direzione (Bonino non è riuscita a entrare in Senato, perdendo la sfida, peraltro in un collegio storico, quello di Roma centro, all’uninominale, con Lavinia Mennuni di Fratelli d’Italia), l’assemblea nazionale di Più Europa punta, di nuovo, su di lei.

Bonino, Emma, la «zia d’Italia» (la citazione è sua), ex ministro degli Esteri e del Commercio internazionale, ex commissaria europea, ex parlamentare, 76 anni e una storia politica come indubbiamente ce ne sono state poche, prima con Marco Pannella ora con Benedetto Della Vedova: “acclamata”, almeno così dice una nota del suo partito, su Facebook, adesso, cioè domenica 21 luglio, a Roma, dopo una due giorni, presidente di Più Europa. I commenti, sotto al post, non sono tutti positivi: ma è la politica, bellezza. Anzi è la politica sui social: non sempre riesce. C’è la diretta su YouTube, ci sono gli interventi che si susseguono, le mozioni finali: come quella generale che firmano proprio Riccardo Magi, Della Vedova e Carla Taibi (la tesoriera). Dà mandato, la mozione, a Magi (il segretario piùeuropeista) di «proseguire, fuori e dentro il Parlamento, l’attività di opposizione intransigente al governo Meloni, facilitando il coordinamento delle forze di opposizione per contrastare le peggiori politiche della maggioranza».

 

 

 

Un po’ come è successo, su quel palco, a inizio mese, a Bologna, «per una grande intesa antifascista a difesa della Costituzione», niente di meno, dove Magi era l’unico dei liberali presente, stretto lì tra Giuseppe Conte, Nicola Fratoianni, Angelo Bonelli, Maurizio Acerbo, Elly Schlein e pure il presidente nazionale dell’Anpi Gianfranco Pagliarulo che faceva gli onori di casa: mentre sia Matteo Renzi che Carlo Calenda, parenti serpenti con Più Europa, per l’occasione avevano declinato l’invito. No-grazie-non-ci-sono-le-condizioni. Già. Niente. O forse qualcosina in più sì. Perché il compito di Magi ora prosegue nel «verificare i punti di convergenza con le forze liberali e democratiche, progressiste ed europeiste, per promuovere iniziative politiche condivise che segnino una possibile alternativa all’attuale maggioranza di governo». Difficile farlo, però, quando gli interlocutori si riducono a essere il campo ristretto del Pd con solo alcune eccezioni che virano più verso la sinistra grillin-verde-italiana che delle parti del centro liberale. No all’autonomia differenziata, no al premierato. È per questo, forse, che torna il nome di Bonino.
Voluta, cercata. Nonostante le ultime tornate elettorali, riconosciuta (dentro Più Europa e soprattutto fuori).

 

 

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