Fratoianni sul giornalista pestato da CasaPound: "Dite fascisti! Ma questo è l'indirizzo del governo"
Un episodio vergognoso, a Torino, dove un giornalista de La Stampa, Andrea Joly, è stato aggredito nella serata di sabato 20 luglio da alcuni militanti di CasaPound. Il tutto in via Cellini, all'esterno del circolo Asso di Bastoni, storicamente frequentato da militanti di estrema destra. Per l'aggressione, documentata da alcuni filmati, la Digos ha già individuato due responsabili.
"A Joly è stato intimato di consegnare lo smartphone, quindi lo hanno minacciato e aggredito, mentre lui si allontanava lo hanno calciato facendolo cadere e a quel punto lo hanno colpito con dei calci. Il giornalista è stato costretto a farsi medicare in ospedale", fanno sapere gli inquirenti. Il giornalista, infatti, stava filmando quanto accadeva all'esterno del circolo. Per i due fermati, si profila una denuncia per lesioni personali collegate all'aggravante del reato commesso "per agevolare l'attività di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi" che abbiano tra i loro scopi "la discriminazione o l'odio etnico, nazionale, razziale o religioso".
Un episodio condannato in modo netto, inequivocabile e tempestivo, da ogni parte politica. Giorgia Meloni compresa: "È un'aggressione inaccettabile, è un atto di violenza che condanno con fermezza e per il quale mi auguro i responsabili siano individuati il più rapidamente possibile". Nette parole di condanna anche da Matteo Piantedosi, ministro degli Interni, da Ignazio La Russa, Lega, Forza Italia, oltre alle prese di posizioni di moltissimi esponenti di maggioranza.
Eppure, come sempre in questi casi, alle opposizioni non basta. O meglio, la sinistra usa l'aggressione per puntare il dito contro il governo, contro la presunta "onda nera", contro il ritorno del fascismo. Elly Schlein, per esempio, si dice molto preoccupata "per il clima di impunità che continuiamo a registrare di fronte a episodi così gravi". Anche se non è chiaro dove stia, l'impunità. Medesimo il registro scelto da Giuseppe Conte: "I campanelli di allarme su alcune derive antidemocratiche nel nostro Paese hanno già suonato più volte. Alla politica e alle forze sane il compito di intervenire per mettere fine a questi deliranti rigurgiti di arroganza e violenza", sparacchia il grillino.
Ma nel profluvio di dichiarazioni più contro il governo che contro l'aggressione piovute dalle opposizioni, come spesso accade, si distingue in peggio Nicola Fratoianni, leader di Sinistra Italiana, il quale le spara davvero grossissime. "A destra hanno timore nell'usare la parolina 'fascisti'... Lo scorso 3 luglio il ministro dell'Interno Piantedosi nel rispondermi nell'aula di Montecitorio sui fenomeni di violenza neofascista, scelse si fatto di non rispondermi, confermando così l'indirizzo del governo Meloni di non voler riconoscere la realtà e di sottovalutare volutamente i rischi che il nostro Paese sta correndo di fronte al ripetersi di tali episodi", afferma Fratoianni. Parole gravissimi, quasi ad evocare una sorta di connivenza tra l'esecutivo e le frange violente. Un'assoluta follia, ovviamente.
"Oggi è toccato ad un giovane giornalista de La Stampa - riprende Fratoianni - , vittima dei colpi inferti da militanti di Casapound a Torino. A lui, al direttore e a tutte e a tutti i giornalisti de La Stampa la nostra solidarietà". E ancora: "In attesa che da Palazzo Chigi e dal Viminale si muovano rimane il fatto che tutti gli esponenti politici e di governo della destra che finora hanno parlato si son ben guardati dall' utilizzare la parola 'fascisti', e non è un bene. Anche per questo rinnoviamo con decisione la richiesta alla presidente del consiglio: quando intende sciogliere le organizzazioni neofasciste, se non ora?", conclude Fratoianni. Il solito ritornello, dato che l'operazione non è realizzabile per decreto. Ma, soprattutto, la solita amnesia: per quanti anni ha governato la sinistra senza "sciogliere le organizzazioni neofasciste"? E perché non lo hanno fatto?