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Toti, i partiti di sinistra pagano il viaggio a chi andrà a Genova e contestarlo

Giovanni Toti

Giovanni M. Jacobazzi
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È prevista per oggi pomeriggio a Genova la manifestazione organizzata dal Pd, Movimento Cinquestelle e Alleanza Verdi e Sinistra per chiedere le dimissioni del governatore della Liguria Giovanni Toti, agli arresti domiciliari da oltre due mesi. L’allegra brigata “progressista-manettara”, con in prima fila Elly Schlein, Giuseppe Conte, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, si è data appuntamento nella centralissima piazza Raffaele De Ferrari, sede della giunta regionale, alle 17.30.

«A voi sembra normale che un’intera Regione bella, forte, piena di risorse come la Liguria sia bloccata da mesi per le vicende giudiziarie di un governatore agli arresti domiciliari che non vuole dimettersi? A noi no. La politica torni a mettere le emergenze dei cittadini al centro delle proprie preoccupazioni», ha scritto su X Conte che un tempo si vantava anche di essere “l’avvocato del popolo”, prima evidentemente di dimenticarsi del principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza e del fatto che i processi in Italia si fanno ancora nelle aule di giustizia e non nelle piazze.

 

 

 

«Mettere al centro la Liguria e i suoi bisogni. Finalmente andiamo in piazza insieme e per dire una cosa semplice: la Regione Liguria deve essere dissequestrata e la parola ridata ai cittadini. La situazione di cui la Liguria è ostaggio va avanti da troppo tempo, è giusto dare un segnale e farlo insieme», ha dichiarato Fratoianni in una intervista ieri al Secolo XIX. Per il leader di Sinistra italiana, che nei mesi scorsi si è battuto pancia a terra per far scarcerare dall’Ungheria l’antifascista Ilaria Salis, «dovrebbe essere evidente a tutti che dopo più di due mesi questa situazione è destinata a creare un danno ai liguri, un danno che si può evitare solo se il presidente si dimette». Garantista solo con chi vuole lui, dunque.

«Più Europa non ci sarà, nella convinzione che sia un errore spostare lo scontro politico sul terreno giudiziario», ha invece fatto sapere Riccardo Magi. «Mi ha stupito la partecipazione del Pd, nonostante molti suoi amministratori abbiano passato le forche caudine di inchieste cadute nel vuoto. Vi sono tante buone ragioni politiche per attaccare Toti, dalla gestione della sanità a quella dei trasporti regionali», ha aggiunto il segretario di Più Europa. Alla manifestazione non prenderanno parte neppure Azione e Italia Viva.

Fra i politici che hanno già dato conferma spicca il dem Andrea Orlando, candidato in pectore per la presidenza della Regione Liguria se Toti dovesse dimettersi. «ll mio sogno sarebbe che le opposizioni andassero a Genova non per chiedere le dimissioni di Toti ma per manifestare contro la procura e per chiedere la scarcerazione del governatore. So che questo non è possibile e che ci vorranno ancora degli anni per avere una sinistra garantista», è stato il laconico commento del direttore dell'Unità Piero Sansonetti. «Evitiamo almeno di dare il messaggio di una sinistra debole ma maramalda, che si accanisce coi prigionieri e si genuflette ai pm», ha poi aggiunto il giornalista ricordando che l’iniziativa di oggi «fa tornare inevitabilmente alla memoria gli anni di Tangentopoli con un “piccolo” particolare: non si era mai vista prima di oggi una manifestazione di partito, con tanto di pullman per portare le persone in piazza, per protestare contro un detenuto».

 

 

 

Tornando all’inchiesta, ieri Toti ha incontrato l’assessore Giacomo Giampedrone. È stato il primo dei tre incontri con esponenti politici che i magistrati genovesi hanno autorizzato. Domani dovrebbe vedere Salvini. Il governatore non è preoccupato della manifestazione odierna della sinistra, ma «dimostra l’assenza di un progetto e anche il rispetto delle istituzioni che pure chiederebbero di rappresentare», ha detto. «Saranno gli stessi liguri a scegliere tra passato e futuro, quando si andrà alle urne. Perché», ha concluso il presidente, «di certo si andrà al voto, non perché lo chiedono le piazze facendo strame di ogni principio, ma perché siamo in democrazia».

 

 

 

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