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La figuraccia dei Verdi sul Piano Mattei

Andrea Valle
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«Politica neocoloniale». «Accaparramento delle terre da parte delle multinazionali». Il progetto per l’Africa del governo italiano non piace al Verde Angelo Bonelli. Malgrado il fine, dichiarato e messo nero su bianco negli accordi siglati con i Paesi coinvolti, sia quello di formare in loco una nuova classe imprenditoriale nel settore agricolo. A cominciare dai dirimpettai del Nord Africa. Per poi allargare progressivamente la penetrazione in tutto il continente.


Tra i protagonisti del “Piano Mattei” finito nei giorni scorsi nel mirino di Bonelli c’è il gruppo italiano Bonifiche Ferraresi - colosso dell’agritech quotato a Piazza Affari e guidato da Federico Vecchioni - che ha messo in piedi una struttura di caratura internazionale (BF International) per replicare l’indiscusso know how italiano nel settore primario in Africa e non ha affatto gradito le accuse di “neocolonialismo” legate proprio al progetto firmato qualche giorno fa dal gruppo. «Il ministro dell’Agricoltura, Lollobrigida», ha tuonato Bonelli, «era in Algeria per siglare il maxi accordo da 420 milioni di dollari sull’“agricoltura sostenibile”, coinvolgendo la holding BF Spa che gestisce la selezione, lavorazione e vendita delle sementi. A questo si aggiunga che gestisce anche la trasformazione dei prodotti e la loro commercializzazione nei canali della Grande Distribuzione. In realtà, con il Piano Mattei, oltre 1 milione di ettari di terreni agricoli situati nell’Africa centrale, in aree con il più alto indice di mortalità per fame, verranno trasformati per coltivare biocarburanti, non cibo per sfamare le popolazioni locali, ma energia che utilizzeremo noi italiani. In questo modo, pensano di fermare le migrazioni rubando le terre al popolo africano».

 


Tutt’altro, come emerge chiaramente dal contenuto degli accordi, il lavoro di Vecchioni. «BF opera in Africa come in altri continenti nell’esecuzione del suo piano di internazionalizzazione con tutta la filiera dei suoi partner e con tutto il know how che può mettere a disposizione delle comunità locali. E così come in Italia lavora anche nei Paesi dove è chiamata a operare», ha scandito l’imprenditore intercettato dall’agenzia specializzataAgricolae.eu, puntualizzando che «tutto lo sforzo va a beneficio delle popolazioni del posto: creando lavoro, portando conoscenze e tecnologie, investimenti e lasciando sul posto i prodotti e il valore generati e il know how per continuare a generarli. BF valorizza e gestisce la terra che le viene assegnata, non la compra. Né esporta nulla verso mercati terzi, ma, al contrario, destina tutto ai mercati locali. Una logica inclusiva e di comunità capace di realizzare percorsi di sviluppo delle risorse umane con una politica di formazione rivolta alla valorizzazione del tessuto di piccoli e medi agricoltori riscattati dalla miseria alla quale sono spesso condannati in certi contesti. Ogni affermazione contraria», ha spiegato Vecchioni senza mai citare Bonelli, «è figlia di ignoranza e cinica disinformazione. Offende il lavoro di tanti italiani, l’impegno dei nostri imprenditori, l’onore del nostro Paese e l’amicizia dei popoli che ci accolgono».


Difficile dargli torto: in Algeria sono già iniziati i lavori di preparazione del terreno e a novembre verranno piantati i primi semi. Un progetto concreto perché e stato calcolato che creerà 6mila posti di lavoro a tempo indeterminato e 6.500 a termine. Il primo impegno tangibile sorgerà tra Adrar e Timimoun, nel centro del Paese, da utilizzarsi sia per le produzioni agricole di cereali e legumi secchi e per la realizzazione di fabbricati da destinare alla lavorazione dei generi alimentari. Il progetto italiano prevede anche la realizzazione di dodici silos per lo stoccaggio dei prodotti agricoli (con una capacità complessiva di 62.000 tonnellate). Ma Bonelli, dopo aver dichiarato un po’ su tutti gli argomenti (dalla caccia agli stambecchi al futuro ponte di Messina), ha voluto contestare pure i progetti messi in piedi dal governo sotto il cappello del “Piano Mattei”. 

Eppure Palazzo Chigi e il ministero dell’Agricoltura hanno messo da tempo in chiaro le intenzioni: «C’è la volontà di fermare la migrazione illegale, dando la possibilità ai cittadini africani di emigrare o rimanere se hanno occasioni di lavoro, facendo crescere la produzione e la ricchezza di alcuni Paesi», ha spiegato il titolare del dicastero Francesco Lollobrigida.


Più chiaro di così il ministro Lollobrigida non poteva esserlo rispondendo, nelle ore scorse al question time alla Camera a un’interrogazione sullo sviluppo di una filiera integrata in ambito cerealicolo tra Italia e Algeria, alla luce del recente accordo sottoscritto fra Bonifiche Ferraresi Spa e il Fondo nazionale di investimento algerino, che prevede una concessione strategica da parte del governo algerino di 36.000 ettari, che la società Bonifiche Ferraresi recupererà all’uso agricolo. Non più tardi di lunedì scorso a Maputo, in Mozambico, è stata finalizzata l’intesa per la costruzione e per l’equipaggiamento del Centro Agroalimentare di Manica.L’iniziativa strategica - del valore di 38 milioni, finanziato con risorse del ministero degli Affari Esteri- contribuirà «al rafforzamento della sicurezza alimentare, della promozione dell’agricoltura sostenibile e del sostegno all’inclusione femminile e giovanile nel tessuto imprenditoriale locale». Ora l’intenzione è di duplicare in altri Paesi le iniziative di collaborazione. 

 

 

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