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Autonomia, la sinistra in estinzione arruola pure il Wwf per il referendum

Francesco Specchia
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Guardate questa foto straordinaria. Osservate i sorrisi belli pienotti, gli sguardi rilassati, le pose da gita scolastica. Godetevi il nostro Nouveau Front Populaire che ha trovato la sua personale Marine Le Pen a Palazzo Chigi. È l’Esercito Zapatista di Liberazione dall’autonomia differenziata, è il sinistra finalmente unida Jamás Será Vencida, è l’opposizione che richiama in trincea le menti migliori della sua generazione, e che finisce per affidarsi solidamente al Wwf (che, per inciso ha lasciato il suo direttore generale Alessandra Prampolini fuori dall’inquadratura).

Un’alleanza invincibile: da Renzi al Wwf. Però. Guardate questa foto. E immaginatevi, in sottofondo, la colonna sonora di CarloRustichelli, «Leoni al vento, orsù, marciam/Branca, branca, branca/Leon, leon, leon…». Guardate questa foto da album di famiglia allargata alla perenne ricerca del proprio campolargo. Ognuno degli effigiati nella fotografia, ogni arteficie di quest’impresa storica, sta raccogliendo le 500mila firme per il Referendum contro l’autonomia; molti di loro sono gli stessi che quell’autonomia già l’introdussero in Costituzione. Nel portfolio della nazione, ognuno di loro ha un suo perché, un piglio ideologico, una dida biografica, da leggersi, nella foto, rigorosamente da sinistra a destra...

 

 

 

1) Raniero Luigi La Valle.
A vederlo così sgualcito sembra il vecchietto del cartoonUp!, “un’avventura per famiglie”. E la sua avventura privata con la Pace, terra, dignità di Michele Santoro alle Europee, a 84 anni, be’ è finita prima ancora di cominciare. Eppure i nostri nonni e i nostri padri La Valle lo ricordano giornalista al Popolo di Aldo Moro, e poi pseudopolitico sferzante e sterzante a sinistra: prima con l’ossimorica invenzione di Sinistra Cristiana – Laici per la Giustizia, poi con La Rete di Leoluca Orlando, dopo con la Lista comunista Anticapistalista. Raniero si impegna, si impegna ma non ce l’ha mai fatta sul serio. La Valle di lacrime.

2) Riccardo Magi.
Forse è l’unico non comunista nella foto, ma non lo sa. Radicale resipiscente, eretico intermittente, Magi, in qualunque lista militi (da ListaAmnistia Giustizia e Libertà a +Europa, nell’immarcescibile culto della Bonino) finisce sempre incastrato nella sua foga polemista; e viene sempre attraversato dal riflesso pannelliano del referendum. Per Magi il referendum è forza primordiale, dimensione dello spirito, afflato erotico. Ne vede uno e subito ci si butta, il penultimo sul traffico di Roma, l’ultimo questo. Ci si butta. Certe volte, Magi si butta anche sotto le macchine dei premier, in Albania. Comunque sia, un indomito.

3) Rosy Bindi.
Bindi, sempre Bindi, fortissimamente Bindi. «Bindi è il profilo giusto per guidare una rapida transizione verso la normalità», diceva di lei Nichi Vendola. Rosi emanava una particolare fragranza di immortalità. Mai ricandidata dal Pd, oggi è riapparsa dalle ombre ergendosi a templare della Costituzione, e se ne sta in prima fila tra i referendari. Rosaria l’immacolata è come l’aria: quando c’è non te ne accorgi. Ma quando c’è te ne accorgi anche troppo. Notare le scarpe celestiali...

4) Maria Elena Boschi.
Solo tre mesi fa si era schierata con tutto il partito a fianco del centrodestra in Basilicata: «Bardi ci ha convinti», riferì. Ora, invece, l’hanno convinta Conte, Fratoianni&Bonelli, finanche Landini. Sono stati meno convinti di questi convincimenti gli elettori di Iv. Ma, come nei caroselli di Virna Lisi, Maria Elena con quella bocca può dire ciò che vuole...

5) Maurizio Landini.
Casualmente è il baricentro grafico della foto di famiglia in un esterno; e un’analisi freudiana ne rivelerebbe probabilmente un desiderio di leadership del centrosinistra. Onnipresente, carismatico geniale nel cavalcare tutte le battaglie anche quelle non sue, il segretario della Cgil si macera in tre ossessioni: il fascismo, il capitalismo e, soprattutto, la proprietà privata. Occhio. Non è colpa sua, è il vecchio istinto da falce e martello. Sin da quando era apprendista saldatore, appena sente, legge o vede “proprietà privata” – dai libri di Adam Smith ai cartelli attaccati ai cancelli sotto i divieti di sosta - Landini va quasi in trance, si irrigidisce e gli torna su tutto Marx. Da anni, immedesimatosi nella parte del dirigentone, indossa giacche a raffica. Ma sbaglia le cravatte.

6) Angelo Bonelli.
Il cognome mi evoca sempre Sergio Bonelli, l’editore di Tex Willer. E come Tex, l’Angelo è precisissimo nello spararle a lunga gittata e con precisione ineffabile. L’ultima sparata è stata la proposta di introduzione del«reato di negazionismo climatico»; la penultima l’ennesima proposta di patrimoniale; la terzultima, l’invenzione dell’eurodeputata Ilaria Salis, quattro condanne passate in giudicato, che inneggia contro la proprietà privata; la quartultima l’invenzione del deputato Soumahoro. Le spara. La mira difetta, ma non gli manca la fantasia.

7) Elly Schlein.
Di questi tempi di emozioni elettorali variabili e di cambi di campo e di colori politici, il suo armocromista sarà impazzito. La segretaria del Partito Democratico uscito rinvigorito dalle Europee resta, almeno e comunque, una che ha una sua certa qual idea della politica. Magari è un’idea contorta, ma ce l’ha. Resta da vedere, come dice Calenda, come Elly farà con questa «accozzaglia populista e largamente filoputiniana con una spruzzata di centrino opportunista» riunitasi attorno al referendum. Un problema alla volta.

 

 

 

8) Antonio Russo.
Il portavoce delle Acli, la fervida Associazione dei lavoratori cristiani, è devotamente convinto che «la legge sull’autonomia differenziata divide l’Italia e aumenterà le disuguaglianze perché fa parti uguali fra disuguali». Ed è pure persuaso che «l’autonomia rappresenta una pericolosissima deriva, non solo per l’economia, perla sanità, perla crescita sociale di questo Paese ma anche per la stessa democrazia». Russo è, in sè, un essere pacifico, con un alto grado di afflato penitenziale. Sta ai cattocomunisti come il Wwf agli animali in estinzione.

9) Giuseppe Conte.
Il Presidente del Movimento Cinque Stelle ragiona da sughero- come dice Maurizio Gasparri -, riesce a galleggiare su qualunque materia e antimateria. Talora si adatta talmente all’ambiente da mutare perfino fisicamente. Oggi, in attesa di essere ammesso nel gruppo europeo della sinistra radicale, Conte ha cominciato a nascondere la pochette e i blazer, e a vestirsi come i comunisti di una volta. La giacca grigiamente stazzonata, e la stessa cravatta di Landini.

10) Nicola Fratoianni.
Il Clint Eastwood della sinistra italiana. Pensieri impenetrabili, sempre pronto a far fuoco, lo sguardo dello straniero senza nome che aveva due sole espressioni, una col sigaro e l’altra senza sigaro. E Fratoianni non fuma. Diritti Lgbt, scuola pubblica, tassa sui ricchi, antimilitarismo, salario minimo sono i suoi mantra giustamente sinistrissimi. Il segretario in dupelx di Avs è anche quello che propone l’istituzione dello psicologo di base gratuito per tutti. Idea sempre più impellente, specie da quando ha aumentato la sua frequentazione col Pd.

11) Ivana Veronese.
L’occhio livido e attento, l’outifit sempre virilmente perfetto, la loquela attenta e puntuta: la segretaria confederale della Uil è una politica sottotraccia. Che siano la direttiva Ue sullo strupro, i conti dell’Inail, la sicurezza sul lavoro, Ivana brilla nel crepuscolo. Vanta in curriculum deleghe ubique e trasversali: Politiche attive e passive del lavoro, Immigrazione, Mezzogiorno e Coesione territoriale, Federalismo, Fiscalità Locale, Politiche regionali e Fondi Strutturali e di Investimento Europei, Contrattazione territoriale, Trasporto pubblico locale, Società partecipate, Pari Opportunità. Poteri silenti.

12) Maurizio Acerbo.
Le ha tutte. La sua biografia recita «a partire dalla prima superiore è stato attivo nei collettivi studenteschi di stampo pacifista, ecologista e di solidarietà internazionale, con particolare attenzione alla rivoluzione sandinista in Nicaragua, all’Unità Rivoluzionaria Nazionale in Guatemala, al Fronte Farabundo Martí in El Salvador e al movimento zapatista in Messico». Dall’Unità Rivoluzionaria Nazionale Guatemalteca al consiglio comunale di Pescara: le frequentazioni di Acerbo lo collocano più dalle parti del Mario Brega romanissimo di Un sacco bello («Ahò, io so’ comunista così», col doppio pugno) che da quelle di Fausto Bertinotti.

13) Stefano Ciafani.
Erede a Legambiente del mitico Ermete Realacci, ingegnere ambientale, l’altro giorno ha affermato che «l’Italia è sulla strada giusta nonostante il Paese», lodando il nostro record di produzione di energie rinnovabili. Meloni regnante. I compagni hanno fatto finta di nulla, ma sono ancora sotto choc...

14) Le statue del gruppo bronzeo del monumento a Camillo Benso di Cavour.
Arruolate come tutti quelli inquadrati nella foto-opportunity, le statue si ergono in secondo piano, sono l’”Italia” in piedi e “Roma” seduta. Invisibili e non presi in considerazione gli altri elementi dell’opera: il “Pensiero” e l’ “Azione”. La latitanza dell’Azione dalla nostra armata si spiega con la defezione di Carlo Calenda. Sulla latitanza del Pensiero, be’, si potrebbe aprire un dibattito...

 

 

 

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