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Sergio Mattarella censurato dalla sinistra per colpire Giorgia Meloni

Sergio Mattarella

Tommaso Montesano
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E Sergio Mattarella, improvvisamente, scomparve. È curioso il destino del presidente della Repubblica sui giornali che occhieggiano a sinistra. In soldoni: se ciò che il capo dello Stato sostiene può essere interpretato, e usato, per colpire il governo, ben vengano i titoloni sulle prime pagine. Se, invece, sullo stesso argomento, dal Quirinale arrivano ricostruzioni che non solo smentiscono le letture dell’opposizione, ma addirittura danno ragione al presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ecco che il “Mattarella pensiero” esce dai radar. Il tema è sempe quello delle «democrazie imperfette» che «vulnerano le libertà», cuore dell’intervento del capo dello Stato alla cerimonia di apertura della 50esima edizione della settimana sociale dei cattolici in Italia. Per capire cosa sia accaduto, è doverso un passo indietro.

A Trieste, mercoledì scorso, Mattarella tiene una lectio magistralis sui rischi che derivano da una «democrazia a bassa intensità». Come è noto su alcuni quotidiani- complici anche le “grida” di esponenti del centrosinistra passa il messaggio che il Colle abbia inteso lanciare bordate all’indirizzo della riforma del premierato. Basti ricordare un paio di titoli di Repubblica - «Mattarella: non al potere illimitato» - e Stampa («Riforme e democrazia, allarme di Mattarella»). Una lettura semplicistica che ignora, o finge di ignorare, i riferimenti storici del presidente della Repubblica ad Alexis de Tocqueville, Norberto Bobbio, Egidio Tosato, Guido Gonella, Alcide De Gasperi, Paolo VI e don Lorenzo Milani.

Fatto sta che per tutta la giornata, complice anche l’intervento del leader della Lega, Matteo Salvini, infuria la polemica. Poi, però, succede che in serata il capo del governo, intervistato da Paolo Del Debbio, conduttore di Dritto e rovescio, su Rete4, dica la sua. «Io francamente non ho letto, a differenza di altri, nelle parole del presidente della Repubblica un attacco al governo e penso che non si faccia un favore alle istituzioni di questa nazione e al presidente della Repubblica se ogni cosa che dice viene strumentalizzata come se fosse il capo dell’opposizione», risponde- a domanda - Meloni. Quello di Trieste, aggiunge, «era un discorso molto alto». Le prime agenzie di stampa “battono” le parole del presidente del Consiglio alle 20,04. E il bello deve ancora venire. Alle 21,38, infatti, “fonti del Colle” mettono a verbale che «la valutazione espressa dalla presidente del Consiglio sulle parole pronunciate dal presidente della Repubblica viene considerata corretta al Quirinale».

Traduzione dal felpato linguaggio istituzionale: sull’intervento di Mattarella a Trieste l’interpretazione corretta è quella di Meloni e non già quella del centrosinistra (politico e non) con i presunti riferimenti alle pericolosissime riforme dell’esecutivo di centrodestra. A questo punto ci si aspetterebbe, da parte di quei quotidiani che hanno enfatizzato, strumentalizzandole, le parole del capo dello Stato, adeguato risalto alle puntualizzazioni in arrivo dal Quirinale. Invece, niente. O meglio: la smentita del Colle c’è, ma per scovarla occorre armarsi di lente d’ingrandimento. Repubblica in prima pagina si concentra sull’«attacco di Salvini a Mattarella. Poi il dietrofront». Nel servizio interno, il titolo è sempre sul leader della Lega («Salvini contro Mattarella»), mentre al richiamo del Colle è dedicata solo una riga del catenaccio. A Repubblica fanno finta di nulla, in pratica. «Dal Quirinale trapela che il ragionamento della premier corrisponde a quanto espresso dal presidente Mattarella», è scritto all’interno dell’articolo. Il minimo sindacale.

 

 

Eppure il giorno prima sui virgolettati di Mattarella era stata costruita la prima pagina. Lo stesso succede alla Stampa. Titolo di apertura: «Salvini attacca Mattarella». Delle precisazioni del Colle sull’autentica interpretazione delle parole del presidente della Repubblica non c’è traccia. Nelle pagine interne, alla vicenda è dedicato un “retroscena” sulle relazioni tra Palazzo Chigi e Quirinale, ma sempre avendo come convitato di pietra Salvini. «Lo stop di Meloni al vicepremier: il presidente non si attacca». Catenaccio: «La premier ottiene la rettifica: “Ma non si strumentalizzi”. Il Quirinale apprezza». Messa così, pare che l’apprezzamento del Colle sia riferito più al presunto rimbrotto del capo del governo al suo vice che non alla dichiarazione con la quale in tv Meloni ha fatto giustizia sulle false intenzioni anti-governative attribuite a Mattarella. Così non deve stupire che ieri mattina, aprendo la direzione nazionale del Pd, la segretaria Elly Schlein - si presume dopo aver letto i quotidiani - nel corso di un passaggio della sua relazione dedicato alle riforme abbia sollecitato un applauso per il capo dello Stato “baluardo anti-meloniano”: «La democrazia è qualcosa di più complesso di quel giorno, ogni cinque anni, che ti lasciano per andare ad acclamare un capo». L’ennesima tirata di giacca.

 

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