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Anpi-sinistra, la grande ammucchiata a Bologna per fermare Giorgia Meloni

Elisa Calessi
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Le foto di gruppo, al centrosinistra, non hanno mai portato bene. Chi ha memoria, ricorderà quella di Vasto o le tavolate dell'Unione o quelle del campo largo in versione Enrico Letta. In questa serie si aggiunge - si vedranno gli esiti più avanti - quella scattata l'altra sera a Bologna, per la Festa dell'Anpi. Sul palco, da sinistra, Nicola Fratoianni (Avs), Elly Schlein (Pd), Angelo Bonelli (Avs), Gianfranco Pagliaruolo (presidente dell'Anpi), Riccardo Magi (+Europa) e una new entry: Maurizio Acerbo (Rifondazione Comunista). Una sorta di fronte repubblicano, epigono della Union Sacrée o del Comitato di liberazione nazionale, per contrastare la destra al governo. È un po' quello che, con le dovute differenze, sta avvenendo in Francia dopo il primo turno delle elezioni legislative: tutti uniti, da Macron a Mélenchon, per evitare che Marie Le Pen vinca. Per evitarlo, si passa anche sopra le evidenti, clamorose, differenze. Si passa sopra i contrasti, le evidenti distanze. In Francia, vieni in Italia. E sul palco dell'Anpi era difficile non vederle, le differenze. Specie sulla politica estera, se si pensa che Acerbo (come del resto il M5S) è sempre stato ferocemente contro l'invio di armi all'Ucraina, mentre il Pd, così come Più Europa, ha sempre votato ogni decreto che li prevedeva.

Mala tentazione di passare sopra le differenze anche forti, in nome della lotta alla destra, di cercare il collante nella resistenza all'avversario, anziché nella proposta di governo, è forte. E non da ora. È un dilemma che, a dirla tutta, attraversa il centrosinistra italiano dalla discesa in campo di Silvio Berlusconi: per vent'anni fu l'antiberlusconismo a unire le coalizioni di centrosinsitra. Ora è il pericolo della destra. Al fondo, la domanda è sempre la stessa: acconciarsi alla scorciatoia di una unione contro o faticare per mettere insieme una coalizione che sia pronta a governare? Ovvio che sarebbe meglio la seconda. Ma se non si riesce ad accorciare le distanze, cosa è meglio? Alle ultime elezioni, si è visto che la divisione ha regalato la vittoria al centrodestra. Mantenere le distanze e far vincere gli altri o chiudere gli occhi su quello che ci divide, ma far perdere gli altri e poi si vede? Elly Schlein, in una intervista a Repubblica, ha definito «importantissimo» «il segnale che hanno dato il fronte popolare e i liberali» in Francia, ossia il fatto di siglare «un accordo per fermare il Rassemblement National».

 

 

E ha detto di sperare che sia «da spunto», nel centrosinistra italiano, «per non ripetere gli errori del passato». In una parola, «il tempo dei veti è finito, è il momento di mettere insieme le nostre differenze attorno a un'alternativa credibile e solida». Più prudente Giuseppe Conte, assente nella foto ma presente alla festa di Anpi. E proprio lì ha detto che «è chiaro che dobbiamo lavorare per costruire una alternativa seria». Questo, però, per il leader del M5s «non significa fare accordi di desistenza come in Francia ma lavorare a un progetto di cambiamento positivo per la società attualizzando il progetto rivoluzionario della Costituzione». È per l'unità contro la destra, invece, Angelo Bonelli, leader di Avs, secondo cui «la destra è un pericolo per l'Europa», quindi «l'antidoto democratico è solo uno: unità in difesa della democrazia, della Costituzione, dei servizi pubblici del Paese, unità costruendo anche un programma che metta al centro questioni su cui è complicato dividersi».

Carlo Calenda propone di limitare il fronte ai diritti sociali: «Noi di Azione», ha detto in un'intervista a Repubblica, «siamo distanti da M5s e Avs su molte cose, dall'Ucraina in giù, ma c'è un punto su cui siamo tutti d'accordo: i diritti sociali». Apertura apprezzata da Chiara Braga, capogruppo del Pd alla Camera: «Il nostro approccio testardamente unitario per costruire un'alternativa alla destra», gli ha risposto, «non può che partire dai temi sociali». Non mancano, però, gli scettici. E tra questi, un politico di lungo corso come Pier Ferdinando Casini (eletto nelle liste del Pd): «Se l'alternativa a la Le Pen è il Fronte popolare con tanto di foto dei neoeletti col pugno chiuso, siamo fritti... Consiglio ai deboli di cuore di allacciarsi le cinture di sicurezza», ha scritto su Facebook. Tiepidissima anche Italia Viva, alle prese con una complicata ricostruzione del campo centrista.

 

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