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Macron-Salis, fronte per conservare la poltrona: vogliono mettere fuorilegge la destra

Brunella Bolloli
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E pensare che Emmanuel Macron rappresenta tutto quello contro cui Ilaria Salis e il suo partito, Avs, hanno sempre combattuto. Sembra un secolo fa. Adesso il vento è cambiato, da domenica 30 giugno l’ostilità dei compagni verso il potere rappresentato dall’inquilino dell’Eliseo c’est fini. Alleanza Verdi sinistra ha deciso di mettersi in marcia, Ilaria in testa, per aiutare monsieur le president nell’impresa quasi impossibile di ribaltare il voto francese del primo turno. Tenetevi forte, ma siamo in presenza di un nuovo inedito fronte, «una forma internazionalista dell’antifascismo», dice, un mostro contronatura tenuto insieme dal terrore che al governo di Parigi vada una donna bionda di destra che i francesi hanno votato in questa prima tornata attribuendole il 33% dei consensi. Parbleu! Ora per restare in sella, il liberale Macron e la sinistra dei centri sociali tentano un patto per evitare che il Ressemblement national di Marine Le Pen prevalga al secondo turno. Un obiettivo che guarda ad un orizzonte più lungo di domenica 7 e punta a mettere fuori gioco i partiti di destra togliendo loro agibilità politica. Delegittimandoli.

È Salis medesima a spiegare il progetto in un post su Instagram in cui, per una volta, non si vanta di avere occupato case, ma si trasforma in una novella vendicatrice dei poveri afflitti esclusi dall’impero mediatico guidato da Vincent Bollorè, «un miliardario reazionario che diffonde sia il populismo di destra, sia l’esaltazione dello spirito imprenditoriale di cui ora paghiamo le conseguenze». L’assunto, per l’ex maestra candidata da Bonelli e Fratoianni, è che se così tanti francesi hanno scelto Rn è a causa dell’offensiva mediatica orientata a destra, «una nuova egemonia promossa da influencer, giornalisti e politici che lavorano alacremente alla produzione di un nuovo senso comune». Tradotto: è colpa di quei cattivoni della stampa non allineata con la gauche.

 

 

 

E però anche l’ex detenuta, da quando è sbarcata a Strasburgo con il suo abitino a fiori e le zeppe ai piedi, si è affidata alla comunicazione social nella migliore tradizione dei politici-influencer: post a valanga e poche interviste, così si evita il contradditorio e si può martellare il nemico senza paura che qualcuno replichi. Infatti cita il rischio antisemitismo, il razzismo, «il fascismo ripulito del tempo presente» e la sua «trama intessuta di malcelato suprematismo etno-razziale e ostentato negazionismo climatico e di genere..».

Il nemico della Salis, al pari di Macron, è «la destra radicale che per la prima volta dal governo collaborazionista di Vichy potrebbe insediarsi al governo del Paese. Il che non può e non deve lasciarci indifferenti, a maggior ragione considerato l’ampio sostegno di cui gode il Ressemblement national», scrive. In perfetto stile della sinistra che critica l’Italia, Salis attacca «la peste sovranista» che da noi «ha rappresentato un importante laboratorio di sperimentazione, soprattutto per i vicini europei». Il riferimento è a Fratelli d’Italia e all’esecutivo di Giorgia Meloni, sebbene la storia sia un po’ diversa visto che il passaggio dagli estremismi del Front national di papà Jean-Marie alla nuova formazione della figlia Marine e del giovane Bardella, abbia seguito un percorso non sovrapponibile alla creatura meloniana. Fa niente. Per la Rosa Luxemburg de’ noantri l’importante è gridare al pericolo fascista che incombe sia a Roma che in riva alla Senna se mai dovesse vincere l’alleata francese di Matteo Salvini. L’inchiesta di Fanpage contro Gioventù nazionale, a questo proposito, è per lei come il caviale più pregiato servito su un vassoio d’argento: «Per chi si è sempre battuto tra le fila dell’antifascismo militante non è affatto una sorpresa», spiega nel post.

La mission quindi è una sola: non basta indignarsi, predica, «ma è bene che si apra una seria riflessione sull’agilibità e la legittimità che nel corso degli anni, tradendo lo spirito della resistenza europea al nazifascismo, è stata accordata alle destre radicali». Il nocciolo della questione, insiste la compagna Salis, «riguardala legittimazione e la copertura politica di cui la destra radicale dispone, che interpella tutti i “sinceri democratici” i quali, compromesso dopo compromesso, hanno tollerato o perfino assecondato questo processo». E ancora. «I nuovi fascisti agiscono secondo una strategia ben coordinata: una guerra di posizione a tutto campo, di gramsciana memoria».

 

 

 

L’auspicio, per l’astro nascente di Avs, è quindi che si concretizzi una santa alleanza contro le destre, «una nuova forma di internazionalismo antifascista», la chiama così, per offrire «una reale alternativa in sintonia con le spinte progressive dei movimenti sociali e culturali». «Che ciascuno faccia la propria parte!», conclude Salis nel suo messaggio con tanto di bandiera rossa.

Un fronte comune, popolare per scardinare il voto legittimo di tanti che vogliono cambiare pagina, in Europa. Salis ci crede e detta la linea, mentre sul palco dell’Anpi di Bologna sfilano i big del centrosinistra con Schlein che parla di unità e di condivisione. E Andrea Orlando, a corto di idee da opporre al centrodestra, dichiara: «In Italia si può fare il fronte popolare, ci sono le condizioni per mettere insieme M5S, Sinistra italiana, Verdi e Pd». Qualcuno ricordi all’ex ministro che l’esperimento è già stato tentato. Si chiamava campo largo ed è fallito. Perché senza progetti e valori comuni, adieu.

 

 

 

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