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Elly Schlein stila già la lista dei ministri del governo Pd: una poltrona per Furfaro

Francesco Specchia
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I bagliori di sorrisi desaparecidos; il bandierone del partito sventolato al cielo; il trenino brasiliano di funzionari un tempo grigi ora sudaticci e felici che risucchia gli iscritti dal timido Furfaro alla seriosa Braga, al roccioso Ruotolo, peppè-pereppepè «Meu amigo Charlie Brown/Charlie Brown...». Eppoi i dioscuri del catering politico, Baruffi & Taruffi, che stantuffano nell’aria. Spira, da qualche giorno, dalle parti del Nazareno, un maestrale d’ormoni impazziti, spoglio dopo spoglio nella notte, dopo la vittoria Pd alle amministrative.

E, su tutto questo, ecco stagliarsi la segretaria Elly Schlein. Euforica, intenta a stringere mani, immersa in un profluvio di complimenti, esclama a raffica: «Vittoria storica», «Meloni stiamo proprio arrivando! Continueremo a vincere», «la vittoria va oltre le nostre previsioni», «capisco sia difficile digerire la sonora sconfitta!» (rivolta al centrodestra). Eppoi Elly si spinge più in là.

 

 

 

Osa. Trasforma le aspettative del Pd in dichiarazioni programmatiche: «Il messaggio è chiaro: basta coi tagli alla sanità, con i salari bassi, con l'autonomia che spacca in due il Paese». E ancora: «Continueremo testardamente unitari a costruire la coalizione alternativa». E ancora «la destra vuole scappare via col pallone». E, infine, sul ddl Autonomia diventato legge ecco evocare la battaglia per smontarlo: «Stiamo valutando tutte le strade possibili. Discutiamo con le Regioni, ma anche con le forze politiche, sociali e sindacali. È una riforma fatta senza un euro, vuol dire aumentare le diseguaglianze». Cose cosi.

Ora, Schlein è persona dabbene, onesta, lungimirante nonostante mai l’avresti detto. Ha intascato ottimi risultato alle amministrative e - appartenendo al Pd senza grandi tradizioni in proposito - si gode legittimamente la «straordinaria vittoria del campo progressista: un 6-0 quasi tennistico nei capoluoghi di Regione, che ci dà speranza e slancio per il lavoro dei prossimi mesi». Però, un conto è godere del riscatto sociale, un conto è trasformare una tornata amministrativa nella rivoluzione cubana del ’59. Suvvia, Elly.

 

 

 

COME CHE GUEVARA

Non siete entrati, trionfali, a L’Avana in sigarillo, tu col basco alla Che Guevara, Bonaccini nei panni di Fidel Castro ché c’ha più il fisico. Né avete preso Stalingrado. Semmai avete espugnato Firenze e Bari, e Perugia, Potenza e Vibo Valentia, strappandole alla destra, certo. E Zedda a Cagliari ha vinto al primo turno, certo. Si è votato in 29 capoluoghi: il centrosinistra ne amministrava 13, ora governa in 17; il centrodestra aveva 12 sindaci uscenti, ora ne ha 10. E sta bene. Applausi. Ma era ampliamente previsto. E gridare «oggi Vibo Valentia domani il mondo!», be’, onestamente è un po’ lasciarsi scappare la frizione. Solo 14 giorni fa, le Europee le aveva vinte il centrodestra. E le Regionali degli ultimi sei mesi –a parte in Sardegna, dove ha sbancato l’ottima Todde ma lei da sola- sono state scoppole mostruose, per l’opposizione. Il campo largo, cosparso dal napalm di elettori incazzati e diffidenti era diventato un campo d’Agramante. Oggi Elly annuncia che il «metodo amministrative» verrà proposto anche a livello nazionale. Il metodo.

E subito l’entusiasmo spinge verso mondi immaginifici. Il Foglio rivela che, nella foga, «qualcuno si è messo già a stilare un organigramma del futuro governo a guida Schlein. A Francesco Boccia spetterebbe il ministero dell’Economia, a Marco Furfaro il Welfare, a Marta Bonafoni le Pari opportunità. Sarebbe quasi una sorta di monocolore Pd in cui a Conte sarebbe riservato un ministero, sempre che l’ex presidente del Consiglio non preferisca starne fuori. In questo caso, quel posto verrebbe affidato a Chiara Appendino. La vecchia guardia dem, invece, non entrerebbe, perché Schlein vuole liberarsi definitivamente della tutela delle correnti». Quando si dice portarsi avanti col lavoro. E tutto ciò per aver sopraffatto gli Unni a Firenze, Bari e Vibo Valentia. Però hanno perso a Lecce. Uno dice: che c’entra Lecce? Nulla. Come il resto delle città, perse o conquistate.

La verità vera è che la politica e gli elettori in Italia hanno la memoria corta. E queste elezioni (vinte dal Pd, inconfutabilmente e nonostante le censure di Rai /TeleMeloni, ora sparita dal radar...), come tutte le elezioni di territorio non andranno minimamente ad impattare sul governo centrale, né tantomeno sulle nomine europee. Gli entusiasmi nell’urna comunale, sono soltanto piccoli sorsi di felicità. E i trenini al Nazareno restano uno spettacolo di cui noi tutti abbiano assolutamente bisogno... 

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