Emilia Romagna, Bonaccini si dimette: "Dieci anni complicati", cosa rischia la sinistra ora
"Sono stati dieci anni complicati": con queste parole Stefano Bonaccini ha annunciato le sue dimissioni da presidente della regione Emilia Romagna dopo la sua elezione alle europee. All'Assemblea legislativa regionale il governatore ha detto che rassegnerà le dimissioni dalla carica che ricopre dal 2014 tra due settimane. Parlando dei suoi mandati, ha ricordato la ricostruzione dopo il terremoto, la pandemia e l'alluvione. "Eppure sono stati dieci anni che vedono questa Regione più forte di prima", ha chiosato.
La scelta delle dimissioni, praticamente obbligata dopo l'elezione a Bruxelles, potrebbe porre un ostacolo sulla strada del referendum abrogativo della legge sull’autonomia differenziata. Referendum fortemente voluto dalle opposizioni. Come fa notare il Fatto Quotidiano, dopo l'addio di Bonaccini, la Regione potrà gestire solo gli affari correnti, sotto la guida della vice presidente Irene Priolo, fino alla scadenza naturale della legislatura. Le elezioni sono previste tra la seconda metà di ottobre e la prima metà di novembre. La giunta, quindi, non potrebbe approvare atti formali. In questo modo, diventerebbe più difficile per la sinistra chiedere il referendum attraverso la domanda di cinque consigli regionali. La coalizione a guida Schlein, infatti, oltre all’Emilia Romagna, ha solo altre quattro regioni: Campania, Puglia, Toscana e Sardegna.
L’alternativa è la raccolta di 500mila firme. A meno che Bonaccini e il suo staff non riescano a trovare una via d’uscita. “Stiamo verificando tutte le possibilità”, ha detto il sottosegretario alla presidenza Davide Baruffi al Fatto. Per quanto riguarda i possibili successori del governatore, in corsa ci sono la stessa Priolo, Vincenzo Colla, attuale assessore al Lavoro e allo Sviluppo economico, e Michele De Pascale, sindaco di Ravenna.