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Ilaria Salis, l'ultima sparata: "Occupare è resistenza, si toglie ai palazzinari"

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Michele Zaccardi
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Ilaria Salis torna alla carica. Con un post su Instagram, l’eurodeputata impartisce la solita lezioncina a favore delle occupazioni abusive. La neoeletta eurodeputata al Parlamento europeo per Avs ha risposto così alle polemiche per la sua adesione ai movimenti perla casa e alle richieste di Aler, l’ente che gestisce gli alloggi popolari di Regione Lombardia, di 90mila euro come arretrati perché trovata in una abitazione occupata nel 2008. Il post sciorina una sfilza di dati, il tutto per arrivare alla conclusione che «chi entra in una casa disabitata prende senza togliere a nessuno, se non al degrado, al racket e ai palazzinari».

Salis, come detto, parte dai numeri sulle abitazioni popolari sfitte, che a «Milano sono più di 12mila, di cui oltre 5mila appartengono a Erp (gestite da MM) e più di 7mila ad Aler – in tutta la città metropolitana arrivano a quota 15mila». Insomma, «un quinto delle case popolari non è assegnato» sottolinea Salis, che ricorda che in lista per gli alloggi pubblici ci sono 10mila famiglie e che, però, negli ultimi tre anni le abitazioni effettivamente assegnate sono state 2.818. Tutto questo per dire che «quando viene occupata una casa non assegnata» «l’accusa di sottrarre il posto a una persona in lista di attesa semplicemente non regge». Insomma, «chi entra in una casa disabitata prende senza togliere a nessuno, se non al degrado, al racket o ai palazzinari. Affermare il contrario è bassa retorica politica».

Secondo Salis, inoltre, «incolpare gli occupanti per il dissesto dell’edilizia popolare pubblica sottolinea o la malafede di chi ben conosce il vuoto pneumatico delle politiche dell’abitare, l’incompetenza degli enti gestori e la speculazione del mattone o l’ignoranza abissale di chi non ha mai messo i piedi fuori dalla circonvallazione». E ancora: «Vivere in una casa occupata non è una svolta, non è qualcosa da furbetti. È logorante».

Il motivo è presto detto: «Ti fa vivere quotidianamente nella paura che ti vengano a svegliare e ti buttino fuori». E ci mancherebbe altro. Poi Salis si lamenta delle norme che puntano a disincentivare il fenomeno, come quelle che vietano l’allaccio delle utenze, che impediscono di ottenere la residenza e i diritti collegati (come l’asilo nido e il medico di base). Perché queste regole, secondo l’eurodeputata, criminalizzano gli abusivi. «Essere occupante è uno stigma sociale, vuol dire essere trattati da criminali per aver cercato di vivere in modo dignitoso. Mettetevelo in testa, nessun occupante vuole essere occupante».

Perché poi, in fin dei conti, gli abusivi sono persone che abitano «questo spazio precario e faticosamente» provano a «trasformarlo in un luogo che si possa chiamare casa, cercando di sistemarlo coi pochi mezzi a disposizione che si hanno». «In questo contesto di strutturale emergenza abitativa» i movimenti di lotta per la casa, prosegue il post, «agiscono per aiutare il prossimo, con costanza e dedizione, senza scopo di lucro, perché il valore che li anima e guida è la solidarietà. Aiutano individui e famiglie in stato di forte bisogno e recuperano luoghi abbandonati da anni, ristrutturandoli e rivalorizzandoli. Promuovono la diffusione di una cultura della partecipazione, del rispetto e del mutuo aiuto. Sono in prima linea a scontrarsi con il racket che specula sulla povertà, così come a prendersi le denunce quando si tratta di difendersi dalla violenza degli sgomberi».

E poi il gran finale: i movimenti di lotta per la casa sono «un baluardo di resistenza contro la barbarie della nostra società». Già perché hanno «sempre agito con la forza della legittimità data dal semplice principio che tutte e tutti dobbiamo avere un tetto sulla testa. Questo è il nocciolo della questione, l’argomento su cui tutti siamo chiamati ad esprimerci e a decidere cosa vogliamo collettivamente». «Piaccia o meno» conclude «c’è chi continuerà a lottare in nome di tale principio richiamandosi alle lotte del passato ed entrando in contatto con quelle del futuro».

 

Il tutto mentre poche ore prima il padre Roberto, uno dei grandi se non il più grande fautore della campagna mediatica che ha portato alla ribalta il caso della figlia, si esibiva in una citazione altissima, niente meno che Voltaire, discettando di libertà, libertà di espressione e chissà cos’altro: «Io combatto la tua idea, che è diversa dalla mia, ma sono pronto a battermi fino al prezzo della mia vita perché tu, la tua idea, possa esprimerla liberamente».

Questo il suo post su X, che ci domandiamo molto serenamente quanto apprezzamento possa aver ricevuto da quanti la casa popolare se la sono vista sfilare da sotto il naso da coloro che applicano il “metodo democratico” delle occupazioni abusive.

 

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