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Ilaria Salis, lo sfogo di chi aspetta una casa: "Attendo dal 2007. E io rispetto la legge"

Andrea Muzzolon
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«Dobbiamo vergognarci di essere persone oneste? Io aspetto una casa popolare dal 2007. Ho la nausea a sentire chi incoraggia la delinquenza». È lo sfogo di Miriam, una delle migliaia di persone che a Milano sono in attesa di ottenere un alloggio del Comune o della Regione. Proprio nella stessa città in cui l’eurodeputata di Alleanza Verdi Sinistra ha rivendicato con orgoglio di aver partecipato all’occupazione di diversi appartamenti con il suo movimento. «Vivo in macchina dal 2019, ma mai mi sognerei di occupare. Mia madre mia ha insegnato la correttezza, voglio fare le cose per bene» racconta con voce rotta il 67enne Michele. Sono davvero tantissime le storie di chi, da anni, spera di vedersi assegnare un tetto: tutti con le loro difficoltà, le loro preoccupazioni ma anche la loro forza e la loro dignità. Proprio quella che li ha sempre tenuti lontani dall’illegalità.

Miriam è arrivata in Italia nel 2002 dall’Ecuador e si è subito rimboccata le maniche: «Ho sempre pagato le tasse, i contributi e ho ottenuto la cittadinanza. Però mi sembra che vengano agevolati solo abusivi e chi non è in regola». Per lei poter affittare un appartamento nella città in cui lavora è impensabile. Essendo una donna single, il suo stipendio da dipendente pubblica non basta: «Abito in condivisione, ora ho presentato una nuova richiesta ad Aler. Incoraggiare chi occupa è una vergogna perché ci sono tantissime persone in fila. A pagare il prezzo più alto siamo proprio noi».

 

Fra chi sta aspetta una casa popolare c’è Monica. Madre di tre figli, la prima domanda risale a 13 anni fa: «Tutti i bambini erano minorenni, ora due sono andati via di casa e sono rimasta con il più piccolo di 16 anni». Milanese, dipendente pubblica nel campo sanitario dal 1996, accumulare rifiuto su rifiuto non è stato facile: «L’ultima volta credevo davvero fosse quella buona. Quando mi hanno rifiutato la domanda ho passato due giorni a piangere». Eppure, non si è data per vinta: si è rimboccata le maniche, ha svolto più lavori contemporaneamente e ha sempre procurato onestamente un tetto alla sua famiglia.

«Sentire le parole della Salis mi dà molta noia. Avrebbe dovuto scusarsi e finirla lì. I problemi nel sistema dell’assegnazione delle case non mancano, ne andrebbero messe di più a bando. Ma io sono una persona onesta, non occuperei mai per poi essere mandata via. Lei però non è nella posizione di dare lezioni».

Tanto invece avrebbe da imparare l’ex detenuta dalla storia di Michele. Di origine calabrese, si è trasferito a Milano decenni fa. La vita l’ha portato a vivere un momento di grande difficoltà per il quale ha perso la sua casa. Da quel momento, si è messo in fila per l’assegnazione di un alloggio pubblico: «Martedì presenterò la mia nona domanda. Per due volte ho provato a chiedere anche una casa transitoria, ma ancora nulla. Ho dormito per molto tempo in un furgone nel quartiere Comasina e ora vivo in una Seicento che mi è stata donata da una signoradi Bergamo». Il desiderio di Michele è uno solo: avere un letto, una doccia e una cucina per mangiare. Ma del metodo Salis non ne vuole sapere: «Ad Affori c’erano delle case libere che stavano man mano occupando. Mi hanno detto di fare la stessa cosa, ma mia madre mi ha insegnato ad essere una persona onesta. Piuttosto preferisco dormire in auto».

 

Loro sono solo alcuni di quelli che non si arrendono a una vita di abusivismo. Ma non sono gli unici a lottare per il loro futuro. Accanto a chi una casa non l’ha ancora avuta, ci sono tante persone che sono costrette a vivere nel degrado e nella paura. Perché nelle case popolari è la quotidianità veder arrivare qualcuno pronto ad occuparti l’appartamento. Maria, con il suo comitato che opera nel quartiere di Giambellino, ha dichiarato guerra agli abusivi: «Nell’ultimo periodo abbiamo sventato tre occupazioni, ma non sempre riusciamo ad intervenire. Ci sono i centri sociali che prima entrano e poi subaffittano ad altri del loro stesso gruppo; ho segnalato un caso proprio di recente». A fronte dell’impegno nel voler mantenere il decoro nella sua zona, le parole dell’europarlamentare inquietano: «Gli amici della Salis non si permettano di venire a occupare qua. Abusivi e centri sociali non ci fanno paura, ma il clima che si sta creando spaventa».

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