Giorgia Meloni, pur di colpirla la sinistra boicotta l'Italia in Europa
Ci sono due Europe. È così da decenni, la notizia è che il voto per il rinnovo del parlamento dei Ventisette non ha cambiato nulla. Almeno sinora. Una è l’Europa della politica che mantiene ancora un legame con quella cosa chiamata democrazia. Gli europei votano e una parte dell’élite che sinora ha comandato a Bruxelles, in qualche modo, ne tiene conto. Con scarso entusiasmo, magari, ma comunque con l’intelligenza di capire che seguirli è nell’interesse delle stesse élite e delle istituzioni Ue. Se gli elettori vanno a destra, spostare a sinistra la barra dell’Unione è il modo migliore affinché la prossima volta il loro numero raddoppi e i voti della destra moderata vadano alla destra che moderata non è.
Lo hanno capito quei dirigenti del Partito popolare europeo che si oppongono a far entrare i Verdi nella nuova maggioranza, come vorrebbero invece i socialisti. I Verdi sono usciti a pezzi dal voto, gli elettori sono andati dalla parte opposta, verso i conservatori e i sovranisti, e ignorare e umiliare il loro giudizio servirebbe solo a confermare tutto quello che di male conservatori e sovranisti dicono della Ue.
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Poi c’è l’altra Europa. Quella per cui il risultato uscito delle urne è un ostacolo fastidioso che deve essere aggirato. Su questo fronte ci sono la sinistra del cancelliere Olaf Scholz, umiliato dagli elettori tedeschi, i liberal di Emmanuel Macron, condannati dai numeri a diventare un’appendice dei socialisti, e quella parte di “moderati” che, a differenza dei repubblicani francesi di Éric Ciotti, non hanno compreso che il cambiamento fotografato dai risultati elettorali va capito, guidato e cavalcato, non represso e contrastato.
In questa Europa trincerata a difesa dello status quo ci sono anche le tecnocrazie, impegnate a fornire cartucce al blocco politico con cui hanno felicemente convissuto sinora. Lo si è visto ieri. Un portavoce della Commissione europea, Eric Mamer, ha voluto dare evidenza e credibilità alla storia che dipinge Gioventù nazionale, il movimento giovanile di Fratelli d’Italia, come un covo di nostalgici del duce e intonatori di cori del ventennio. «Il nostro punto di vista sulla simbologia fascista è molto chiaro: non crediamo sia appropriata; la condanniamo e crediamo sia moralmente sbagliata», ha detto il portavoce, prendendo come oro colato tutto quello che gli era stato raccontato.
Lo stesso personaggio ha confermato l’esistenza di un rapporto ufficiale della Ue in cui si critica l’Italia per aver ridotto lo spazio di libertà degli organi d’informazione. Ursula von der Leyen, racconta la testata Politico.eu, avrebbe fermato la pratica, perché non vuole inimicarsi Giorgia Meloni, con la quale ha un buon feeling e i cui voti le servono per essere confermata presidente della Commissione europea. Ma sarebbe comunque uno stop temporaneo. In quel documento, un ruolo rilevante è dato alle accuse dell’Usigrai, il sindacato di sinistra di Saxa Rubra, secondo il quale «la maggioranza di governo ha deciso di trasformare la Rai nel proprio megafono». Il rapporto, spiega il portavoce, sarà presentato probabilmente a luglio, quando la sua qualità sarà «impeccabile».
Non è un caso che tutto ciò sia enfatizzato adesso, negli stessi giorni (nelle stesse ore) in cui Meloni incontra gli altri leader per decidere il peso del commissario europeo che sarà assegnato all’Italia e il ruolo che avranno Fdi e i conservatori, guidati da lei, nel nuovo parlamento Ue. L’obiettivo è proprio indebolire la premier in queste trattative.
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E non è anomalo che a Bruxelles ci sia chi è pronto a diffondere in Europa i veleni distillati in Italia. È un meccanismo ben rodato, messo a punto in tanti anni di governi Berlusconi: i media della sinistra italiana accusano il governo di violare qualche diritto politico o civile difeso dalla Ue; lassù le accuse sono prese sul serio da organismi e personaggi che per ragioni di parte hanno ogni interesse a delegittimare l’Italia e il suo governo; gli stessi media italiani da cui è partito lo “spin”, infine, riprendono queste critiche europee, spacciandole come la conferma della bontà delle loro accuse iniziali. Quando in realtà si tratta di una manfrina tra compari e null’altro. Diretta contro il governo nemico, e che ha come vittima niente affatto collaterale l’interesse nazionale italiano.
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